Il Papa: la fede non risparmia dal peccato, ma Dio non si scandalizza delle fragilità
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Sono forse io?”. È la domanda che si pongono i discepoli quando Gesù, durante l’ultima cena, “rivela” che uno di loro “sta per tradirlo”, ma non per “condannare” bensì per “mostrare quanto l’amore, quando è vero, non può fare a meno della verità”. Quell’interrogativo possiamo rivolgerlo a noi stessi, dice Leone XIV nella catechesi dell’udienza generale, “per aprire uno spazio alla verità nel nostro cuore”. Il consueto appuntamento del mercoledì con i fedeli si svolge nell’Aula Paolo VI, anziché in Piazza San Pietro, per le elevate temperature previste oggi, 13 agosto, e prima di entrare il Papa saluta quanti sono radunati fuori, nel cortile del Petriano: “Buongiorno a tutti, buenos dias, bom dia, ci vediamo dopo l'udienza, passeremo di nuovo di qua. Dio vi benedica”.
Nell'Aula, il Pontefice arriva intorno alle 10 e rivolge il benvenuto a tutti in inglese, spagnolo e italiano.
Oggi celebriamo questa udienza in questi momenti diversi, un po' per proteggerci dal sole, dal caldo estremo. Grazie per essere venuti. Benvenuti tutti.
Il cammino della salvezza
Proseguendo le catechesi su “La Pasqua di Gesù”, nell’ambito del ciclo giubilare “Gesù Cristo nostra speranza”, Leone si sofferma sul tradimento avvenuto nella cena pasquale e invita a riflettere tutti sulla propria fragilità, sul fatto che, “pur volendo amare” si può anche “ferire”. Ma è da “questa consapevolezza che inizia il cammino della salvezza”, dalla presa di coscienza che “potremmo essere noi a spezzare la fiducia in Dio”, la quale può essere però raccolta, custodita e rinnovata.
In fondo, questa è la speranza: sapere che, anche se noi possiamo fallire, Dio non viene mai meno. Anche se possiamo tradire, Lui non smette di amarci. E se ci lasciamo raggiungere da questo amore – umile, ferito, ma sempre fedele – allora possiamo davvero rinascere. E iniziare a vivere non più da traditori, ma da figli sempre amati.
Il male è reale ma non ha l’ultima parola
È in particolare “sul modo in cui Gesù parla” che il Pontefice richiama l’attenzione: “non alza la voce, non punta il dito, non pronuncia il nome di Giuda” e induce ciascuno ad un esame di coscienza. Insomma “non denuncia per umiliare. Dice la verità perché vuole salvare”. Ma per essere salvati, aggiunge Leone, occorre “sentire che si è coinvolti”, “amati nonostante tutto”, e ancora “che il male è reale ma non ha l’ultima parola” e che “solo chi ha conosciuto la verità di un amore profondo può accettare anche la ferita del tradimento”.
Il Vangelo non ci insegna a negare il male, ma a riconoscerlo come occasione dolorosa per rinascere.
Dio accetta di soffrire
E non devono inquietare le ulteriori parole di Gesù: “Guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”, “vanno intese bene”, chiarisce il Papa, perché “non si tratta di una maledizione” ma di “un grido di dolore”.
Noi siamo abituati a giudicare. Dio, invece, accetta di soffrire. Quando vede il male, non si vendica, ma si addolora.
Gesù continua a fidarsi di noi
E in effetti “quel ‘guai’” in greco è “un ‘ahimè’, un’esclamazione di compassione sincera e profonda” di fronte al fatto che “se rinneghiamo l’amore che ci ha generati, se tradendo diventiamo infedeli a noi stessi”, in pratica “smarriamo il senso del nostro essere venuti al mondo e ci autoescludiamo dalla salvezza”.
Se riconosciamo il nostro limite, se ci lasciamo toccare dal dolore di Cristo, allora possiamo finalmente nascere di nuovo. La fede non ci risparmia la possibilità del peccato, ma ci offre sempre una via per uscirne: quella della misericordia. Gesù non si scandalizza davanti alla nostra fragilità. Sa bene che nessuna amicizia è immune dal rischio del tradimento. Ma Gesù continua a fidarsi.
Così Cristo “non rinuncia a spezzare il pane anche per chi lo tradirà”, conclude il Papa, sottolineando che “la forza silenziosa di Dio” è non abbandonare mai “il tavolo dell’amore, neppure quando sa che sarà lasciato solo”.
Terminata la catechesi e i saluti nelle varie lingue, il Pontefice, dopo essersi soffermato con alcuni gruppi, malati, giovani e sposi, si è spostato all'esterno dell'Aula, dove ha rivolto alcune parole ai pellegrini accolti nel cortile del Petriano. Leone ha poi raggiunto la Basilica di San Pietro per salutare gli altri fedeli.
Nel pomeriggio il Papa si trasferisce in auto a Castel Gandolfo, nella residenza di Villa Barberini, all’interno delle Ville Pontificie, per un secondo periodo di riposo. Durante il soggiorno, venerdì 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, alle 10, il Pontefice celebrerà la Messa nella parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova, e alle 12 reciterà l’Angelus dall’ingresso del Palazzo Pontificio, in piazza della Libertà, sempre a Castel Gandolfo. Domenica 17 agosto, poi, Leone XIV presiederà la Messa nel Santuario di Santa Maria della Rotonda, ad Albano Laziale, con i poveri assistiti dalla Caritas diocesana e gli operatori. Seguirà alle 12 la recita dell’Angelus in piazza della Libertà, a Castel Gandolfo. Al termine il Papa condividerà il pranzo con i poveri e gli assistiti della Caritas nel Borgo Laudato si’, all’interno delle Ville Pontificie.
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