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Il 15 settembre è la Giornata Internazionale della Democrazia Il 15 settembre è la Giornata Internazionale della Democrazia

Giovagnoli: democrazia e cristianesimo sono dalla parte degli esseri umani

In occasione dell’odierna Giornata Internazionale della Democrazia, lo storico si sofferma sul significato di un valore fondamentale fortemente messo a rischio. “È in gioco il riconoscimento della dignità di tutti”

 Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

“Se guardiamo a molti Paesi del mondo di oggi, la democrazia non è necessariamente la soluzione perfetta per ogni cosa”. Papa Leone XIV lo indica nell’intervista rilasciata a Elise Ann Allen per il libro libro “León XIV: ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI”, in uscita il 18 settembre e di cui ieri, 14 settembre, sono stati pubblicati, da Crux ed El Comercio, alcuni estratti. Prevost sottolinea a questo proposito, e in relazione alla vita della Chiesa, la necessità che si preservi il concetto della “sinodalità”, necessaria “per andare avanti insieme”. Concetti espressi alla vigilia dell’odierna Giornata Internazionale della Democrazia, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007, con la convinzione della necessità di doversi fermare ogni anno a riflettere sullo stato di salute della democrazia nel mondo, che oggi appare quanto mai essere una irraggiungibile aspirazione.

 “I segnali d’allarme non sono stati ascoltati – spiega Agostino Giovagnoli, storico, professore emerito all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano – e ora individualismo, neoliberismo, populismo e sovranismo, stanno erodendo la democrazia”

Ascolta l'intervista con Agostino Giovagnoli

Professor Giovagnoli, l’allarme che viene espresso ripetutamente, da più parti, riguarda i rischi che la democrazia corre, in Europa e non solo. Più volte sono stati denunciati segnali di derive autoritarie e violente. Segnali che nel tempo sono stati forse sottovalutati. Cosa raccoglie oggi il mondo?

Credo che queste riflessioni siano stati sostanzialmente dei segnali d'allarme, purtroppo però spesso inascoltati, cioè non abbiamo voluto credere che la democrazia, e anche la pace che ad essa è legata, fossero davvero in pericolo. Non abbiamo capito che l’individualismo stava corrodendo la democrazia, che il neoliberalismo da una parte, il populismo dall’altra, sono entrambi delle contraffazioni della democrazia, quindi dei tarli che la erodono dall’interno senza che si veda questo processo. Non abbiamo voluto credere che il sovranismo è un grande pericolo per la democrazia. Segnali diversi su questioni diverse, ma tutti convergenti nel metterci in guardia. È evidente che la situazione è molto difficile, per non dire drammatica. I fatti ci costringono ad aprire gli occhi e ci costringono a prendere posizione, perché la crisi di democrazia è radicale, quindi, per certi versi, credo che oggi sia di nuovo un tempo di impegno e di scelte, in cui dobbiamo far tesoro di queste riflessioni, di questi segnali d’allarme che forse non abbiamo ascoltato abbastanza, perché oggi se li mettiamo insieme, ci permettono di avere un quadro chiaro della situazione e quindi, diciamo, in qualche modo di svegliarci da un sonno che, a questo punto, sta diventando molto pericoloso.

Si è ipotizzato più volte che potesse spesso esserci la paura all’origine degli attuali, spesso atroci, comportamenti umani, così come dell’incapacità di reagire traendo lezione da un passato spesso fatto di guerre, dittature, orrori, persecuzioni e massacri. È possibile, secondo lei, che ci sia la paura all’origine di tanta dilagante disumanità? Perché la democrazia non riesce a farsi largo, a guadagnare terreno?

La paura è sicuramente un problema. Da un lato è una risorsa, la paura serve per allarmare il nostro corpo e il nostro organismo di fronte a un pericolo. In realtà, viene però spesso strumentalizzata e rilanciata, enfatizzata, per cui quella che è una reazione istintiva, che ha una sua ragion d’essere, blocca anche una riflessione, che invece è fondamentale. In altre parole, se noi abbiamo la sensazione di correre un pericolo, la prima cosa che ci viene in mente, istintivamente, è difenderci colpendo l’avversario, e quindi si genera un ciclo vizioso, perché paura vuol dire colpo su colpo, e quindi poi paura che cresce all’infinito. E i nemici della democrazia lo sanno molto bene, tant’è vero che la sfruttano, la strumentalizzano e così via. Dunque, per certi aspetti, dobbiamo aver “paura della paura”, capirne le cause, che ci sono naturalmente, e che sono profonde, va capito che è effettivamente in corso una destrutturazione di un ordine mondiale che poi è una destrutturazione delle nostre società che oggi sono polarizzate proprio in conseguenza della crisi della democrazia. Vediamo la polarizzazione in tutte le società occidentali, in modo particolare negli Stati Uniti, dove prevale la logica dell’odio. Addirittura si parla di rischio di guerra civile. Direi che in Europa c’è un po’ più di resistenza a tutto questo, ed è uno dei motivi per cui l’Europa oggi è così importante, anche a dispetto del disprezzo che spesso la circonda perché ritenuta irrilevante, ma che in realtà non è, proprio perché è un patrimonio sotto tanti punti di vista. Dopodiché è vero che la democrazia fa fatica, ma questo è un po’ sempre vero, perché, in definitiva, la democrazia si contrappone alla legge del più forte, che oggi, come in altri momenti della storia, sembra prevalere, e quindi la legge della violenza, della guerra, mentre la democrazia non usa la forza per imporsi. Noi però oggi siamo deboli, anche perché ci facciamo un po’ ipnotizzare da questa forza, dalla legge del più forte, che sta diventando una specie di religione, insomma una religione della violenza, dell’odio. Però c’è anche da dire che la legge del più forte è stupida, non risolve i problemi, li complica. E credo quindi che ci sia una battaglia tra la democrazia e la legge del più forte che è aperta, dall’esito imprevedibile, per cui possiamo ancora credere e sperare che la democrazia abbia un futuro.

Pace e democrazia, non può esserci l’una senza l’altra. Lei stesso, professore, lo ha appena indicato. Di fronte agli occhi della umanità però appare tutt’altro…

Che appaia tutt’altro, cioè che non appaia questo nesso fra democrazia e pace, è vero. Ma questo è uno degli abbagli del nostro tempo, perché in realtà, il legame è molto stretto. La pace sono tante cose, la pace è un dono di Dio, quindi qualche cosa di incommensurabile. La pace si esprime in tanti modi importanti, dalla nonviolenza, al disarmo. Però, diciamo che negli ultimi secoli la pace ha significato un certo ordine internazionale, o almeno, le maggiori chance di pace sono venute da una certa stabilità di un ordine internazionale democratico, perché basato sul diritto, sul diritto dei popoli, sul diritto dei più deboli. Oggi quello che è impressionante è che la pace come la guerra, sta diventando un business, cioè “se conviene faccio la pace”. Vuoi che ti aiuti contro l’aggressore? Dammi le terre rare. Vuoi far finire la guerra tra Congo e Ruanda? Dammi il cobalto. Dopo le distruzioni di Gaza facciamo una riviera di lusso e poco importa che fine fanno i palestinesi. Ecco, c’è questo tradimento di una pace fondata sul diritto e soprattutto sul diritto dei più deboli, e comunque tutti hanno diritto alla pace, ma questo oggi viene negato e questo secondo me dimostra, quanto sia fondamentale il nesso fra pace e democrazia.

Professore, a chi nuoce, a chi dà fastidio, la democrazia?

Ai grandi poteri, ai grandi poteri economici, ai grandi poteri politici, a tutti i grandi poteri che vogliono togliere ai popoli qualunque potere. Sono le Big Tech, che oggi condizionano sempre più la nostra vita quotidiana che, per motivi di business, ci stanno educando all’odio, perché, dal punto di vista economico, è proprio conveniente il conflitto, lo scontro, l’odio che noi viviamo sui social che sono fatti in un certo modo, per cui più noi ci scontriamo e più i padroni dei social, che ormai è evidente che ci sono, guadagnano. La democrazia poi dà fastidio, per esempio, ai nemici dell’Europa. L’Europa oggi è schiacciata fra Trump e Putin. Erosa all’interno dalle forze sovraniste e nazionaliste. Ecco, questi sono i nemici dell’Europa e della democrazia insieme. Che sono tanti. Per questo dico che la battaglia è aperta e richiede un soprassalto di responsabilità da parte di tutti, anche di noi, dell’individuo comune, perché è l’unico modo poi per rispondere a questi poteri che altrimenti possono fare quello che vogliono

E allora chi può essere in grado di salvarla la democrazia. Le religioni, secondo lei, potrebbero farcela?

Io credo che il ruolo delle religioni sia molto importante, perché al fondo la lotta fra democrazia e antidemocrazia è anche una lotta religiosa, perché quella dell’odio, della violenza, è una religione che non a caso ha i suoi predicatori. Predicare odio significa generare violenza e questo è il contagio della religione dell’odio. Da questo punto di vista le religioni, chiamiamo storiche, quelle devono, io credo, difendere la democrazia e la pace. Certo, c’è sempre il timore di essere accusati di fare politica, di essere da una parte e dall’altra. Ma io credo che oggi sono in gioco, con la crisi della democrazia, dei valori di fondo e soprattutto il riconoscimento della dignità di qualunque essere umano, vero fondamento della democrazia. E da questo punto di vista c’è poco da discutere, perché al fondo di questa dignità di esseri umani c’è molto cristianesimo, al fondo della democrazia c’è il cristianesimo che significa, appunto, essere dalla parte degli esseri umani e, in particolare, dei più deboli.

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15 settembre 2025, 11:00