World Meeting on Human Fraternity: disarmare le parole per disarmare la Terra
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
La trasparenza e la libertà di informazione in tempo di guerra e conflitti. La verità dei fatti come elemento indispensabile per “disarmare le parole e disarmare la Terra”, come ha detto Papa Leone XIV, perché il racconto e la narrazione tornino ad aiutare la pace, il dialogo, la fraternità. La responsabilità di chi lavora nei media per promuovere il valore della competenza, dell’approfondimento, della credibilità, nell’epoca del dominio incontrollato dei social e degli algoritmi, della strabordante superficialità degli slogan acchiappa-click e delle imponenti espressioni di odio e violenza da parte degli haters. Sono questi i temi principali sui quali si sono confrontati esponenti del mondo della comunicazione e dell’informazione, direttori e ceo di network mediatici a livello internazionale, giunti a Roma per partecipare al tavolo denominato “G20 Informazione” e coordinato dal direttore della Rivista Piazza San Pietro, padre Enzo Fortunato, che si è svolto oggi nella Sala della Protomoteca del Campidoglio.
I tre orizzonti del tempo presente: verità, libertà, dignità
Nell’aprire il workshop padre Fortunato ha illustrato i tre “orizzonti” che nel tempo presente “non possono più essere dati per scontati: verità, libertà, dignità”. La prima “troppe volte è manipolata e strumentalizzata”, ma anche “la libertà risulta ferita”, tanto che in moltissimi paesi del mondo “i giornalisti sono ridotti al silenzio, perseguitati o uccisi”, ha ricordato. Mentre “la libertà di stampa dovrebbe invece essere garanzia per i cittadini e presidio della democrazia”. Oggi – ha rilevato ancora Fortunato – “abbiamo tanti ‘dignitari’, ma poca dignità”: c’è chi “subisce campagne d’odio e di diffamazione, spesso costruite ad arte dietro lo schermo di un computer. Le parole possono ferire più delle armi, e non di rado queste ferite portano a gesti estremi”. Allora, proprio in un periodo storico segnato dalle divisioni e dai conflitti, l’umanità – pur nelle diversità di popoli, culture e opinioni – è chiamata a rintracciare i tratti che la accomunano: “Risuonano le parole di Papa Leone XIV, che ci ha ricordato: ‘Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani’ ”. Allora, ha concluso Fortunato, è “custodire la verità, la libertà e la dignità come beni comuni dell’umanità, l’anima del nostro lavoro, non difendere corporazioni o interessi”.
Ruffini: restituire prospettive di speranza a ogni narrazione
Perché questa custodia si realizzi e sia feconda, l’informazione rimane centrale “nella tessitura del nostro futuro”, ha sottolineato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione. Per questo, i media sono chiamati a presidiare un “confine”: “quello “fra buon giornalismo e cattivo giornalismo, fra la chiacchiera e la analisi, fra la paziente ricerca della verità e la frettolosa diffusione di notizie avariate, fra un sistema della comunicazione fondato sulla condivisione della verità ed un sistema fondato sulla indifferenza alla verità”.
Arrivare a un disarmo delle parole, però non vuol dire arrendersi. Papa Francesco, ha ricordato Ruffini, affermava “che la comunicazione va disarmata da ogni pregiudizio, rancore, aggressività, fanatismo e odio; liberata dalla droga delle semplificazioni ingannevoli; e dal paradigma della volontà di dominio, di possesso, di manipolazione”. E allo stesso modo Papa Leone XIV ha ripreso queste espressioni sostenendo che se “disarmiamo le parole contribuiremo a disarmare la Terra”. Ricostituendo la possibilità di un mondo di pace. Per farlo occorre mettere l’attenzione, oggi in particolare, sul potere degli algoritmi, che “rischiano di diventare i guardiani dei nostri pensieri”, imprigionando le persone in “bolle” modellate “sulle nostre preferenze”, quindi, di fatto, “in un mondo senza vera libertà, dove nessuna opinione nasce per essere confrontata e anche cambiata, ma solo per essere confermata, in un gioco di specchi senza fine né principio”. La sfida, allora, ha evidenziato ancora il prefetto, è nel “resistere alla corrosione, alla corruzione, della comunicazione” e “restituire fondamento alle notizie e prospettive di speranza a ogni narrazione”. Con l’obiettivo di costruire un nuovo umanesimo.
E quanto al tema delle regole della comunicazione, “non può esistere un algoritmo della verità senza libertà”, ha ricordato in conclusione: bisogna “ridare agli utenti il ruolo di stakeholders e formare giornalisti capaci di produrre contenuti di qualità”. Perché – come sosteneva Martin Luther King – “solo la luce può scacciare l’oscurità”, e “solo l’amore può scacciare l’odio”.
Dare voce a chi non ha voce
Il “terreno comune delle parole che condividiamo, dei fatti che riconosciamo come veritieri, è una condizione essenziale, vitale, di tutto ciò che è stato indebolito negli ultimi tempi: la capacità di negoziare, di ottenere compromessi e quindi di ristabilire la pace”, gli ha fatto eco il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio. A ciò si aggiunge un corollario della ricerca della verità, ovvero, la capacità oggi “di saper raccontare storie di quell’umanità che spesso non ha voce”, ha sottolineato Joe Ageyo, direttore della media house africana con sede in Kenya, Nation Media Group, come accade per i milioni di persone colpite dalla ferocia della guerra.
Al Khatib (Al Jazeera): il ricordo dei giornalisti uccisi a Gaza
Di quella che spesso colpisce i giornalisti, come accaduto a Gaza in questi due anni, ha parlato Dima Al Khatib, amministratore delegato del network qatariota Al Jazeera +. In un intervento particolarmente toccante, nel quale ha mostrato le foto dei suoi colleghi uccisi negli ultimi anni per seguire il conflitto nella Striscia, ha ricordato Anas Al Sharif e tanti altri operatori dei media “che con mesi di anticipo addirittura hanno scritto lettere di addio alle proprie famiglie e al mondo perché di fatto sapevano che sarebbero morti”. In meno di due anni – ha detto Al Khatib, commuovendosi – “sono stati uccisi più giornalisti di quanti ne vennero uccisi nella seconda guerra mondiale, in quella del Vietnam e in quella dell’Afghanistan messi insieme”. Nonostante tutto questo, ha aggiunto, “si vede che per fortuna l’umanità è capace di rialzarsi e protestare”, contro la barbarie.
Rispettare le verità storiche per conservare la libertà
“La fraternità della verità e dei fatti”, in questo contesto, “è costantemente messa sotto attacco, nel nostro tempo”, ha tuttavia ribadito Alessandra Galloni, direttrice di Reuters, ma proprio per tale ragione è necessario al futuro e “alle nuove generazioni”, ha ricordato Tom Cibrovski, presidente e direttore esecutivo di Cbs. Un compito tanto più arduo, perché – è l’allarme del direttore dell’Ansa, Luigi Contu – “l’opinione pubblica è disorientata e in questo caos tutto diventa indistinguibile”, con il rischio di “perdere la capacità di distinguere tra realtà e propaganda. E se i criteri di realtà e verità possono oggi venire facilmente manipolati, per esempio con l’AI, si perde la possibilità di informare e formare persone consapevoli”. E’ necessaria una resistenza, “rispettando la morale che è dentro di noi, per raccontare i fatti per quello che sono e non per quello che vorremmo che fossero. E quindi dare voce a tutti, senza diventare tifosi”. Perché, ha detto ancora Contu, “se non rispettiamo le verità storiche perderemo la capacità di fare la nostra professione e quindi la nostra libertà”. Tuttavia, è stato l’invito di Mark Thompson, ceo della Cnn, non è il caso di lasciarsi andare al pessimismo: “Partiamo dal presupposto che ci sono miliardi di persone là fuori che, senza dubbio accanto ai media personalizzati, vogliono ancora accedere a quel tipo di contenuti – notizie, dibattiti, cultura, storia e così via – che aiutano a favorire la comprensione e il rispetto tra tradizioni e identità e alle esperienze condivise e collettive”.
Rimettere al centro la parola “servizio”
Significa, gli ha fatto eco Simona Agnes, della Rai e membro esecutivo del board di European Broadcasting Union (Ebu), accettare la sfida di rimettere al centro la parola servizio: solo così è possibile “riconoscere il valore della dignità della persona come unica e irripetibile”. “Essere al servizio di una comunità, fornire gli strumenti per interpretare correttamente la realtà nella quale viviamo, rappresentarne la ricchezza delle diversità, tutelare le fragilità dei soggetti più deboli”. E provare a costruire così “una fraternità per riconoscersi e accettarsi. Tutti”.
I progetti in Perù per entrare in contatto con i giovani
Esistono esperienze e progetti che vanno in questo senso. A parlarne, il direttore del quotidiano peruviano El Comercio, Juan Aurelio Arévalo Miro Quesada. Questi ha raccontato di come cinque anni fa, insieme all’Unicef, sia stato lanciato dal giornale il programma “Corrispondenti Scolastici”, in cui più di 3 mila bambini provenienti da tutte le 24 regioni del Paese raccontano i problemi delle loro comunità sotto la guida di 30 giornalisti. “Un modo per contribuire, fin dalla più tenera età, a condividere e insegnare la responsabilità e il servizio del giornalismo e a entrare in contatto con i bambini, i loro insegnanti e i loro genitori”. Oltre a ciò, sul sito web e nell’edizione cartacea uno spazio di opinione per gli studenti universitari, Voz universitaria, nel quale essi dove riflettono sulle sfide più grandi del Perù.
Ressa: il futuro è scritto nelle scelte che facciamo tutti insieme
Semi gettati per provare a seminare la speranza in un mondo assetato di concordia e desideroso di rapporti fraterni. È vero che “stiamo vivendo un armageddon dell'informazione in cui i fatti sono sotto attacco, la verità viene uccisa e la vittima è la fiducia, che la rende impossibile da comunicare... e governare”, è la denuncia di Maria Ressa, giornalista filippino-statunitense, co-fondatrice e ceo di Rappler, Premio Nobel per la Pace nel 2021. Secondo un report del Mit del 2018, ha aggiunto, grazie agli algoritmi “le bugie si diffondono sei volte più velocemente dei fatti”. Tuttavia, le battaglie che abbiamo davanti, “per la verità, l’azione umana, il futuro che vogliamo”, possiamo combatterle con strumenti efficaci: “tornando alla nostra missione fondamentale: servire l'interesse pubblico; creando comunità di azione; usando la tecnologia a servizio dell’interesse pubblico”. Perché il futuro, è la conclusione, “non è scritto in codice. È scritto dalle scelte che facciamo, tutti noi, insieme”.
Gambetti: costruire fraternità per crescere in umanità
Come ha detto, infine, il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro, “più si riesce a costruire fraternità e a far sì che ci si riconosca come fratelli, tanto più si cresce in umanità, e viceversa. Nella consapevolezza che ciascuno che viene nel mondo è un dono per il mondo”.
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