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Pile di volumi in una libreria Pile di volumi in una libreria 

Quello “spazio vivo e fecondo” tra letteratura e lettore

Sulle pagine de L’Osservatore Romano una riflessione di Katie Kitamura, giornalista e scrittrice americana di origine giapponese, sulla lettera che nel 2024 Papa Francesco aveva dedicato al valore di romanzi e poesie nella formazione alla vita cristiana

di Katie Kitamura

Sono tante le cose che colpiscono della , non ultimo il fatto stesso che esista. Questa lunga riflessione sugli usi della letteratura, fatta da una figura della sua levatura morale e intellettuale, inquadra il comune lamento degli scrittori riguardo all’emarginazione culturale della letteratura. Papa Francesco ci ricorda che il potere della letteratura non si misura in numeri e tantomeno in termini di portata. Al contrario, la sua vera portata e intima e rivolta verso l’interno.

La lettera spiega con splendida precisione come un testo – qualsiasi testo, ma in particolare un testo letterario – esiste nel mondo. Un romanzo o una poesia o una storia può mutare all’infinito, anche quando le parole sulla pagina rimangono le stesse. Papa Francesco scrive: il lettore “[i]n qualche modo riscrive l’opera, la amplifica con la sua immaginazione, crea un mondo, usa le sue capacità, la sua memoria, i suoi sogni, la sua stessa storia”. Nessun testo è definito. Esiste invece nello spazio tra l’autore e il lettore.

Un testo letterario nella migliore delle ipotesi, è “vivo e sempre fecondo”, secondo la descrizione di Papa Francesco, “capace di parlare di nuovo in molti modi e di produrre una sintesi originale con ogni lettore che incontra”. Questa è forse una delle descrizioni più profonde e fiduciose della capacità della letteratura, e suggerisce che il suo potere sta nella mutualità. La lettura non viene raffigurata come una via di trasmissione dall’autore al lettore, bensì come atto di impegno fondamentale e di collaborazione: una forma di contatto autentico, una negoziazione tra due menti.

Da autrice provo molto disagio per l’autorità che viene accordata allo scrittore. Non ho nessun interesse a dire al lettore che cosa provare o credere. Non voglio proprio controllare l’esperienza del lettore. Ritengo che questo concetto di potere sia lungi dall’essere utile a qualsiasi sforzo letterario. Ho invece cercato di pensare alla scrittura di un romanzo come alla costruzione di una struttura abbastanza capiente da ospitare sia il lettore sia lo scrittore. A volte ciò significa occupare un po’ meno spazio come autore.

La letteratura non è semplicemente un riflesso del mondo, lo stendhaliano “specchio che si porta a spasso per una strada maestra”. Il romanzo rispecchia il mondo, ma riflette anche le particolarità del lettore. Come scrive Papa Francesco, grazie all’atto della lettura “il lettore è implicato in prima persona come ‘soggetto’ di lettura e, nello stesso tempo, come ‘oggetto’ di ciò che legge. Leggendo un romanzo o un’opera poetica, in realtà il lettore vive l’esperienza di ‘venire letto’ dalle parole che legge”. È questo il potere della letteratura: che ci permette di vedere non solo il mondo, ma anche noi stessi e, vedendo queste due cose insieme, di comprendere anche come agiamo sul mondo.

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04 agosto 2025, 15:45