Roma, città della speranza: i luoghi del Giubileo dei giovani
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Un milione di giovani provenienti da 146 Paesi di tutto il mondo accolti a Roma per celebrare il loro Giubileo. Tre sono i luoghi fondamentali delle giornate che si chiuderanno il 3 agosto. La basilica di San Pietro è il primo: l’inizio, la sorgente, calamita che muove oggi come nel passato fiumi di pellegrini sulla tomba dell’Apostolo. La seconda tappa è il Circo Massimo, grande spianata nel centro geometrico dell’Urbe e nel cuore della Roma archeologica, oggi luogo di aggregazione collettiva. Infine, a Tor Vergata, stesso luogo della Gmg dell’Anno Santo del 2000, sul limitare urbano, nella periferia sud orientale, accanto alla Vela di Calatrava, struttura che oggi, grazie a questa occasione, rinasce e trova riscatto.
Luoghi estremi tra centro e periferia. Non si tratta semplicemente di una scelta logistica, ma della realizzazione, in un certo senso, di un sogno spirituale, la connessione tra le due facce opposte, più lontane del tessuto urbanistico, come un ponte ideale gettato tra due sponde che non si conoscono ma si pongono in dialogo. Passato e presente, vicino e lontano, si uniscono con lo stesso linguaggio, quello della fede e della speranza, incarnate dall’entusiasmo dei giovani partecipanti.
Papa Francesco si è sempre adoperato per creare una connessione tra il centro e le zone più estreme della città e con questo obiettivo ha riorganizzato l'amministrazione ecclesiastica dell’Urbe: non “un centro isolato e una periferia divisa in compartimenti separati ma, in una visione dinamica che prevede non muri ma ponti, la diocesi di Roma sarà concepita come un unico centro che si espande attraverso i quattro punti cardinali", scriveva nel Papa Leone XIV, con la sua storia personale di missionario, la sua attenzione per gli emarginati, nel giugno scorso ha ordinato i suoi primi 11 sacerdoti, inviandoli nelle periferie romane. Tra l’altro, Robert Francis Prevost conosce questa zona della città, essendosi recato lo scorso anno a Tor Bella Monaca per celebrare il quarantesimo della locale Parrocchia, tenuta dagli agostiniani, dedicata a Santa Rita da Cascia.
Un luogo nato per la collettività
In questi mesi giubilari l’immagine della basilica di San Pietro ha riempito gli occhi di tutti, quelli dei pellegrini giunti a Roma, ma anche di chi guarda fotografie e video sui social o la televisione. Anche il Circo Massimo è molto conosciuto, uno spiazzo enorme capace di accogliere grandi eventi collettivi come concerti o manifestazioni all’aperto. Ma qual è la sua storia e la sua funzione originaria? Il Circo si estende nella valle Murcia tra il Palatino e l’Aventino e misura 600 metri di lunghezza e 140 metri di larghezza. Le fonti citano quest’area legandola alle origini di Roma. Proprio nella valle, durante la celebrazione dei ludi indetti da Romolo in onore del dio Consus, con corse di asini, cavalli o muli, avvenne il ratto delle Sabine, un evento che segnò gli inizi della città e del suo popolamento. La Valle Murcia fu inizialmente sistemata per ospitare le corse dei carri durante l'epoca dei re Tarquini, ma fu Gaio Giulio Cesare a costruire i primi sedili in muratura e a dare la forma definitiva all'edificio, a partire dal 46 a.C. Il monumento venne restaurato dopo un incendio e probabilmente completato da Augusto, che aggiunse un obelisco dell'epoca di Ramses II portato dall'Egitto, l'obelisco flaminio, che nel XVI secolo fu spostato da papa Sisto V in piazza del Popolo. Un secondo obelisco fu portato a Roma per volere dell'imperatore Costanzo II ed eretto sulla spina nel 357 d.C., e attualmente si trova accanto alla basilica di San Giovanni in Laterano.
Le corse dei carri erano tra le attività più popolari dell'antica Roma, con dodici quadrighe che compivano sette giri intorno alla spina centrale tra le due mete. La struttura poteva ospitare tra i 260 e i 300 mila spettatori, rendendolo il più grande edificio dedicato allo spettacolo di tutti i tempi. La spina era riccamente decorata da statue, edicole e tempietti e vi si trovavano sette uova e sette delfini da cui sgorgava l'acqua, utilizzati per contare i giri della corsa. I carceres, gli stalli di partenza dei carri, erano dotati di un meccanismo che ne permetteva l'apertura simultanea.
La facciata esterna era divisa in tre ordini, di cui quello inferiore ad arcate. La cavea poggiava su strutture in muratura, che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi settori dei sedili. Dopo essere stato devastato da incendi e restaurato più volte, l’edificio di spettacolo rimase in efficienza fino alle ultime gare organizzate da Totila nel 549. Nel corso dei secoli, subì diverse trasformazioni e utilizzi, tra cui la costruzione di un cimitero israelitico e di un gazometro nel XIX secolo. I lavori di liberazione e di restauro dell'area sono stati effettuati tra il 1911 e gli anni '30. Oggi, il Circo Massimo è un luogo di grande importanza storica e culturale.
Cemento e armato e acciaio per una struttura aerea
Una vela gonfiata dal vento, una pinna di squalo: l’opera dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava, monumento simbolo del momento culminante del Giubileo dei Giovani 2025, si scorge anche da molto lontano sulla piana della campagna percorsa da strade veloci. La Vela è stata progettata come parte del complesso della Città dello sport, la cui costruzione è iniziata nel 2006. Una storia edilizia articolata, non portata a termine, che ha visto diverse interruzioni e nuovi cambi d’uso, fino al recupero del 2025 in vista del Giubileo della speranza. Vista dall’alto, in pianta, sembra anche una grande conchiglia aperta, vivificando la suggestione di architettura accogliente e simbolica.
Il calcestruzzo armato, materiale prediletto usato da Calatrava, conferisce plasticità e dinamismo sfruttando a pieno le caratteristiche meccaniche del materiale di costruzione. Le coperture del palasport e della piscina per la pallanuoto, sono caratterizzate dalle stesse dimensioni e forme, specchiandosi rispetto all’asse longitudinale che divide idealmente le due arene e rispetto all’asse trasversale passante per gli archi di spina. Le superfici di copertura sono state realizzate con l’impiego di strutture reticolari spaziali in profilati di acciaio, chiuse da pannelli in vetro. Il risultato è una rete che sembra muoversi se si guarda da punti di vista differenti, come se fosse un organismo vivo, in trasformazione. Un intreccio aereo di metallo che assorbe e riflette le luci del giorno, affiorando leggero sull’orizzonte per immergersi nelle nuvole del cielo. In questa opera, tanto imponente quanto delicata, architettura e ingegneria si intrecciano e si completano a vicenda, così come si integrano e trasmutano tra forme naturali e tecnologie avanzate.
Ritorno a Tor Vergata
L'ampio lembo di periferia di Tor Vergata, percorso da prati, rotatorie e strade che corrono verso il fondale azzurro dei Castelli Romani, è stato già protagonista di un evento che oggi i ragazzi di ieri ricordano con intensità incancellabile. Erano i giorni dal 15 al 19 agosto del 2000. Papa san Giovanni Paolo II incontrò qui due milioni di giovani in occasione della XV Giornata Mondiale della Gioventù nel corso dell'anno giubilare dedicato al bimillenario della nascita di Cristo. Una distesa brulicante di volti, voci e colori ricoprivano la piana di Tor Vergata e sembrava non finire mai. Tornare in questo luogo, a distanza di 25 anni, alla luce dei nostri tempi, riveste dunque un significato particolare, serve a dare respiro alla speranza e anche a interrogarci e riflettere sulle che il santo Papa polacco pronunciò allora durante la Veglia di preghiera: "...è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! È difficile. Non è il caso di nasconderlo. È difficile, ma con l'aiuto della grazia è possibile".
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