MAP

Il cardinale Sean O'Malley, arcivescovo emerito di Boston e tra i fondatori della Pontificia commissione per la tutela dei minori Il cardinale Sean O'Malley, arcivescovo emerito di Boston e tra i fondatori della Pontificia commissione per la tutela dei minori

Abusi, O’Malley: la Chiesa mette le vittime e le loro famiglie al primo posto

In una intervista ai media vaticani, il cardinale Seán O’Malley parla del lavoro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, di sensibilizzazione nella Chiesa riguardo agli abusi e delle priorità della Chiesa, specialmente della necessità di mettere al primo posto le vittime e le loro famiglie

Christopher Wells - Città del Vaticano

Le priorità della Chiesa riguardo alla prevenzione degli abusi sui minori “sono le stesse di sempre”, afferma il cardinale Seán O’Malley: “Stiamo cercando di mettere le vittime e le loro famiglie al primo posto”. In un’intervista con i media vaticani,  l’arcivescovo emerito di Boston e uno dei fondatori della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori sottolinea anche il bisogno di trasparenza, di senso di responsabilità e l’educazione quali priorità della Chiesa nel suo impegno costante di affrontare la questione degli abusi sui minori e le persone vulnerabili. Il cardinale O’Malley afferma che è importante che le persone comprendano che “la Chiesa, per sua stessa missione, deve essere un’espressione dell’amore e della misericordia di Dio, e pertanto la cura e la tutela dei bambini e dei giovani deve essere centrale alla nostra missione”. Afferma che le persone ascolteranno il messaggio della Chiesa solo “se saranno convinte che c’importa di loro. Che c’importa dei loro figli. Che c’importa della sicurezza dei loro figli”.

Cardinale O’Malley, ci può parlare del lavoro che ha fatto con la Commissione nel corso degli anni da quando è stata istituita?

È stato un grande privilegio far parte della Commissione per tanti anni ed esserne stato il presidente per tutto questo tempo. In realtà la Commissione ha preso il via su richiesta di Papa Francesco. Quindi in realtà abbiamo avuto una sorta di tre interazioni. La commissione è stata composta da tre gruppi di persone, in rappresentanza della gente di tutto il mondo, molte delle quali con una ricca esperienza nella tutela dei minori. E tra i membri della Commissione abbiamo sempre avuto anche vittime sopravvissute e genitori di sopravvissuti. Ciò è stato molto prezioso per mantenere la nostra attività reale e in contatto con la comunità dei sopravvissuti, come anche per comprendere le loro esperienze e le loro esperienze di come la Chiesa ha reagito e ha affrontato i problemi degli abusi da parte del clero.

In questi anni c’è stata una sorta di evoluzione nell’attività della Commissione. Il nostro scopo principale era di essere consulenti del Santo Padre nel campo della tutela. Siamo stati anche molto coinvolti nell’impegno educativo della Chiesa, specialmente con la leadership, al fine di aiutarla a comprendere la tutela. Ci siamo dedicati a rivedere e sviluppare linee guida e protocolli per promuovere la tutela e la protezione di bambini e minori.

Di recente ci siamo anche dedicati a un rapporto annuale, che cerca di valutare ciò che sta accadendo nella Chiesa riguardo alla tutela, le cose che hanno avuto successo e quelle mancanti. E negli ultimi due anni ci siamo occupati specialmente della Chiesa nel Sud del mondo, dove si sta solo ora iniziando a discutere della questione della tutela, e dove molte Chiese dispongono di poche risorse. E quindi la Commissione ha istituito un fondo. Abbiamo ricevuto l’aiuto di diverse Conferenze episcopali e fondazioni cattoliche per finanziare i centri Memorare per formare le persone in quei Paesi, per aiutarle a mettere in atto politiche e su come ricevere denunce e prendersi cura delle vittime, delle loro famiglie e comunità.

Quindi tutte queste cose sono state sviluppate nel corso degli anni e, con , la Commissione, che prima era molto indipendente, quasi separata, ora è diventata parte del Dicastero per la Dottrina della Fede. Questo ci ha aperto nuovi orizzonti, perché spesso venivamo visti come estranei, come troppo indipendenti. E ora abbiamo una nuova porta d’ingresso per poter avere un maggiore dialogo con i diversi dicasteri e per aiutare a promuovere una cultura di tutela all’interno del Vaticano.

Negli ultimi anni siamo stati molto impegnati con le visite ad Limina. Ogni cinque anni, ogni Conferenza episcopale incontra a Roma i capi dei dicasteri e il Santo Padre, presentando un resoconto di quanto avvenuto nelle loro diocesi nei cinque anni precedenti. Il nostro compito è stato quello di far sì che la tutela faccia parte di quella relazione. È stato molto utile partecipare a quelle visite ad Limina con i vescovi che incontrano i membri della Commissione. Ed è stato molto gratificante constatare l’interesse e il desiderio dei vescovi di apprendere di più e di ricevere aiuto in questo campo. Purtroppo molto spesso i vescovi sono stati troppo isolati, cercando di prendere da soli decisioni particolarmente difficili e decisioni riguardo alle linee di condotta. Ciò può portare a molti errori e/o talvolta all’inazione. E quindi, cercare di rafforzare le Conferenze episcopali e promuovere una maggiore partecipazione dei laici alla tutela nelle diocesi in tutto il mondo è stato, secondo me, un contributo molto importante della Commissione.

Lei ha menzionato i rapporti annuali, che sono una parte nuova del vostro lavoro. Può dirci che cosa conterrà il prossimo rapporto?

A ottobre speriamo di pubblicare il rapporto annuale relativo al 2024. Il tema principale saranno i risarcimenti e la “giustizia di conversione”. Il rapporto è la sintesi degli incontri delle visite ad Limina di 22 Paesi differenti e di due congregazioni religiose, durante i quali abbiamo avuto l’opportunità di conversare con quelle comunità, con quelle conferenze episcopali, sulla tutela, nonché sulle statistiche, sulle loro politiche, come sono state attuate, quali sono state le sfide e quali gli errori.

E dunque questo ci consentirà di continuare a promuovere la trasparenza nella Chiesa, di permettere alle persone di vedere che cosa sta accadendo, le cose buone oltre che le carenze. E penso che, andando avanti, il rapporto annuale sarà una parte molto importante per la nostra missione.

Lei ha parlato del vostro ruolo come consiglieri del Santo Padre nel campo della tutela. Può illustrarci quali sono le priorità, oggi, nella Chiesa, riguardo alla prevenzione degli abusi sui minori?

Ritengo che le priorità siano le stesse di sempre. Voglio dire: stiamo cercando di mettere al primo posto le vittime e le loro famiglie. Ma certamente c’è la trasparenza; in passato, le azioni peggiori della Chiesa coprivano i reati, non li denunciavano. Quindi, lavorare con le autorità civili è un importantissimo passo avanti: trasparenza; far sapere alle persone che cosa sta accadendo; un senso di responsabilità; e l’importanza di un intero processo educativo nella Chiesa, di modo che le persone comprendano che la Chiesa, per sua missione, deve essere un’espressione dell’amore e della misericordia di Dio e che per questo la cura e la protezione dei bambini e dei giovani devono essere centrali nella nostra missione.

E, come dico io, le persone ascolteranno il nostro messaggio solo se saranno convinte che ci importa di loro. Che ci importa dei loro figli, che ci importa della sicurezza dei loro figli.

Sono quindi queste le priorità costanti. Papa Francesco, naturalmente, qualche anno fa ha voluto quel vertice, ha riunito i capi di tutte le conferenze episcopali e li ha sfidati a prendere queste cose sul serio. Anche quello è stato un importante passo avanti. Nel Sud del mondo, molti Paesi stanno appena iniziando a confrontarsi con tutto ciò e la Commissione è particolarmente impegnata ad aiutarli…

Di fatto, negli ultimi anni abbiamo constatato una crescente consapevolezza nella Chiesa. Abbiamo anche visto l’impegno di tutti i Papi recenti, non solo di Papa Francesco, ma anche di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Può affermare che all’impegno dei Papi è corrisposta una nuova consapevolezza in tutta la Chiesa? E quali segni di speranza vede per i prossimi anni?

Penso che le dichiarazioni dei Pontefici siano state molto importanti. Ovviamente i media laici e anche i media della Chiesa sono stati molto strumentali nel far conoscere alla gente queste tematiche. Di certo è stato un processo molto doloroso, ma importante. Sarà la verità a renderci liberi, dice il Vangelo. Il ruolo dei media è stato molto importate.

Ma spesso ciò è stato accolto con scetticismo da parte di cattolici: “Ma questo è anti-cattolicesimo”. Oppure “è solo una questione di soldi” o “sono menzogne”. Quindi quando i Papi sono intervenuti domandando trasparenza, chiedendo perdono e incontrando le vittime, ciò ha contribuito a sensibilizzare i cattolici e le persone in tutto il mondo”.

E anche se è stata dedicata molta attenzione alla Chiesa, di recente, perlomeno negli Stati [Uniti], è stata data molta attenzione anche agli Scout, alle scuole pubbliche o ai gruppi sportivi. E quindi si tratta di un problema umano. Ma quelli tra noi che sono nella Chiesa vedono quanto sia terribile quando ciò avviene all’interno Chiesa; è quello che la gente percepisce come una sorta di tradimento del suo sentimento religioso, della sua devozione e della sua fede. Esiste quasi un’altra dimensione che in molti sensi rende ancora più orribile l’abuso.

Eminenza, c’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere?

Vorrei semplicemente aggiungere che per me è stato un grande privilegio aver servito nella Commissione per tutti questi anni e di lavorare con le persone così straordinarie e impegnate del nostro staff, i membri della Commissione. E sono molto grato a Papa Francesco di averla istituita e sostenuta. So che la Commissione attende con ansia di lavorare con Papa Leone in futuro.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

05 giugno 2025, 14:00