Il Borromini ritrovato e l'origine del mosaico in filato
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Può lâarte del mosaico competere con la fluidità della pittura? Il dibattito che da secoli appassiona gli esperti, deve necessariamente fare i conti con lâinvenzione dirompente e prodigiosa del cosiddetto âmosaico in filatoâ. La tecnica consiste nella produzione, tramite fusione a fuoco allâinterno di una fornace, di bacchette in pasta vitrea, sottilissime, nelle più disparate sfumature di colore, dalle quali si ricavano tessere minuscole utilizzabili per la produzione di mosaici di piccole dimensioni.
Finora la nascita del âmosaico in filatoâ veniva datata al 18.mo secolo e assimiliata al âmicromosaicoâ tanto di moda nel Settecento, epoca del Grand Tour, quando gli studiosi stranieri di ritorno dallâItalia desideravano rientrare in patria con una riproduzione minuta, su tabacchiere o gioielli, dei mosaici antichi venuti alla luce durante i sensazionali scavi archeologici che diedero il via alla moda neoclassica. Lâidea era quella di portarsi via âun pezzoâ di Italia, da tenere in tasca o indossare.
Una tecnica del '600
âLâintroduzione del âfilatoâ è sempre stata collocata intorno al 1775, quando il mosaicista Giacomo Raffaelli ha iniziato a produrre micromosaiciâ, spiega a Vatican News Paolo Di Buono, direttore dello Studio del Mosaico Vaticano, autore insieme a Veronika Maria Seifert del volume âLâinvenzione del mosaico in filatoâ, edito da âIl Formichiereâ. Gli autori, con unâanalisi condotta da un duplice punto di vista, tecnico e storico, hanno scoperto che lâintroduzione di questa tecnica va retrodatata di almeno un secolo. Non solo. Se la lavorazione degli smalti tramite il fuoco di una fornace poteva indurre a pensare Venezia come luogo in cui questa pratica ebbe il suo avvio, prove documentali attestano invece unâorigine romana.
Un'invenzione 'vaticana'
âIl mosaico in filato nasce a Roma ad inizio Seicento con Marcello Provenzale e Giovanni Battista Calandra nellâambito della Fabbrica di San Pietro. Il nostro laboratorio â prosegue Di Buono - è il luogo dove ancora oggi conserviamo una conoscenza precisa di questa tecnicaâ. Lo Studio Vaticano che fin dalla sua istituzione, voluta nel XVI secolo da Gregorio XIII, ha prodotto capolavori unici dellâarte musiva monumentale per la Basilica di San Pietro, è dunque anche la scuola dâarte che di generazione in generazione ha conservato integra la pratica secentesca del mosaico minuto in smalti filati.
La croce di Borromini
La consultazione della grande mole di documenti presenti nellâArchivio della Fabbrica di San Pietro e la collaborazione di istituzioni museali internazionali e di antiche collezioni nobiliari hanno condotto ad incredibili scoperte. âPresso la famiglia Doria Pamphili â racconta Veronika Maria Seifert â abbiamo ritrovato un mosaico che neanche i proprietari sapevano essere unâopera di Francesco Borrominiâ. Si tratta di una croce musiva allâinterno di una cornice marmorea con gli emblemi di Papa Urbano VIII Barberini: âera scomparsa da quattro secoli, secondo molti era andata distrutta. Fu realizzata per la decorazione del muro esterno della Porta Santa in occasione del Giubileo del 1625. Qui rimase fino al Giubileo del 1650. Da quel momento se ne erano perse le tracceâ.
La firma
Altra scoperta clamorosa è il ritrovamento a Dresda di uno dei più antichi mosaici di Calandra: una âSacra Famigliaâ. âAprendo la cornice abbiamo ritrovato la firma dellâautore e la datazione: 1622. Eâ una dimostrazione che la tecnica del filato si è sviluppata a Roma presso la Fabbrica di San Pietroâ.
Winckelmann e il micromosaico
Il "Calandra" ritrovato a Dresda è una delle primissime testimonianze di micromosaico prima che questo divenisse una moda nel Settecento tra i turisti stranieri. âLâarte del mosaico minuto conobbe un boom nel 18mo secolo, anche se non tutti ne apprezzarono da subito il valoreâ. Lo stesso Johann Joachim Winckelmann ad esempio derise il tentativo di imitare i mosaici antichi attraverso riproduzioni in miniatura su âscatole, pendenti e altri capricci del mondo muliebreâ. Dello stesso avviso era Johann Wolfgang von Goethe che annotava: âLâarte alla quale andarono debitori gli antichi dei loro pavimenti, i Cristiani delle volte delle loro chiese, si è ridotta ora miseramente a fabbricare braccialetti e tabacchiereâ.
Oggi il filato occupa il posto che merita tra le più nobili e sofisticate tecniche artistiche e decorative. Attraverso lo studio di Seifert e Di Buono anche i non addetti ai lavori possono entrare nel vivo della storia e dei segreti di capolavori minuti, ma preziosi, frutto del paziente lavoro che tuttora caratterizza lâopera dei mosaicisti vaticani.
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