Tre detenuti da Venezia incontrano il Papa, Moraglia: il Giubileo, percorso di riscatto
Antonella Palermo - Città del Vaticano
"Un incontro molto cordiale, molto fraterno, non formale. Non c'erano discorsi preparati". Il patriarca di Venezia Francesco Moraglia racconta ai media vaticani l'udienza concessa oggi, 7 agosto, nella Sala del Concistoro del Palazzo apostolico, da Leone XIV a un gruppo di pellegrini, tra cui tre detenuti della Casa Circondariale di S. Maria Maggiore, a Venezia, arrivati ieri a Roma dalla tappa intermedia di Terni da dove hanno proseguito per cinque giorni a piedi fino alla capitale. I tre detenuti, spiega il vescovo, in regime di restrizione, hanno potuto usufruire del permesso del magistrato per poter vivere un'esperienza di grande valore per il proprio percorso di riscatto e liberazione. All'incontro con il Papa, avvenuto dopo il passaggio della Porta Santa nella basilica vaticana, anche il cappellano del carcere maschile don Massimo Cadamuro, il direttore del carcere Enrico Farina, il Vicario episcopale che segue l’azione caritativa monsignor Fabrizio Favaro, il direttore della Caritas veneziana Franco Sensini.
Il riscatto comincia in carcere
Il Patriarca di Venezia riferisce dell'incoraggiamento ricevuto dal Papa, alla luce dei doni che i detenuti hanno offerto al Pontefice: un'agenda, il diario del cammino fatto a piedi in questi giorni, la rivista che i carcerati pubblicano nelle casa di reclusione. La diocesi ha fatto omaggio di un calice, una patena dei maestri vetrai di Murano che riproduce la Madonna Nicopeia custodita nella basilica di san Marco. "Il richiamo forte - evidenzia il patriarca mutuando le parole di Leone XIV - è quello di una redenzione che riguarda la società, le persone, la storia, i rapporti con gli altri, ma riguarda anche la propria anima, il proprio rapporto con Dio. I nostri amici detenuti devono cercare di vincere una storia che li ha segnati, dalla quale devono riscattarsi non in un futuro quando saranno fuori, ma incominciando proprio quotidianamente dal carcere. Il Papa - riporta il patriarca - ha sottolineato proprio questa dimensione". Commovente il breve scambio di parole con ciascuno dei partecipanti, racconta ancora Moraglia, che potranno avere una foto da tenere nella propria cella.
Il patriarca si sofferma ancora su quanto il Papa ha detto loro in merito alla redenzione, cammino che riguarda la totalità della persona. "Ha aggiunto che questo cammino giubilare - prosegue Moraglia - deve rimanere come un punto fermo per guardare a un futuro che devono costruire già nel momento presente, in questi anni in cui stanno completando un cammino, direi, di giustizia anche nei confronti della società".
Le difficoltà delle carceri
Della situazione delle carceri veneziane e delle azioni di reinserimento delle persone in regime di restrizione il Patriarca ha avuto occasione di parlare circa un mese fa con il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio. Il confronto ha avuto luogo proprio nel capoluogo veneto, dopo un analogo colloquio avvenuto già un anno e mezzo fa legato all'iniziativa della Santa Sede allestita, per la Biennale d'Arte, nel carcere della Giudecca. Moraglia ricorda di aver fatto presente in quelle circostanze le difficoltà dei detenuti, del corpo di Polizia penitenziaria, dei volontari e delle varie associazioni che operano nel carcere. Dal ministro la promessa di "provvedere a un'integrazione dell'organico del personale", essendo Nordio "conscio delle difficoltà".
Il carcere come ponte, non solo limite
Un'esperienza intensa, autentica, profondamente umana. Così si esprime il direttore del carcere Enrico Farina dopo l'incontro con il Pontefice. Ne sottolinea il significato di "meta simbolica" ma anche di "tappa di consapevolezza e rinascita. I loro occhi dicevano più di mille parole: stupore, gratitudine". Farina si dice profondamente convinto che il carcere sia un ponte, non solo un limite: "Questo cammino ne è la prova". Esalta inoltre il fatto che questa occasione non sia stata un premio, "ma il frutto di un lavoro serio, lungo, condiviso. Un passo concreto verso quella missione costituzionale e cristiana che ci guida ogni giorno: offrire a chi lo desidera una reale possibilità di riscatto".
Le attività diocesane per dare progettualità ai detenuti
In questi ultimi anni, precisa ancora il patriarca, la diocesi ha cercato di potenziare le attività in carcere "per fare in modo che queste persone, che certamente hanno sbagliato, possano essere aiutate a fare un cammino che non sia solo frutto di una vicinanza e una solidarietà a parole, ma che sia anche fatto di una progettualità concreta". La Chiesa di Venezia sta cercando di trovare luoghi abitativi, grazie alla Caritas locale, alla Casa San Giuseppe nel centro storico. Qui "ci sono otto mini appartamenti per detenute e questo permette loro di poter usufruire di un punto residenziale che è la condizione per poter avere un contratto di lavoro. Punti che sono il trampolino di lancio per potersi dedicare a un lavoro e lavoro vuol dire uno stimolo della persona. La Basilica di San Marco, aggiunge il presule, e le quaranta chiese artistiche di Venezia hanno dato la disponibilità per poter assumere con un contratto regolare, secondo la legge, quei detenuti o quelle detenute che hanno maturato i requisiti di legge per poter essere ammessi o ammesse a pene alternative: così che usufruiscono di spazi, di tempi fuori dal carcere. Credo che tutto questo - conclude - faccia parte di una proposta cristiana che ha a cuore tutte le dimensioni del mondo".
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