Francesco: vita fraterna non è solo condividere spazi e servizi, ma donarsi totalmente
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
È la cura e il servizio ai poveri il progetto di vita proposto dalla regola di Guido di Montpellier, religioso francese, fondatore degli Ospedalieri di Santo Spirito e della Confraternita dello Spirito Santo, vissuto fra il XII e XIII secolo, che si è speso per realizzare il più fedelmente possibile l'ideale di misericordia proclamato da Gesù. Un progetto entusiasmante, lo definisce il Papa all’udienza con le suore canonichesse dello Spirito Santo in Sassia e altre comunità legate al carisma di Guido di Montpellier - beatificato il 18 maggio scorso - che si è svolta oggi, 5 dicembre, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico e alla quale hanno preso parte anche il direttore generale dell’ospedale Santo Spirito in Sassia di Roma e i membri della direzione generale.
I piani di Dio e il cuore dell’uomo
Nel suo discorso, pronunciato in spagnolo, Francesco, ricorda il sostegno offerto a Guido da Montpellier da Innocenzo III, che aveva avuto modo di conoscere le sue opere di misericordia durante gli studi in Francia e che da pontefice, con la sua riforma “promosse nella vita religiosa†poi cristallizzatasi nei nuovi Ordine mendicanti.
È interessante vedere come il piano di Dio macera nella cucina del cuore – cosa che le monache e le sorelle sanno bene – e le note di sapore e di colore impregnano gradualmente le regole di vita, per poi diffondere il loro profumo a tutta la Chiesa.
Comunione, sine proprio, servizio
Tre gli aspetti che caratterizzano le regole di vita religiosa sui quali il Papa si sofferma, “comunione, sine proprio e servizioâ€, evidenziando che nella regola delle suore canonichesse dello Spirito Santo in Sassia il voto di povertà viene descritto con le parole “vivere senza niente di proprioâ€. Un’espressione che richiama ad “una vita rigorosamente sobria e distaccata†e che invita a riflettere sul fatto che “siamo ospiti nella casa di Dio, nella casa della Trinità che ci accoglie, condividendola con i poveri che siamo chiamati a servireâ€. Proprio i primi religiosi “nel professare esplicitamente i tre consigli evangelici, parlavano della povertà come comunioneâ€, fa notare Francesco, seguendo, in pratica “l’esempio della Chiesa primitiva in cui ‘tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune’â€.
In tal modo, la vita fraterna va ben di là del condividere spazi, compiti e servizi. La vita fraterna significa fare un dono totale di noi stessi a Dio nel fratello, un dono senza riserve. Senza niente di proprio lasciato nella retrocamera delle sicurezze mondane, nascosto nella cella, nella tasca o, peggio ancora, nel cuore, poiché solo a partire da questa libertà, senza niente di proprio, possiamo iniziare un progetto in cui procediamo insieme e di cui siamo segno escatologico, il viaggio verso dove il Signore ci invita, il viaggio al Cielo.
Farsi piccoli
È un viaggio, questo, che è “promosso dallo Spirito Santo, che ci fa seguaci di Gesùâ€, conclude il Papa, rimarcando che Cristo, venuto non per essere servito, ma per servire, è “il nostro modelloâ€, dunque “la nostra santità sarà nella misura in cui saremo capaci di farci piccoli e servitori di tuttiâ€.
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