Myanmar, la denuncia dell'Onu: escalation di violenze e distruzione
Federico Piana - Città del Vaticano
Torture, omicidi, incendi, sfollamenti forzati, interi villaggi rasi al suolo a colpi di bombe. In Myanmar non passa neanche un minuto senza che si registrino atrocità su atrocità. Dal 2021 anno in cui la giunta militare ha preso il potere con un colpo di Stato, l’Arakan Army — una delle organizzazioni etniche armate del Paese — nel corso dei combattimenti per il controllo dello stato del Rakhine non ha esitato a uccidere più di 7.000 persone, almeno un terzo delle quali donne e bambini. Ma la macabra contabilità potrebbe non essere completa, perché l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha tenuto il conto solo fino al 20 agosto scorso, quando ha redatto un corposo rapporto di denuncia con il quale, il 2 settembre, ha gridato al mondo intero tutta la sua indignazione ed il suo dolore.
Insensato accanimento
Le pagine del documento, corredato da foto e video delle violenze, rivelano che ad essere preso particolarmente di mira è lo Stato del Rakhine, al confine con il Bangladesh, dove c’è ancora una forte presenza dei rohingya. Il rapporto mette in evidenza come quello attuale assomigli, per intensità e crudeltà, all’accanimento che ci fu nel 2017 contro questo gruppo etnico di religione islamica, costretto negli anni a sfollare in campi profughi ospitati nelle nazioni vicine.
Cessate-il-fuoco ignorato
«L’esercito di Arakan agisce con una quasi totale impunità, consentendo il ripetersi di violazioni in un ciclo infinito di sofferenza per la popolazione» ha spiegato Volker Türk, Alto commissario Onu per i diritti umani. Tutte atrocità commesse perfino ignorando un cessate-il-fuoco firmato nel marzo scorso da tutti i gruppi armati in lotta tra loro, all’indomani del tragico terremoto che ha distrutto il Paese e provocato oltre 5.000 vittime. Sempre secondo i dati del rapporto, finora quasi 30.000 persone sarebbero state arrestate per motivi politici, mentre 22.000 sarebbero detenute, senza alcuna garanzia processuale, nelle carceri militari. L' Onu, oltre a denunciare la situazione, ha anche richiesto un deferimento completo dei responsabili alla Corte penale internazionale.
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