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Militari cambogiani al confine tra Thailandia e Cambogia Militari cambogiani al confine tra Thailandia e Cambogia

Thailandia e Cambogia, religioni unite per superare la crisi

L’organizzazione internazionale Religions for Peace invita i due Paesi a rispettare il cessate il fuoco e a trasformare i luoghi sacri in simboli di unità. Luigi De Salvia, presidente di Rfp Italia: "I leader religiosi possono favorire dialogo e riconciliazione dove la politica fallisce. Coinvolgere donne, giovani e rafforzare le reti interreligiose è fondamentale per prevenire conflitti e promuovere valori condivisi"

Sara Costantini - Città del Vaticano

Le tensioni lungo il confine tra Thailandia e Cambogia sono riesplose nel mese di luglio, quando scontri armati tra i due eserciti hanno causato diverse vittime e centinaia di sfollati. Le dispute territoriali, mai del tutto sopite, hanno trovato nuovo terreno di attrito nei luoghi sacri che si trovano lungo la linea di confine: antichi templi, alcuni dei quali riconosciuti dall’Unesco, che dovrebbero essere simboli di fraternità e spiritualità, e che invece rischiano di trasformarsi in motivo di divisione.

Appello per la pace e difesa dei luoghi sacri

In questo contesto di instabilità, arriva l’appello di Religions for Peace (Rfp), la più grande coalizione interreligiosa al mondo, da sempre impegnata a promuovere la cooperazione tra le comunità religiose. In una dichiarazione arrivata da Bangkok, il segretario generale Francis Kuria, in una nota, esprime «profondo dolore e preoccupazione» per le sofferenze delle popolazioni civili. «Religions for Peace estende le più sentite preghiere a tutte le vittime della violenza e a coloro che sono stati sfollati dalle loro case». Rfp richiama quindi con forza le parti al rispetto del cessate il fuoco del 28 luglio e all’avvio di un dialogo autentico. «I luoghi sacri e gli spazi condivisi che si estendono tra Thailandia e Cambogia – si legge ancora – non devono essere abusati per alimentare discordia, ma esaltati come simboli di unità e rispetto». Per Kuria, l’imperativo morale delle comunità di fede è chiaro: «Unendoci, al di là delle religioni e delle nazioni, affermiamo la nostra comune umanità e ci impegniamo a costruire ponti di cooperazione e di pace».

Ruolo dei leader religiosi

Anche dall’Italia arriva un forte richiamo a non dimenticare la dimensione spirituale di questo conflitto. Luigi De Salvia, presidente di Religions for Peace nazionale, sottolinea come le religioni possano avere un ruolo decisivo laddove i canali politici faticano a produrre risultati: «I leader religiosi hanno il compito di aprire spazi di dialogo che vadano oltre i confini e le appartenenze nazionali. La loro parola, se condivisa, può diventare un seme di riconciliazione laddove prevalgono diffidenza e ostilità». Per De Salvia, la contesa sui templi sacri evidenzia una contraddizione profonda. «Non possiamo dimenticare che i luoghi di culto, riconosciuti dall’Unesco, appartengono all’intera umanità. La loro appropriazione è contraria ai valori spirituali più autentici, che ci invitano al distacco e al rispetto. Sono luoghi che devono generare solidarietà, non conflitti».

Futura cooperazione interreligiosa

Il presidente di Rfp Italia richiama anche alla responsabilità della società civile. «Le comunità religiose hanno il dovere di coinvolgere le loro componenti più vive. Le donne, con il loro ruolo fondamentale, e i giovani, che rappresentano il futuro, possono essere un antidoto contro le derive nazionalistiche che alimentano la violenza». Guardando al futuro, De Salvia propone una strada concreta: «Bisogna rafforzare le reti interreligiose già esistenti. In ogni comunità ci sono correnti più chiuse, talvolta settarie: proprio per questo la cooperazione interreligiosa diventa essenziale, perché permette di dare visibilità ai valori condivisi e di offrire un’alternativa credibile allo scontro politico e militare».

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23 agosto 2025, 14:37