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Curtis Windom e la figlia Curtisia Curtis Windom e la figlia Curtisia

Curtis Windom, condannato a morte: “Ti dico che sono vivo ma non so per quanto"

L’uomo, afroamericano con accertata disabilità mentale, è detenuto nel carcere della Florida e per il 28 agosto è attesa la sua esecuzione. La Comunità di Sant’Egidio, Floridians against the Death Penalty e i vescovi dello Stato lanciano l’appello perché si salvi la sua vita. Lorenza D’Andrea: “La speranza di tutti è che il governatore commuti la pena”

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

“Tra pochi giorni lui, un mio amico, potrebbe essere ucciso, ed è terribile”. Da 27 anni, era il 1998, Lorenza D’Andrea è legata da forte amicizia a Curtis Windom, condannato nel 1992 per aver ucciso la sua ex convivente, la di lei madre e un uomo con cui era in affari. Da allora, e sono 33 anni, Curtis si trova nella prigione di Raiford, in Florida, e per il 28 agosto prossimo è stata fissata l’esecuzione. In tutti questi anni Lorenza e Curtis si sono scritti e, nel 2010, si sono anche incontrati, nel braccio della morte, dove lei è andato a trovarlo. “Era il 1998 e Sant’Egidio mi assegnò Curtis, perché in quell’anno la Comunità aveva iniziato a dar vita alle corrispondenze con i condannati a morte. In questi anni io l’ho conosciuto come un uomo buono e sensibile. Nelle prime, timide, lettere, mi parlava della Bibbia, mi chiedeva spiegazioni, aveva provato a studiarla, ma era difficile per lui”. Dopo tanto tempo, le parole tra di loro si sciolgono, si instaura confidenza, e “ora parliamo molto anche di altre cose, e conclude le sue lettere sempre dicendomi che la mia famiglia è nelle sue preghiere”. I racconti di Lorenza di questi anni, in qualche modo, hanno permesso a Curtis di avere una finestra sul mondo, attraverso le foto da lei inviategli, grazie alle quali ha scoperto, ad esempio, che in Italia ci sono “le macchinine piccole piccole, perché negli Stati Uniti hanno macchinoni enormi”.

Ascolta l'intervista con Lorenza D'Andrea

Non idoneo all’esecuzione

Un dialogo fatto di reciproche confidenze, come quando Lorenza è incinta del primo figlio o come quando avvia l’adozione del secondo, e lui manifesta “la sua preoccupazione”. “Alle volte mi parlava di sé, della sua infanzia mai vissuta, dell’abbandono della scuola, avvenuto a 16 anni, per questo mi diceva di far studiare i miei ragazzi”. Nel 2010, quel primo incontro nel braccio della morte è come un rivedersi tra vecchi amici, che si conoscono da tanto tempo, “perché ci scrivevamo già da dodici anni”. Lorenza diviene la prima persona a fare visita a Curtis in due anni. “Per me fu difficile capire ciò che diceva, aveva tanti difetti di linguaggio, io non ero pronta, non lo sapevo”. In quel momento emergono i problemi di Curtis: una conclamata disabilità mentale, una diagnosi di danno cerebrale permanente, causato da gravi problemi subiti alla nascita da questo afroamericano, nato nella povertà assoluta, e anche a seguito di un incidente stradale, tanto da essere dichiarato non idoneo all’esecuzione, lui che non aveva neanche memoria di cosa fosse accaduto in quei terribili attimi degli omicidi. “Non ricordava come fossero andate esattamente le cose a causa dello stato mentale in cui si trovava in quei terribili momenti”. Furono portate le prove della sua disabilità mentale e fu quindi inserito in una lista di not executable. Fu in grado però di ricostruire, aggiunge D’Andrea, che “una testimonianza contro di lui era falsa ed era stata fatta per soldi. Lui però non si è mai proclamato innocente e non ha mai richiesto appelli per l’innocenza. Piuttosto, mi ha sempre parlato dell'ingiustizia del suo processo, laddove aveva un avvocato d’ufficio che non aveva neanche l’idoneità a difendere un imputato per il quale si chiedeva la pena di morte. Mi raccontò anche che questo stesso avvocato si addormentava durante il processo perché ubriaco”.

Afroamericano e povero

L’evidenza è che Curtis ha ricevuto un’assistenza legale del tutto inadeguata, poiché nel corso del suo processo non si tenne mai conto della sua situazione familiare, sociale e della sua accertata disabilità. L’avvocato effettivamente non aveva l’idoneità ad assistere imputati passibili di pena capitale e successivamente fu persino radiato dall’albo degli avvocati, perché trovato in stato di ubriachezza durante le udienze. “Curtis anche per questo chiese una revisione del processo che però non fu accolta. Diciamo che sicuramente ci sono stati, e ci sono ancora, pregiudizi razziali sul suo caso e la sua estrema povertà ha influito sul fatto che non è mai stato possibile per lui avere una assistenza legale adeguata”.

Le richieste di clemenza

La ragione per la quale si è arrivati a stabilire l’esecuzione per il prossimo 28 agosto resta ancora totalmente ignota. “Ce lo stiamo chiedendo – prosegue Lorenza – è quello che stiamo provando a capire anche attraverso gli appelli che sono stati inoltrati da noi, dalla figlia Curtisia e da Floridians against the Death Penalty, organizzazione che con il suo team di legali ha già presentato il ricorso presso la Corte Federale e la Corte Suprema, affinché sia accordata almeno una sospensione della pena. Tutti noi ci chiediamo: perché una persona che nel 2010 è stata dichiarata disabile mentale oggi non lo è più? Non è una cosa reversibile, per questo speriamo anche in un atto di clemenza da parte del governatore della Florida, Ron DeSantis”. Repubblicano e italo-americano, DeSantis negli ultimi mesi, firmando diverse esecuzioni, ne ha intensificato il ritmo arrivando a contare 10 esecuzioni nel suo Stato, sulle 29 totali negli Stati Uniti dall’inizio dell’anno, l'ultima il 19 agosto scorso quando, con iniezione letale, è stato ucciso il 67enne Kayle Bates, accusato di rapimento e omicidio, detenuto da oltre 40 anni. E anche lui afroamericano, come la maggior parte dei condannati alla pena capitale, dopo processi ritenuti da molti viziati da pregiudizio razziale e con verdetti emessi da giurie formate da soli bianchi americani. 

L'appello della Comunità di Sant'Egidio affinché il governatore della Florida commuti la pena
L'appello della Comunità di Sant'Egidio affinché il governatore della Florida commuti la pena

Vivo, ma per quanto?

In questi anni Curtis ha elaborato quanto accaduto nel 1992, testimonianza ne è la ricerca di riconciliazione, ed il successivo recuperato rapporto, con la figlia Curtisia, oggi in prima fila nella richiesta di commutazione della pena, nonostante sia lei stessa una vittima, poiché Curtis è accusato dall’assassinio di sua madre e di sua nonna. “Penso che oggi lei ami di un amore profondo il padre, l’ho vista io piangere pochi giorni fa, durante una videochiamata tra di noi. L’appello dei familiari di Curtis è do not this in our name (non fatelo in nostro nome) tutti chiedono che non sia ucciso, anche perché tutti hanno impiegato molti anni per ricucire ferite profonde che, con la sua morte, si riaprirebbero aggiungendo solo altro dolore”. Lorenza sta avendo difficoltà ad avere uno scambio regolare di lettere come prima, attraverso la Comunità di Sant’Egidio di New York sa però che lui è sereno, che spera in un atto di clemenza, ma che è molto preoccupato, perché ha visto una escalation incredibile di esecuzioni.  “Nella sua ultima lettera, inviatami prima che venisse fissata la data dell’esecuzione, mi scriveva: ti dico che sono vivo ma non so per quanto. La speranza di tutti è che DeSantis possa commutare la pena”.

L’appello dei vescovi

“La Chiesa cattolica – prosegue Lorenza – è contro la pena di morte e questa è anche la posizione della Conferenza episcopale della Florida. Dopodiché sappiamo che negli Stati Uniti esiste la pena capitale e che il Texas e la Florida sono gli Stati con il maggior numero di condanne a morte, probabilmente a causa di fattori politici”. È il Catechismo della Chiesa cattolica a condannare chiaramente la pena capitale e ad indicare l'impegno della Chiesa per la sua abolizione, laddove nel paragrafo approvato da Papa Francesco nel 2018 indica come “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”. In occasione della prevista esecuzione di Curtis, i vescovi dello Stato hanno inoltre indetto nelle chiese una novena per pregare per la fine della pena capitale, per le vittime di omicidi e per i condannati a morte, una novena – informa la Comunità di Sant’Egidio – che si è conclusa il 14 agosto, nel giorno in cui si fa memoria di San Massimiliano Kolbe, il frate polacco messo a morte ad Auschwitz con iniezione letale.

La pena di morte, atto grave e irreversibile

La Comunità di Sant’Egidio ha diffuso un appello per salvare la vita di Curtis Windom, chiedendo al governatore DeSantis di compiere un gesto di clemenza, un atto di misericordia nell’anno del Giubileo nei confronti di un detenuto che si trova nel braccio della morte da 33 anni. L’appello è rivolto al governatore e alla sua “coscienza di cristiano e di politico”, affinché vengano ascoltate le voci di coloro, comprese le famiglie delle vittime, che implorano di “salvare una vita umana” e di evitare “un atto grave e irreversibile, concedendo la commutazione della pena capitale in condanna a vita”.

Per Lorenza i pochi giorni che mancano al 28 agosto sono di drammatica attesa. “I miei pensieri vanno a lui, ed è importante che lui senta la nostra vicinanza. Quello nostro è un legame molto forte e la mia speranza è che non venga spezzato in questo modo terribile”.

 

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21 agosto 2025, 14:18