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La Knesset durante la votazione sul futuro della Cisgiordania La Knesset durante la votazione sul futuro della Cisgiordania  (ANSA)

Israele, dalla Knesset primo sì all’annessione della Cisgiordania

La mozione era stata presentata dai parlamentari e ministri del Likud e dagli altri partiti che sostengono il governo Netanyahu ed è stata approvata con un numero di voti anche superiore a quello dell’attuale maggioranza di governo di destra

Roberto Cetera - Gerusalemme

Con una maggioranza di 71 voti a favore e 13 contrari la Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato ieri una mozione che impegna il governo a procedere all’annessione della Giudea e Samaria, cioè, nel lessico biblico adottato dal governo Netanyahu, della Cisgiordania occupata da Israele fin dal 1967. La mozione era stata presentata dai parlamentari e ministri del Likud e dagli altri partiti che sostengono il governo Netanyahu ed è stata approvata con un numero di voti anche superiore a quello dell’attuale maggioranza di governo di destra.  L’opposizione, sia centrista che di sinistra, non ha partecipato al voto.

Occupazione illegale per Onu

In realtà il voto di ieri non avrà per ora alcuna implicazione concreta, dal momento che è richiesto un ulteriore passaggio legislativo per la sua implementazione. Ipotesi di non facile realizzazione dovendo costruire un sistema amministrativo che sostituisca le funzioni fino ad oggi esercitate dallo Stato di Palestina in un territorio in cui  vivono circa tre milioni di palestinesi. Lo status giuridico dei territori occupati nella guerra “dei sei giorni” era definito da 58 anni «territorio occupato militarmente». Definizione contestata dalla comunità internazionale, che in successive determinazioni delle Nazioni Unite ha piuttosto dichiarato la presenza militare israeliana nei territori una «occupazione illegale». Così come «illegali» sono considerati gli insediamenti che negli anni Israele ha realizzato all’interno dei territori occupati, che oggi contano circa 700.000 coloni israeliani.

La questione di Gerusalemme

La città di Gerusalemme, nella sua interezza, era già considerata dal 1980 parte integrante e capitale della nazione israeliana, ritenendo di fatto annessa la parte est della città, abitata da palestinesi e che fino al 1967 era sotto la giurisdizione del re di Giordania. Anche questa annessione israeliana è stata contestata dalla comunità internazionale, e ancora oggi quasi tutti gli Stati continuano a mantenere le proprie ambasciate a Tel Aviv. Un’annessione sui generis perché agli abitanti di Gerusalemme est non è stata riconosciuta la cittadinanza israeliana e hanno lo status giuridico di «residenti permanenti» in Israele; residenza che deve essere continuamente dimostrata e verificata dall’amministrazione israeliana.

Una terra senza palestinesi

La mozione approvata ieri dalla Knesset non fa, come prevedibile, alcun riferimento al futuro status giuridico della popolazione palestinese di Cisgiordania, ma è difficile immaginare che possano mai beneficiare della cittadinanza israeliana, come invece occorse ai palestinesi che si trovarono dentro i confini di Israele al termine della prima guerra del 1948. Anzi, gli esponenti dell’estrema destra nazionalista e religiosa che hanno promosso la mozione approvata ieri, nelle loro dichiarazioni post voto non hanno nascosto la prospettiva auspicata di un progressivo allontanamento, anche forzato, della popolazione palestinese dalla loro terra. Sul significato politico reale di questa votazione che comunque non ha alcun effetto immediato, sono state formulate alcune ipotesi.  Le più ricorrenti sono che Israele con questa mossa voglia escludere a priori qualsiasi possibile ruolo dell’Anp nelle trattative che potrebbero aprirsi sul futuro di Gaza nel caso di raggiungimento di una tregua e, più in generale, allontanare definitivamente la prospettiva dei due Stati. Altri immaginano invece che questo voto possa fungere da soddisfazione parziale che Netanyahu è disposto a concedere ai suoi ministri più estremisti, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, in cambio di un via libera alla stipula di una tregua a Gaza, contro la quale si sono sempre opposti. 

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24 luglio 2025, 16:22