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Herbie Hancock Herbie Hancock

Herbie Hancock, l'arte del jazz in concerto a Roma

Il pianista e compositore statunitense protagonista all’Auditorium Parco della Musica in occasione del “Summertime 2025”, la stagione estiva della Casa del Jazz. il fondamento della musica dell'artista: ”We are one family"

Damiano Caprio - Città del Vaticano

Estro, genio e tanto altro. Herbie Hancock diffonde un messaggio di amore e unità nella cornice di "Summertime", la rassegna estiva prodotta dalla Fondazione Musica per Roma alla Casa del Jazz. Al concerto ospitato ieri, 14 luglio, nella sala "Cavea" dell'Auditorium Parco della Musica, il celebre artista statunitense sottolinea con la sua arte la connessione che esiste tra gli esseri umani. La musica di Hancock ha radici spirituali e si fa portavoce di un’idea in cui non esistono confini e questo è solo la conseguenza di un lavoro che ha visto il musicista di Chicago esplorare nuove forme e idee, un musicista d’avanguardia che è riuscito a creare un’idea di musica in cui il jazz attraverso l’improvvisazione, riesce a trasmettere questo messaggio di fratellanza.

Il Jazz e il culto dell’improvvisazione

Alla veneranda età di 85 anni il maestro del Jazz continua ad emozionare il pubblico sempre più partecipe e la serata di ieri ne è stata un esempio. Hancock, con 60 anni di attività musicale e 14 Grammy awards vinti, è riuscito a conquistare il pubblico con la sua arte, pietra miliare di un Jazz moderno in cui la sperimentazione e l’improvvisazione non sono mai scontate e in questo sono stati determinanti gli interpreti che hanno accompagnato il pianista americano nella serata del "Summertime", ovvero Terence Blanchard alla tromba, Lionel Loueke alla chitarra, James Genus al basso e il giovane Jaylen Petinaud alla batteria. Questa è la line up di Hancock, musicisti che hanno dato spettacolo attraverso le loro improvvisazioni e che sono riusciti a portare il pubblico verso sonorità fusion ed elettroniche che fanno parte di un jazz non più mainstream.

La dedica a Wayne Shorter

In questa serata all’insegna dell’estro e dell’improvvisazione, non poteva mancare l’omaggio a Wayne Shorter, scomparso due anni fa. L’amicizia che legava Hancock e Shorter risale agli anni Sessanta, in cui i due facevano parte del quintetto di Miles Davis. Da lì in poi, una collaborazione che li ha portati a condividere i palchi di tutto il mondo. Quello a Wayne Shorter è stato il modo per ricordare un musicista che ha rappresentato un artista che è riuscito a dedicare la sua vita ad una ricerca musicale che non ha paura di sperimentare linguaggi diversi, proprio come Hancock. Il concerto si è concluso con la standing ovation del pubblico e con Hancock che dopo aver fatto emozionare gli ascoltatori suonando il Keytar, ha salutato i partecipanti stringendo le mani a chi si trovava in prima fila, e in questo si ritrova quel senso di famiglia che fa parte di un artista divenuto un’icona intramontabile del jazz.

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15 luglio 2025, 09:05