Il pittore Trento Longaretti e i suoi viandanti nella speranza
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
Alcune figure di Trento Longaretti camminano in un paesaggio che non è solo uno scorcio di mondo, ma un orizzonte di speranza. I suoi quadri sanno raccontare i cuori degli umili che hanno intrapreso un viaggio fiducioso, come rivela la selezione di oli esposti a Casa Marcegaglia sotto il titolo Trento Longaretti e i cammini di speranza. L'opera del pittore, vissuto oltre un secolo, dal 1916 al 2017, è un docile, dolce, a tratti malinconico, ma mai pessimista inno alla creazione, alle possibilità della fede. "L'intenzione di mio padre - spiega Serena Longaretti, figlia dell'artista - non era drammatica. I suoi personaggi sono pellegrini e persone che non sanno di fatto dove andare ma hanno la speranza di trovare un luogo di pace per la propria vita, ma anche per la collettività".
Uno sguardo confidente
A "Casa Marcegaglia", spazio espositivo permanente nel quartier generale del gruppo imprenditoriale, la presenza delle opere di Longaretti, che si completa con alcune tele al Museo di Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti, vuole essere una scintilla positiva in un momento storico attraversato dalle guerre. "Il connubio arte e industria - hanno detto Emma e Antonio Marcegaglia, entrambi alla guida dell'azienda di famiglia, inaugurando la mostra - è già nelle nostre intenzioni da molto tempo. In un mondo tanto complesso questo connubio e questa apertura hanno ancora più significato". Una complessità che talora convive nelle linee, nei contrasti, nelle forme dell'opera di Longaretti, ma che spesso sottende un affidamento nel futuro.
Un uomo di pace
Longaretti ha attraversato il Novecento ed è stato anche lui un pellegrino di speranza in grado di andare oltre le ombre dei tempi in cui era immerso. Sua figlia lo definisce "un uomo di pace", che, per di più, ha potuto con la sua arte raccontare la ferocia e il dolore portati dai conflitti: "È stato in Albania come artista di guerra e ha testimoniato i disastri dei combattimenti. Era un uomo che non amava i contrasti, neanche nella sua vita personale. Non era mai polemico, amava ascoltare".
La collaborazione con Paolo VI
Sotto il Pontificato di Paolo VI, Longaretti ha collaborato con la Santa Sede per la formazione della collezione di arte contemporanea dei Musei Vaticani. "Faceva parte del gruppo degli artisti della Ca' Granda di Milano - precisa la figlia - che hanno lavorato a questo scopo. Mio padre era inoltre amico di don Pasquale Macchi, segretario particolare di Paolo VI. Le sue opere sono infatti anche al santuario del Sacro Monte di Varese", dove don Macchi è stato arciprete.
Un pittore della fede
"Penso che la dimensione di fede di mio padre si sia espressa sempre nella sua pittura, sia quando lavorava alla produzione di opere all'olio, sia quando lavorava a quelle sacre". Longaretti ha realizzato nel corso della sua vita molti lavori legati al tema religioso. Oltre che ai Musei Vaticani, ve ne sono nel Duomo e nella Basilica di Sant’Ambrogio e nella Galleria d’arte sacra contemporanea di Villa Clerici a Milano, nel duomo di Novara. E anche all'estero troviamo il decoro del Memoriale San Paolo a Damasco, in Siria, le vetrate dell’abbazia Le Bouveret a Losanna, in Svizzera, il ciclo di mosaici e affreschi per la Chiesa di Sant’Andrea a Calgary, in Canada.
Longaretti e il sacro
Monsignor Manzoli - rettore della Basilica di Santa Barbara in Mantova e direttore emerito dell'ufficio diocesano Beni culturali, edilizia di culto e arte sacra - ha conosciuto Longaretti e ne ha apprezzato e studiato l'opera. Una particolare dimensione messa in evidenza dal sacerdote è quella spirituale: "Lui riempie i cieli di realtà che li movimentano. Quasi sempre sono presenti il sole e la luna, gli astri, e anche il paesaggio è movimentato". L'umanità rappresentata dal pittore è generalmente composta da persone semplici: "Nel cammino - precisa il monsignore - sa cogliere ed evidenziare il nostro destino. È un cammino che introduce all'eternità". Questi viandanti, pur alle prese con le loro inquietudini e i loro drammi, hanno sete di infinito, di felicità: "C'è nell'artista il desiderio di destare la consapevolezza di essere nati dal respiro di Dio, ma anche di appartenere a un mondo che è un sistema aperto in cui tutto circola, avanza, canta". Nella pittura di Longaretti, secondo il rettore, si percepisce che all'origine del mondo c'è un Dio gioioso, che moltiplica vita, crea bellezza.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui