Con due ruote in redazione, la speranza secondo Federico
Fabio Colagrande - Città del Vaticano
“Dipende se tu guardi la persona o guardi la carrozzina”, dice con fermezza Federico Azzaro, 35 anni, affetto da tetraparesi spastica. “La carrozzina può diventare un biglietto da visita che non rende giustizia alla persona. E nella vostra mente può trasformarsi in una barriera architettonica mentale. Quindi fate attenzione”. Per chi lavora nel campo dell’assistenza e dell’inclusione – ammonisce – è fondamentale non fermarsi al problema, ma riconoscere l’unicità e la dignità della persona.
Federico, all'inizio dell'anno, ha svolto uno stage giornalistico presso la redazione "Mondo e Chiesa" de L'Osservatore Romano. Quando lo incontravi, ti sorprendeva con una citazione di Bonhoeffer davanti a una macchinetta del caffè, o con alcuni versi scritti in un momento difficile. In un'intervista per il podcast "Specchi", dedicato alla speranza giubilare, spiega: “Sono qui per dire proprio questo a chi magari in questo momento si arrende: c’è una finestra di speranza per tutti. Dovete solo aprirla e far prendere un po’ d’aria alla vostra anima”.
Dalla sofferenza alla parola: la scrittura come vocazione
La vita di Federico è cominciata in salita. Nato a Subiaco, è stato trasferito in elicottero al Fatebenefratelli di Roma per un’asfissia prenatale. “I medici mi davano per spacciato”, racconta. Ma lui, contro ogni previsione, è andato avanti, ha studiato, si è laureato in Scienze religiose, e oggi sogna di fare il giornalista. “Ho scoperto che la scrittura non è solo passione: può diventare una professione. Perché nella vita non contano tanto le risposte - oggi ne abbiamo a bizzeffe - ma le domande. E il giornalismo nasce proprio da lì”.
Scrive da sempre. Le sue riflessioni sono confluite in due libri: "Verso l’infinito e oltre il desiderio" (2020) e "I miei intimi soliloqui" (2024). Quest’ultimo, una raccolta di poesie, è nato durante la convalescenza dopo un’operazione resa necessaria da un brutto incidente. “La sofferenza amplifica tutto, ma nei pochi momenti di lucidità scrivevo, perché la poesia mi accompagna da quando avevo quindici anni”.
Il cuore come stanza dell’incontro
Il cuore, per Federico, è il luogo dove si incontrano Dio e l’uomo. “Molto spesso oggi ci dicono: credi in te stesso, va dove ti porta il cuore. Ma attenzione: un cuore senza ragione è smidollato. Il cuore, per me, è la sede dei sentimenti, un luogo che, come dice Viktor Frankl, dove Dio può diventare il partner dei nostri intimi soliloqui”. La fede non è rifugio individuale ma comunione: “Ricordiamoci che nessuno si salva da solo. È come il girotondo: o si casca tutti giù, o si rimane insieme”.
Le sue poesie sono affreschi interiori che parlano di attacchi di panico come “fame d’aria che fa l’amore con la voglia di vivere”, di limiti che si piegano e diventano forza. In "Terapia d’urto" scrive: “Prendi il tuo limite, piegalo bene nella valigia e fanne il tuo punto di forza, scatta in avanti… avanti, verso il sole”.
La missione della speranza
Nella poesia "Ossimoro", Federico si confronta con il modo in cui viene percepito in quanto persona disabile: “Combatto contro l’ossimoro del mio biglietto da visita, la carrozzina. Non è un problema per me, ma per gli altri. Problema loro”. La speranza per lui non è ottimismo ingenuo, ma consapevolezza trasformata in scelta. “Usa il limite non come punto di sconfitta, ma come punto di partenza. Se ci fermiamo al problema non troviamo soluzioni. Invece possiamo crescere”.
“Ho divorato l'enciclica Fratelli tutti, sono innamorato della Chiesa e del suo Magistero. Credo che dobbiamo imparare a vedere il mondo come una famiglia umana”, spiega. E con un’immagine finale, potente e concreta, paragona il suo irrigidimento muscolare - l’ipertono - alla durezza del cuore che spesso ci affligge. “Evitiamo l’ipertono dei cuori. Abbiamo bisogno di ritornare a essere umani, acoglienti. C’è urgenza di questo”.
Tempo pieno
Poesia di Federico Azzaro tratta dal libro "I miei intimi soliloqui"
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