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I ciclisti del Giro d'Italia passano in Vaticano I ciclisti del Giro d'Italia passano in Vaticano

Giro d’Italia in Vaticano, le emozioni dei corridori: lo sport è vita e spiritualità

Intervistati dai media vaticani prima del passaggio, in modalità non agonistica, all'ombra della basilica di San Pietro e dei Giardini, i campioni del ciclismo non nascondono l'unicità dell'evento. Yates: queste attività creano "legami universali". Del Toro: "orgoglioso di quello che ho fatto". Bernal: "se non fosse per Dio, non sarei qui". Caruso: una corsa da "pelle d'oca". Pellizzari: "porto la Croce al collo", questo evento ha "una doppia valenza per me"

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

Tra tutti gli sport, il ciclismo è forse quello che più permette di avvicinarsi con immediatezza al bello. Una strada che si srotola tra montagne e pianure, una bicicletta che diventa compagna di viaggio, e lo sguardo sempre pronto a farsi sorprendere da ciò che il mondo offre, dalla "pelle d'oca", passo dopo passo, curva dopo curva. È il privilegio di chi pedala non solo per vincere, ma per scoprire. Un connubio di "vita" e "spiritualità". Un lusso raro, però, per chi vive il ciclismo come mestiere e vocazione: l’urgenza della gara, la pressione dei tempi, la concentrazione estrema spesso rubano spazio all’incanto. Ecco perché il passaggio in modalità non agonistica in Vaticano, oggi, primo giugno, nell’ultima tappa del Giro d’Italia, assume un significato speciale. Un frammento di silenzio e sacralità, nel cuore di una corsa che è da sempre frenesia e lotta.

Yates, i legami universali dello sport

Tutti gli occhi sono su Simon Yates, la Maglia Rosa, che ha conquistato il Giro d'Italia proprio ieri, sulla stessa salita, Colle delle Finestre, dove 7 anni fa aveva perso la corsa, da favorito. Il passaggio attraverso la Città del Vaticano rappresenta qualcosa di unico. “Non ci sono mai stato prima, quindi sarà un momento davvero speciale”, racconta Yates ai media vaticani con emozione. A rendere tutto ancora più significativo è il fatto di indossare una maglia iconica — simbolo di una conquista personale e collettiva. In questo scenario straordinario, si intrecciano fede, sport e identità culturale. “Sento che c’è una connessione tra la religione, la fede e l'Italia. Credo che tutto questo unisca le persone”. Per lui, è proprio questa capacità dello sport di creare legami profondi e universali il cuore di tutto. “Come ho detto, sarà davvero un momento speciale attraversare quei luoghi con questa maglia addosso”.

Simon Yates stringe la mano a Papa Leone XIV
Simon Yates stringe la mano a Papa Leone XIV   (@Vatican Media)

Del Toro, imparare a gestire la sconfitta

Nonostante la giovane età e il colpo duro di aver perso la Maglia Rosa all’ultima tappa, Isaac del Toro mostra lucidità e orgoglio. “Fisicamente mi sento molto bene, non così stanco come altre volte”, racconta. “Mentalmente potrei stare meglio, ma è qualcosa che imparerò a gestire col tempo”. Con parole misurate e profonde, esprime gratitudine per il percorso compiuto: “Sono molto contento e orgoglioso della posizione in cui mi trovo. Il team è sempre stato incredibile, mi ha dato piena fiducia e sostegno, e non ho alcun rimpianto”. Quando realizzerà davvero l’impresa che ha compiuto, dice, sarà “incredibile”. Il suo pensiero va a chi gli è stato vicino: “Dedico questo risultato a tutte le persone che mi hanno sostenuto. Non posso dedicarlo solo alla mia famiglia, perché sono stati in tanti, ma ovviamente partirei da loro”. L’affetto ricevuto dal pubblico lo commuove: “A volte sento che si sbagliano persona, ma io cerco solo di dare la mia versione migliore”.

Del Toro (Maglia Bianca al Giro d'Italia) con Papa Leone XIV
Del Toro (Maglia Bianca al Giro d'Italia) con Papa Leone XIV   (@Vatican Media)

Bernal, la caduta e la rinascita

C'è Egan Bernal, colombiano, settimo in classifica. Ha vinto il Giro e il Tour, ha stretto la mano a Papa Francesco, ma ha anche visto il buio: un incidente tremendo, il corpo spezzato, la bicicletta che sembrava un ricordo. Ma è tornato. E ogni pedalata sua oggi è preghiera, ogni salita un atto di fede. "Se non fosse per Dio, non sarei qui", afferma con convinzione, ricordando il grave incidente che ha rischiato di porre fine alla sua carriera – o persino alla sua vita. Per lui, la possibilità stessa di partecipare a questa competizione rappresenta un dono divino, un miracolo per cui è grato ogni giorno. La sua preparazione spirituale affonda le radici nell’infanzia, grazie all’educazione ricevuta dai genitori, ma è stata rafforzata proprio in seguito all’incidente, che ha segnato un "prima e dopo" nella sua vita. Nei momenti più duri delle tappe, quando il dolore fisico sembra insostenibile, Bernal trova forza nella fede, ringraziando Dio perfino per la sofferenza, perché "almeno posso sentire qualcosa", dice. "Potevo essere morto o paralizzato, e invece sono qui". In occasione dell’ultima tappa entro le mura vaticane, il ciclista confessa la propria emozione all’idea di essere vicino al Papa e si augura che sia una giornata di gioia anche per il pubblico. 

Caruso, sport e spiritualità

Per Damiano Caruso, ciclista italiano e veterano del Giro d’Italia, l’ultima tappa di questa edizione ha avuto un significato speciale. Non solo perché si conclude in un luogo unico al mondo ma per il profondo intreccio tra sport, fede e bellezza che questa giornata rappresenta. “Avevo programmato di visitare il Vaticano domani con la mia famiglia, ma sapere che ci passeremo oggi, durante la corsa, mi ha emozionato profondamente”, racconta con entusiasmo. “Mi viene la pelle d’oca solo a pensarci”. Percorrere in bici le strade dentro le mura vaticane, con la presenza del nuovo Papa diventa per lui un momento carico di significato spirituale. “È un messaggio molto positivo”, aggiunge, “perché anche il Papa ha mostrato grande apertura verso il mondo dello sport, incontrando spesso atleti di ogni disciplina. Questo è bello, perché lo sport è vita, e ci sono molte connessioni tra lo sport e la spiritualità.” Un’esperienza intensa, che conferma come il ciclismo, a volte, possa diventare un vero e proprio pellegrinaggio interiore.

Guarda l'intervista a Damiano Caruso

Pellizzari, la doppia valenza della corsa

Per il giovane ciclista Giulio Pellizzari, il passaggio in Vaticano rappresenta molto più di un traguardo sportivo. “È una cosa che non si vede tutti i giorni”, dice. L’idea stessa di poter vedere il Papa durante una corsa è, per lui, qualcosa di raro e profondamente emozionante. Ma non si tratta solo di un evento suggestivo dal punto di vista simbolico: “Porto la croce al collo, sono religioso, quindi ha una doppia valenza per me”, confessa.

Guarda l'intervista a Giulio Pellizzari

Carapaz, il talento come dono di Dio

Per Richard Carapaz, il finale del Giro d’Italia nella splendida cornice di Roma ha rappresentato un’emozione unica. “È la mia prima volta qui, ed è davvero un bel sentimento”, racconta il campione olimpico e vincitore del Giro 2019. Pur avendo vissuto altre conclusioni di questa corsa, questa edizione — impreziosita dal passaggio in Vaticano — ha avuto un significato speciale anche dal punto di vista spirituale. “Mi preparo anche attraverso la fede per arrivare fino a qui”, afferma. “Sono un credente, forse non quanto vorrei, ma ho le mie convinzioni”. Carapaz riconosce che la fede lo ha sostenuto nei momenti più duri della carriera: “Credo che Dio mi abbia dato un dono, e io cerco sempre di fare del mio meglio. Tutta la gloria va a Lui. Quello che faccio, lo faccio da strumento nelle sue mani”.

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01 giugno 2025, 15:00