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Immigrazione, card. Montenegro: la stella sia il Vangelo, non la politica

Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, esorta a leggere il fenomeno dei flussi migratori seguendo gli insegnamenti del Vangelo e non gli allarmismi della politica che cavalca la sindrome della paura

Amedeo Lomonaco e Claudia Zeisel

I cristiani hanno il dovere di leggere la realtà dell’immigrazione con la prospettiva del Vangelo e non con lo sguardo della politica influenzato da specifici interessi. A questa differenza di prospettiva il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, lega due diversi modi di inquadrare la questione dei flussi migratori. In una terra come la Sicilia, accogliere i forestieri “è una cosa normale†ma negli ultimi tempi, osserva, la “politica è cambiataâ€: “si cavalca la sindrome della pauraâ€, si chiude la porta, “soprattutto quella del cuoreâ€. La disinformazione, aggiunge l’arcivescovo di Agrigento, alimenta la paura. L’Unione Europea si rivela inoltre una “unione degli egoismi†che al centro non pone l’uomo ma l’economia. Il problema non è la migrazione: il vero nodo, sottolinea il cardinale Montenegro intervistato da Claudia Zaisel, è l’ingiustizia sociale.

Ascolta l'intervista al cardinale Montenegro

R. – L’accoglienza da noi è una cosa normale. Lampedusa è più vicina all’Africa che alla Sicilia e i lampedusani sono stati sempre abituati a sentir bussare alle porte. Erano marinai della Tunisia e loro li accoglievano in casa. È stata interessante l’accoglienza data agli immigrati, soprattutto a Lampedusa: su cinquemila abitanti, c’erano 10 mila immigrati. Chi non poteva fare qualcosa per loro metteva a disposizione il termos con il caffè o il thè in modo che chi aveva sete poteva bere. Faceva entrare il migrante in casa per prendere qualcosa da mangiare, per lavarsi. Qualcosa è cambiato, perché ultimamente la politica è cambiata: si cavalca la sindrome della paura. E in questa situazione qualcuno - proprio perché parlano tutti di paura, di terroristi - chiude la porta. Soprattutto chiude la porta del cuore. La disinformazione sta portando all’aumento della paura: la gente non è capace di giudicare la verità di quello che viene detto, per cui resta schiacciata e impressionata da quello che si dice. Noi come cristiani abbiamo il dovere di leggere questa realtà con il Vangelo: io non posso leggerlo con i canoni della politica perché ci sono altri interessi, altri giochi.

L’Italia per molto tempo è stata anche lasciata sola. Cosa si aspetta dall’Unione europea dopo le nuove elezioni del Parlamento e della Commissione europea?

R. – Cosa mi aspetto? Cosa già ci aspettavamo e non c’è stato. Io sono stato ospite del presidente del Consiglio europeo. Sono stato a Strasburgo, a Bruxelles. Sono stato anche a Ginevra a parlare perché ero presidente di Caritas e di Migrantes. Lì mi fu detto con estrema chiarezza: se tutti i Paesi non la pensano nella stessa maniera, è impossibile trovare soluzioni. Però la cosa più pesante è il fatto che l’Europa abbia messo al centro l’economia, la finanza: non c’è l’uomo. Nell’Unione europea -  io non la chiamo Unione europea, io leggo Ue come “unione degli egoismi†- ci sono tanti egoismi messi insieme che non riescono a fare comunità, anche se fingiamo che ci sia una comunità. Il problema non è la migrazione: è l’ingiustizia sociale. C’è un’Europa che è responsabile di come va l’Africa: se l’Africa non va bene la gente la scappa è perché l’Europa ha giocato con le risorse e con le persone africane. Io, quando sento parlare i politici, sento parlare soltanto di bianchi e neri: il fatto che ci siano 245 milioni di migranti nel mondo, che qualcuno definisce come il sesto continente, è un problema legato all’essere bianco o nero oppure è il sintomo di qualcosa che non funziona? quale futuro ci sarà in queste nazioni dove stanno andando via tutti i giovani?

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24 luglio 2019, 14:11