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Saragozza, Spagna – 1982 © GIANNI GIANSANTI Saragozza, Spagna – 1982 © GIANNI GIANSANTI

Giovanni Paolo II negli scatti di Gianni Giansanti

La mostra, inaugurata a Castel Sant'Angelo in occasione dell’Anno Giubilare 2025 e aperta fino al 30 novembre, racconta un pontificato diventato icona globale

Mara Miceli - Città del Vaticano

La mostra Giovanni Paolo II. L’uomo, il Papa, il Santo negli scatti di Gianni Giansanti invita a rileggere un pontificato che ha segnato non solo la storia della Chiesa, ma anche quella della comunicazione visiva contemporanea. Attraverso oltre quaranta fotografie di Gianni Giansanti, fotografo scomparso prematuramente ma capace di lasciare un archivio di inestimabile valore, si compone un doppio racconto: da una parte l’arte di un obiettivo che sa cogliere l’essenza dell’uomo dietro la veste papale; dall’altra la nascita di una nuova era, in cui immagini, filmati e media internazionali hanno trasformato la figura del Pontefice in un’icona globale. Un Papa che ha saputo attraversare i linguaggi della modernità, divenendo simbolo di pace e di dialogo in un mondo in rapida trasformazione; e un fotografo che ne ha restituito la forza spirituale e la vulnerabilità umana.

L’immagine come linguaggio universale

"Questa mostra – spiega la curatrice Ilaria Schiaffini, docente di Storia della Fotografia all'Università la Sapienza di Roma,– non è soltanto una raccolta di fotografie, ma un viaggio dentro un pontificato che ha saputo comunicare attraverso le immagini come mai prima. La forza dell’opera di Giansanti sta proprio qui: la fotografia diventa un linguaggio universale, capace di raccontare una figura complessa e insieme avvicinabile come Giovanni Paolo II".

Hiroshima, 1981: il Papa e la memoria collettiva

Uno degli scatti più intensi lo ritrae a Hiroshima, nel febbraio 1981. "In quel luogo simbolo della tragedia e della memoria universale – osserva la curatrice – lo sguardo di Giansanti riesce a fondere il gesto del Papa con la storia dell’umanità, trasformando un momento di visita in una scena dal forte valore artistico e simbolico".

Piazza San Pietro, 13 maggio 1981: la ferita e la resilienza

Non meno potente è la fotografia dell’attentato. "Lo scatto dell’attentato è tra le immagini più forti di tutto il pontificato – sottolinea Schiaffini – perché racconta la vulnerabilità del Papa e al tempo stesso la sua rinascita. C’è la fragilità, ma anche la resilienza, colte nello stesso istante".

Calcutta, 1986: l’incontro con Madre Teresa

Nel febbraio 1986, a Calcutta, Giansanti immortala Giovanni Paolo II accanto a Madre Teresa. "Due figure universali della fede e della carità nello stesso fotogramma – spiega la curatrice – che riescono a parlare oltre i confini religiosi, diventando patrimonio iconico dell’umanità".

Jurgaičiai, Lituania - settembre 1993 © GIANNI GIANSANTI
Jurgaičiai, Lituania - settembre 1993 © GIANNI GIANSANTI

Lituania, 1993: politica e spiritualità

Il viaggio in Lituania nel settembre 1993 segna l’incontro con un popolo appena uscito dal dominio sovietico. "In quello scatto – osserva Schiaffini – la fotografia restituisce la dimensione politica e spirituale insieme: non solo l’evento, ma anche la speranza e la libertà che attraversavano quei popoli".

Il Giubileo del 2000: la Porta Santa

Un’altra immagine simbolo è l’apertura della Porta Santa nel 2000. "Qui – dice la curatrice – il gesto rituale si trasforma in icona capace di raccontare un’intera epoca della Chiesa, diventando memoria visiva condivisa del nuovo millennio".

Gli scatti più intimi

Colpiscono anche le fotografie della vita quotidiana al Palazzo Apostolico: colazioni, momenti privati, scene domestiche. "Mostrare un Papa in questa dimensione – afferma Schiaffini – è stata una scelta innovativa per l’epoca. Ha contribuito a cambiare la percezione pubblica, rivelando l’uomo dietro la figura istituzionale".

Tra sacralità e umanità

Secondo la curatrice, Giansanti ha avuto la capacità di "tenere insieme la sacralità della figura papale e l’umanità quotidiana". Una duplice dimensione che ha reso le sue immagini potenti e durature. "Molte fotografie sono diventate simboli universali, riconoscibili ovunque, perché hanno saputo andare oltre il documento per diventare icone della memoria collettiva".

Castel Sant’Angelo, luogo simbolico

Infine, il contesto. "Esporre a Castel Sant’Angelo – conclude Schiaffini – significa unire arte, memoria e spiritualità in un luogo che amplifica il messaggio delle immagini. Non è una semplice esposizione, ma un’esperienza immersiva che parla tanto alla storia della Chiesa quanto al nostro presente".

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17 settembre 2025, 11:00