A Santa Maria in Trastevere la proclamazione del Manifesto dei Giovani Cristiani d’Europa
Guglielmo Gallone - Città del Vaticano
«Non siamo turisti dello spirito. Siamo pellegrini di senso. Arriviamo con zaini pieni di dubbi, ferite, canzoni e speranza. E con una certezza nel cuore: Cristo è vivo. E ci chiama». Queste parole sono riecheggiate oggi nella basilica di Santa Maria in Trastevere. A leggerle, centinaia di ragazzi provenienti da tantissimi Paesi dell’Europa e del Mediterraneo. Venuti sì per il Giubileo dei Giovani, ma anche per proclamare e diffondere il Manifesto dei giovani cristiani d’Europa. Un documento audace che, sfidando la complessità di un continente sempre più anziano dal punto di vista demografico e circondato da scenari complessi sul piano geopolitico, mette al centro proprio i giovani. Contando sul sostegno della Conferenza episcopale spagnola e italiana, del patriarcato latino di Gerusalemme, dell’arcidiocesi di Santiago di Compostela, quindi di parrocchie e movimenti ecclesiali, cerca di rispondere alle domande di senso che sono alla base di questa generazione troppo spesso ascoltata solo in modo retorico.
L'inizio di un lungo cammino
Lo racconta ai media vaticani Patricia Recio Martinez, giovane coordinatrice dell’evento svoltosi questa mattina e di Journey to Redemption, J2R2033, l’associazione collegata al Manifesto: «Questa sigla significa Roma 2025, Santiago 2027, Gerusalemme 2033. Quello di oggi è solo l’inizio di un cammino lunghissimo che, diviso in queste tre tappe, culminerà nel Giubileo straordinario del 2033 dedicato alla redenzione e che ha un obiettivo: mettere Cristo in mezzo alla nostra vita stando tutti uniti». Un compito per niente facile. In effetti, Patricia ci spiega che l’idea di questo Manifesto proviene dalla «consapevolezza che tutti noi giovani abbiamo una profonda ferita». Sono tre i dati da cui parte il Manifesto dei giovani europei. Secondo il Pew Research Center, oltre il 70 per cento dei giovani europei tra i 16 e i 29 anni si dichiara non religioso; l’Organizzazione mondiale della Sanità ricorda che «l’Europa è il continente con il più alto tasso di suicidi giovanili al mondo»; di riflesso, come evidenziato dall’Eurobarometro nel 2022, «il 42 per cento dei giovani europei dichiara di ritenere la propria vita priva di significato». Che fare? «La risposta — riprende Patricia — ce l’abbiamo oggi davanti ai nostri occhi: a Santa Maria in Trastevere abbiamo pregato tutti insieme, senza alcuna distinzione. Giovani provenienti dall’Ucraina, dalla Spagna, dalla Palestina, da Gerusalemme dal Portogallo, dall’Italia: eravamo tutti lì e tutti erano felici. Queste esperienze ci insegnano a guardare oltre. E a capire che, se mettiamo Cristo al centro attraverso la preghiera, avremo tutte le risposte che cerchiamo. Noi lo abbiamo messo su carta. Ora è importante che tutti firmino il Manifesto sul nostro sito».
Un impegno tutt'altro che isolato
È bello vedere fra i partecipanti altri giovani con gli stessi obiettivi. Pilar Shannon Perez Brown viene dalla diocesi di Madrid ed è presidente del consiglio giovani di Mediterraneo, l’iniziativa promossa nel 2023 dalla Conferenza episcopale italiana: «Siamo 24 rappresentanti di 18 Paesi che promuovono progetti per la pace, il dialogo interreligioso, la connessione di fede e culture. È bellissimo: siamo cattolici, maroniti, siriaci, melchiti... e anche oggi, qui, c’era tutto il Mediterraneo. Che deve tornare ad essere una terra di dialogo e di incontro. I giovani non desiderano altro».
L'invito del cardinale Pizzaballa
Era proprio questo l’invito fatto dal patriarca di Gerusalemme dei latini, il cardinale Pierbattista Pizzablla, che, prima dell’inizio della celebrazione, ha affidato a monsignor Bruno Varriano, vescovo ausiliare del Patriarcato, la lettura di un suo messaggio: «Noi, giovani e adulti di questa piccola ma fedele Chiesa della Terra Santa — in Giordania, Palestina, Israele e Cipro — abbiamo bisogno della vostra amicizia, della vostra fede e del vostro coraggio. Questo sogno che condividete è anche il nostro sogno». Pizzaballa ha poi ricordato come «molti giovani dei nostri Paesi non possono venire a Roma a causa della difficile situazione che viviamo, ma un piccolo gruppo da Gerusalemme e da Cipro è lì con voi. E questo per noi significa molto. Speriamo che, entro il 2033, potremo camminare tutti liberamente da Occidente a Oriente, insieme verso Gerusalemme».
L'omelia di monsignor Fisichella e il senso del pellegrinaggio
Un auspicio condiviso da monsignor Rino Fisichella che, celebrando la messa e portando il saluto di Papa Leone XIV ai partecipanti, ha sottolineato proprio l’importanza del «pellegrinaggio» che è «simbolo della vita perché siamo sempre in cammino» e «noi lo siamo in modo speciale: ci fidiamo l’uno dell’altro, siamo amici, viviamo la spiritualità», ma soprattutto «siamo fiduciosi del fatto che Dio non solo ci ha fatto una promessa, ma l’ha realizzata». Trovare persone cui affidarsi, luoghi in cui dialogare, comunità in cui ascoltarli: è sembrata proprio questa la necessità dei tantissimi giovani presenti oggi, espressa in un abbraccio senza fine e in un canto pieno di sogni con cui si è chiusa la celebrazione.
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