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Suor Nabila Saleh Suor Nabila Saleh 

Gaza, l'appello di suor Nabila: "Tutti i governanti dicano una parola di giustizia e di pace"

La religiosa attualmente vive fuori dalla Striscia, ma il suo cuore è costantemente legato alla parrocchia della Sacra Famiglia dove a lungo ha condiviso la tragedia della guerra. La missionaria ricorda le vittime: il portinaio "molto buono, disponibile ad aiutare ogni persona, sempre pronto a servire", e Foumia, direttrice nelle scuole Unrwa: "Anche se malata sempre raccontava la sua vita. Molto brava, condivideva il Vangelo che leggeva spesso"

Antonella Palermo - Città del Vaticano

"Soffro tanto per loro. Dico a tutti i governanti del mondo: basta! Dite una parola di giustizia e di pace! Basta, il popolo ha sofferto tanto". La testimonianza di suor Nabila Saleh, della congregazione delle Rosary Sisters, arriva ai media vaticani da fuori Gaza, dove attualmente si trova. Ma la religiosa, di origini egiziane, per quindici anni ha vissuto a Gaza City, prima come direttrice della scuola privata più grande della Striscia, poi condividendo le giornate tremende della guerra con tutti gli sfollati che avevano trovato riparo nella parrocchia latina della Sacra Famiglia, colpita ieri, 17 luglio, da un bombardamento israeliano. A questa comunità così provata, la sua apprensione ininterrotta.

"So cosa è la guerra, basta!"

"Perché io so cosa è la guerra...". Suor Nabila è affranta. Prontamente ieri ha sentito la parrocchia dove ha vissuto, si è informata dei feriti, ha appreso delle vittime. "Mi hanno detto che hanno tanta paura che i bombardamenti vanno avanti e dicono 'basta non abbiamo più le forze'". Il pensiero va ai giovani, con i quali metteva all'opera il carisma di sostenerli nell'istruzione, e va a chi ha perso la vita, ai malati, agli anziani, ai religiosi che tengono accesa la fiaccola della speranza e che non hanno chiuso la porta all'accoglienza di chi è in fuga dagli attacchi bellici. 

Le vittime, "persone buone"

Suor Nabila ricorda le persone che sono morte nell'assalto israeliano alla chiesa. Foumia Issa Latif Ayyad "era molto buona, anche quando era malata sempre raccontava della sua vita, era la direttrice delle scuole Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) a Gaza, molto brava. Leggeva tanto il Vangelo e raccontava la sua esperienza con la Parola di Dio". La commozione e la preghiera di suor Saleh è anche per Saad Issa Kostandi Salameh, il portinaio. "Era molto buono e disponibile ad aiutare ogni persona nella chiesa, sempre pronto a servire". Martiri innocenti che hanno lasciato un segno di dedizione e di fede. "Era tanto tanto buono, anche calmo. Amava tutti", aggiunge ancora la suora, sottolineando che Saad a Gaza non aveva più nessuno dei familiari, il fratello è rifugiato a Ramallah. "Il Signore dia loro la pace e la vita eterna".

Una lacerazione continua

Sulla terza vittima accertata, una donna che ieri è rimasta ferita e che non ce l'ha fatta a sopravvivere, suor Nabila riesce a dire solo che "ha sofferto. Non la conoscevo tanto. È venuta da noi quando hanno bombardato la sua chiesa, la chiesa ortodossa, ha sofferto tanto". Ricorda che rimase già colpita quando, nell'ottobre di due anni fa, fu bombardata la parrocchia di San Porfirio, anche quel luogo sacro era diventato un riparo per tanti cristiani e già in quella circostanza la missionaria denunciava "il massacro" levando la sua voce lacerata e ferma: "Non si può restare in silenzio, non c'è giustizia".

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18 luglio 2025, 11:50