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L'arcivescovo metropolita di Parigi Ulrich pronuncia l'omelia durante la Celebrazione delle esequie del cardinale Vingt-Trois L'arcivescovo metropolita di Parigi Ulrich pronuncia l'omelia durante la Celebrazione delle esequie del cardinale Vingt-Trois

Vingt-Trois, l'arcivescovo Ulrich: una vita improntata alla carità e al dialogo

L'arcivescovo metropolita di Parigi ha presieduto nella cattedrale di Notre-Dame oggi, 23 luglio, le esequie del cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo emerito della capitale francese, morto a 82 anni lo scorso 18 luglio. Nell'omelia del presule, il ricordo del porporato che non voleva fiori né elogi per il suo funerale e ha scelto le letture: "Credeva che il prete irrigasse le vite degli altri con la grazia dell’incontro con Cristo"

Lorena Leonardi - Città del Vaticano

Un' eredità fatta non di parole ma di gesti, in grado di rimanere viva grazie al contributo offerto in tre ambiti: la liturgia, il dialogo tra Chiesa e mondo e la carità. È quella raccontata dall’arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich, che stamani, mercoledì 23 luglio, nella cattedrale di Notre-Dame de Paris, ha celebrato le esequie del cardinale André Vingt-Trois, morto a 82 anni lo scorso 18 luglio. Nell’omelia, ricordando il porporato presidente della Conferenza episcopale francese (Cef) dal 2007 al 2013 e arcivescovo di Parigi dal 2005 al 2017, Ulrich ha premesso che le letture ascoltate (Os 11; Sal 116; 1 Gv 4, 7-13; Gv 3, 1-21) erano state scelte da Vingt-Trois stesso, con il loro riferimento scritto su un biglietto da visita, dove aveva aggiunto che per il suo funerale non voleva né elogio funebre, né fiori, né corone, salvo una croce fiorita.

In processione all'ingresso di Notre-Dame
In processione all'ingresso di Notre-Dame

Le esequie semplici 

All’ingresso in processione, sacerdoti ordinati dal cardinale Vingt-Trois mentre era alla guida della sede metropolitana parigina hanno portato la bara all’altare. Quindi è stata data lettura del telegramma con il quale Leone XIV ha espresso cordoglio per la morte del porporato, definendolo “pastore buono e zelante”.

Il saluto dell’arcivescovo celebrante è stato seguito da alcuni riti: quello della luce, con il cero pasquale a rievocare la speranza della risurrezione e la consegna delle vesti liturgiche sulla bara. Ad adagiare la veste bianca, segno della vita ricevuta in Cristo, sono state due religiose; la stola, segno del sacerdozio, posta dal suo segretario particolare; la mitra a ricordo del suo episcopato, consegnata dal vescovo emeito di Versailles, Éric Aumonier, e il pallio, segno della comunione con il Papa e dell’autorità dell’arcivescovo metropolita, deposto dal cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo metropolita di Marsiglia e presidente della Cef.

La bara viene portata all'altare daI sacerdoti ordinati dal cardinale Vingt-Trois mentre era arcivescovo metropolita di Parigi
La bara viene portata all'altare daI sacerdoti ordinati dal cardinale Vingt-Trois mentre era arcivescovo metropolita di Parigi

Esempio di coraggio e rispetto

Pur rispettando “il desiderio di Vingt-Trois di non avere un elogio — ha detto Ulrich — non posso fare a meno di dire come la vita del cardinale sia stata attraversata dall’incontro con il Signore Gesù”, che lo ha trasformato. Ha poi ricordato come il defunto porporato non mancasse di “prendere posizione con coraggio” su temi quali la famiglia, la laicità  e il rispetto “dovuto a ogni persona, senza tetto, straniero o migrante”. L’arcivescovo metropolita ha poi ricordato i sei anni vissuti a fianco di Vingt-Trois come vicepresidente della Cef da lui presieduta: “Ho potuto osservare l’impronta che ha lasciato nell’arcidiocesi di Parigi, come ha fatto propria l’eredità del cardinale Jean-Marie Lustiger, imprimendole il movimento della sua personalità e della sua fine intuizione pastorale, così complementare a quella del suo predecessore”.

Sacerdote per portare amore

La riflessione è stata dunque condotta lungo la direttrice della liturgia, “luogo in cui il popolo cristiano incontra Dio”, che “ama il suo popolo come un padre può amare suo figlio”, ha rimarcato monsignor Ulrich, riferendosi al brano dal profeta Osea ascoltato in precedenza e menzionando il “profondo desiderio” che Vingt-Trois aveva “di manifestare questo amore misterioso che è così vicino”. Riferendosi poi al dialogo tra Gesù e Nicodemo narrato da Giovanni, e alla “nuova nascita” a cui Gesù invita il suo interlocutore, il presule ha evidenziato che il compianto porporato “aveva voluto essere prete per essere portatore di quell’amore e della lieta notizia della salvezza offerta a tutti” e “credeva profondamente che il prete fosse l’uomo dei sacramenti per irrigare le vite degli altri con la grazia dell’incontro con Cristo”.

Un momento delle esequie
Un momento delle esequie

In dialogo col mondo

Ancora, il presule ha evidenziato come il defunto cardinale concepisse che la Chiesa, “in mezzo agli alti e bassi della storia”, dovesse essere in dialogo col mondo e “continuare a proporre, attraverso le sue comunità e tutte le loro iniziative, progetti e azioni che permettano a coloro che Cristo ha unito a sé di mettersi al servizio degli altri e del Vangelo”. In particolare, il ruolo della Chiesa nel XXI secolo secondo il compianto cardinale non era “quello di salvaguardare il nostro patrimonio, né di riprodurre modelli ereditati dal passato, ma di testimoniare la vita dei cristiani, una testimonianza della presenza di Dio che può capovolgere una vita, una società, spostandola verso il bene, e senza la quale tutte le parole non servono a nulla”. Ha quindi proseguito citando quel “magnifico progetto di dialogo che è il Collège des Bernardins”, luogo centrale per la formazione dei futuri sacerdoti e forum di riflessione filosofica e scambio.

Un primo piano del cardinale Vingt-Trois (1942-2025)
Un primo piano del cardinale Vingt-Trois (1942-2025)

Un ministero della carità

Infine, la carità, “tratto distintivo del suo ministero”, ha ribadito l’arcivescovo elencando i Centri di aiuto fondati dal cardinale Vingt-Trois in ogni parrocchia, il festival della solidarietà e Hiver Solidaire, iniziativa che oggi mobilita una parrocchia su due a Parigi con 3.400 volontari e che solo quest’anno ha contribuito ad accogliere duecento persone senzatetto. Al termine della celebrazione, la bara è stata condotta, per la sepoltura, nella cripta degli arcivescovi, sotto il coro della cattedrale di Notre-Dame. Lì monsignor Ulrich ha pronunciato un’ultima preghiera, ricordando come, dalla Risurrezione di Cristo, “la tomba degli uomini è diventata, per i credenti, segno di speranza nella risurrezione”. 

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23 luglio 2025, 13:27