Un frammento di paradiso in terra: il chiostro Lateranense
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Ci sono luoghi dove il rumore della vita quotidiana che si agita per le strade, sempre trafficate e veloci, sembra sospeso in una bolla silenziosa di bellezza assoluta. Varcata la piccola porta che si apre poco prima del transetto della basilica di San Giovanni in Laterano, dopo la penombra sacra dello spazio della chiesa, gli occhi non vengono feriti dalla luce.
Alla vista si apre un grande chiostro. Lo sguardo rincorre la successione di campate del portico fiancheggiato da colonnette che racchiude uno spazio verde di prato e alberi. Tutto è silenzio. Solo, nel caldo estivo, si eleva la musica delle cicale che sembra portare l’odore del grano e dell’erba fresca. L’acqua che irriga le piante forma archi di zampilli dai colori iridati.
Sollevando lo sguardo dall’angolo sud ovest del porticato, si possono scorgere alcune delle grandi statue della facciata della basilica, tra cui quella centrale del Redentore, le lanterne di due cappelle della navata laterale sinistra e la facciata del braccio sinistro del transetto.
Il chiostro come immagine di vita comune
Eretto a partire dal 1222 sotto Papa Onorio III e completato nei decenni successivi, il chiostro del Laterano si configura come un simbolo della vita monastica ispirata alla regola di sant’Agostino. Costruito dai canonici lateranensi, sacerdoti diocesani che avevano adottato una vita comunitaria, il cortile aperto rappresenta un modello di fraternità, studio e preghiera condivisa. L’iscrizione musiva ancora leggibile, Claustri structura sit vobis docta figura, sottolinea come la stessa architettura del chiostro sia una “figura dotta” di questa vita comune, un’immagine che invita alla riflessione sulla funzione educativa e spirituale di questo spazio.
Il capolavoro cosmatesco: marmi, mosaici e decorazioni
Il chiostro è considerato uno dei più celebri esempi di arte cosmatesca in Italia, insieme a quello della basilica di San Paolo fuori le mura. La sua struttura quadrata - ogni lato misura 36 metri - è circondata da un portico ad arcate ribassate, sostenuto da colonne di spoglio e da una selva di colonnine dalle forme diverse. L’uso sapiente di marmi e di mosaici crea un gioco di luci e colori affascinante. L’iscrizione che firma l’opera, conservata su una parete del chiostro, ricorda Pietro Vassalletto e suo padre, attivi a cavallo tra XII e XIII secolo. E testimonia, soprattutto qui, la presenza di una vera e propria dinastia di artisti e artigiani specializzati nel marmo, capaci di fondere geometrie e figure in un linguaggio visivo di rara eleganza.
Siamo a Roma ma si percepisce il vento esotico di influenze arabe e bizantine. Linee sinuose o geometrie rigorose, tessere di pasta vitrea vivaci dove il rosso, il nero e l’oro che decorano le colonnette e le trabeazioni non vincono il candore dei marmi. E accanto ai capitelli decorati con motivi vegetali e piccole figure dai tratti mostruosi o fantastici, ci sono coppie di leoni e sfingi. Stanno a guardia dell’accesso al pozzo, detto “della Samaritana”, al centro della corte, con la vera in marmo decorata a rilievo di epoca carolingia.
Memorie del passato
Lungo le pareti sono conservati alcuni resti architettonici, rilievi, lastre tombali e opere d’arte che contribuiscono a ricostruire le fasi di vita più antiche della basilica di San Giovanni, dalla primitiva iscrizione sulla facciata, alla “sedia stercoraria”, la cattedra papale medievale, simbolo di umiltà e di responsabilità. Si conserva anche il sepolcro per Riccardo Annibaldi scolpito da Arnolfo di Cambio, un'opera che anticipa l'umanesimo del Rinascimento e la lapide con il volto di Lorenzo Valla, che fu canonico lateranense. Infine vi sono anche alcune reliquie, come la tavola in marmo su cui i soldati si sarebbero spartiti la veste di Cristo.
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