MAP

L'incontro di oggi a palazzo Borromeo L'incontro di oggi a palazzo Borromeo 

Cei, tutela dagli abusi: più segnalazioni e fiducia, poco dialogo con le istituzioni

La terza rilevazione, pubblicata dal Servizio nazionale per la tutela minori e adulti vulnerabili, presentata oggi a Palazzo Borromeo, segnala 115 presunte vittime nel biennio 2023-24. La risposta capillare della Chiesa italiana con l'aumento dei servizi locali e la formazione degli operatori. L'appello di monsignor Baturi ai giovani

Guglielmo Gallone – Città del Vaticano

Una rete che si allarga, si struttura, si fa concreta. E che deve rispondere a una sfida molto impegnativa: nel 2023-2024 le presunte vittime di abusi sono state 115, di cui 64 maschi e 51 femmine. Nel biennio di riferimento i casi di presunti abusi sono stati 69, di cui 27 consumati in parrocchia e i cui presunti autori sono quasi tutti chierici (67). È questa l’immagine che restituisce la terza rilevazione sulle attività per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, pubblicata dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) e presentata oggi a palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

L’impegno della Chiesa

Il rapporto ha permesso però anche di monitorare l’impegno della Chiesa a livello territoriale: la Cei ha aumentato i servizi locali, ha formato sempre più operatori, ha ampliato il radicamento sul territorio, contribuendo così a rafforzare l’idea che proteggere, prevenire e formare non sia solo un obbligo morale, bensì un processo ecclesiale da costruire insieme in quanto comunità. Avviata nel 2019 e aggiornata l’ultima volta nel 2023 con cadenza biennale, la terza edizione della rilevazione promossa dal servizio nazionale per la tutela dei minori e adulti vulnerabili della Cei analizza le attività dei servizi regionali, diocesani/interdiocesani e dei centri di ascolto nel biennio 2023-2024. Oltre ai dati sopracitati, dal rapporto emergono anzitutto una forte partecipazione all’iniziativa, con 184 diocesi (il 94,2% del totale) e oltre 1.100 persone presenti agli incontri (il picco c’è stato nel 2022 con oltre tremila partecipanti), e una crescita significativa dell’impegno formativo che, peraltro, non si limita a presbiteri e religiosi. Nel 2024 il 46,7% dei referenti è laico (rispetto al 39,7% del 2022) e le équipe di esperti, in maggioranza laici e in leggera prevalenza donne, tra cui spiccano psicologici ed educatori, sono presenti nel 78,3% dei servizi. Tutto ciò sembra stia rafforzando non solo la partecipazione agli incontri formativi (22.755 nel 2024) in cui si parla principalmente di rispetto della dignità dei minori e buone prassi in parrocchia, ma anche la fiducia da parte delle vittime: i contatti coi 103 centri di ascolto sul territorio sono passati da 38 nel 2020 a 373 nel 2024. Numeri che richiedono un sempre maggiore impegno e credibilità da parte delle istituzioni per almeno tre motivi. Il primo: la fascia d’età più colpita tra le presunte vittime di abusi è quella di 10-14 anni (31,3%). Inoltre, la maggior parte dei presunti autori di abuso è chierico e quasi tutti sono maschi (65 su 67) intorno ai cinquant’anni. Terzo e ulteriore motivo è che ben 52 responsabili dei Centri di ascolto su 66 non sono a conoscenza di eventuali denunce in sede civile.

La chiave della relazione

Occorre dunque educare, sensibilizzare, chinarsi verso chi ha bisogno. Su questi temi si è svolto l’incontro al palazzo Borromeo. Dopo i saluti istituzionali dell’ambasciatore Francesco Di Nitto, Paolo Rizzi e Barbara Barabaschi dell’Università Cattolica di Piacenza hanno presentato i servizi attivi, gli operatori impegnati e le tremila iniziative di formazione svolte in soli due anni. La parola-chiave, per tutti, è stata “relazione”. Perché è lì che nasce la cura, è lì che si spezza l’isolamento col mondo esterno. Lo ha sottolineato, durante la tavola rotonda moderata da Ignazio Ingrao, monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI, secondo il quale "la Chiesa è la realtà più capillare in Italia e noi dobbiamo continuare a fare la nostra parte affinché tutti possano pensare di fare la propria parte: aiutare le diocesi più piccole e più deboli, valorizzare i centri di ascolto stabilendo una relazione di fiducia, promuovere realtà anche a livello locale e culturale, ad esempio con le università. Consapevoli, però, che il primo antidoto culturale è il Vangelo. Questo crea fiducia, unità e per noi, come ci ha insegnato Papa Francesco, significa prendere sul serio il problema» così da educare alla responsabilità e rendere la Chiesa sempre più casa sicura".

L'impegno verso i giovani: "Non abbiate paura"

Una missione ancora più in linea con l'appello rivolto ai giovani da Papa Leone XIV a "non avere paura", sottolinea monsignor Giuseppe Baturi in un'intervista ai media vaticani: «Anzitutto da parte nostra significa non avere paura di affrontare il tema anche nella sua portata criminale: verificare i fatti, accertare la verità, punire il reo, creare giustizia, sanare le ferite e cogliere le radici profonde di comportamenti contro il Vangelo. Non avere paura per noi Chiesa significa affrontare il tema, sapendo che è una questione di credibilità e che ci renderà un luogo di vera misericordia». 

Ascolta l'intervista con monsignor Baturi

L’importanza di una Chiesa trasparente

«Si deve fare ancora di più», ha aggiunto monsignor Baturi, «il territorio nazionale è coperto, ma il centro d’azione è interdiocesano. Dovremmo creare altri centri di ascolto più prossimo alla vita ordinaria delle persone. Questo significherebbe che la tutela del minore corrisponde a una pastorale ordinaria: significa che si svolge lì, dove la gente vive». Gli ha fatto eco monsignor Luis Manuel Alí Herrera, della Pontificia Commissione per la tutela dei minori: «Gli elementi su cui spingere in modo particolare mi sembrano questi: un modello territoriale multilivello, una sinergia tra le diocesi e le realtà locali e nazionali istituzionali; la formazione come leva di cambiamento culturale; l’integrazione tra dimensione ecclesiale e dimensione civile, ossia la collaborazione con enti pubblici in nome dell’alleanza e di una Chiesa sinodale, trasparente». 

Formazione e prevenzione

Monsignor Herrera ha dunque concluso il suo intervento con due considerazioni volte a capire se si sta favorendo una vera apertura a livello tanto ecclesiale quanto comunitario e se si sta incoraggiando un processo culturale di fiducia e di avvicinamento verso la Chiesa da parte delle vittime. «Il percorso di questi cinque anni è stato significativo – ha chiarito Chiara Griffini, presidente del Servizio Nazionale – se i primi tre sono stati quelli della sensibilizzazione, gli ultimi due sono stati quelli dei sussidi e dell’operatività. Questo è necessario sottolinearlo. I centri di ascolto territoriale sono sempre più in relazione con le istituzioni civili ma devono diventare anche persone di cui farsi carico nel tempo e con cui stabilire un rapporto fruttuoso, fecondo per tutti. Questo ci consente di presentare già oggi le buone azioni come un modello, non solo in termini di ascolto ma anche di azione, prevenzione e occupazione. Siamo allineati. La strada è stata aperta. Questi cinque anni sono stati di rodaggio. Ora dobbiamo invertire il trend e rendere la tutela permanente all’interno della missione della Chiesa».

Il coordinamento per la continuità

Infine, nell'ultimo panel don Francesco Airoldi, cancelliere della diocesi di Bergamo, Anna Deodato, consacrata e formatrice, e don Antonio Rizzolo, delle edizioni San Paolo, hanno presentato i due nuovi sussidi “Buone prassi” e “Formazione vita consacrata”. A dare sostanza a questa narrazione sono stati anche i dati qualitativi emersi: la crescita dei centri di ascolto, le reti regionali sempre più collaborative, la varietà di approcci sperimentati dalle diocesi. Ma la sfida resta quella del coordinamento e della continuità. Custodire, ascoltare, curare: non slogan, bensì traiettorie concrete, tracciate da Papa Francesco ai referenti dei servizi e ai responsabili dei centri di ascolto nel loro primo incontro nazionale in cui veniva presentata al pontefice stesso la seconda rilevazione. E oggi, nella sala dell’ambasciata, in pieno spirito di continuità tra Papa Francesco e Papa Leone XIV, si è respirata l’urgenza e la speranza di far vivere questi messaggi in ogni parrocchia, in ogni territorio, in ogni relazione.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

28 maggio 2025, 17:57