Carceri, le porte del Beccaria aperte ai cittadini per la Messa domenicale
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Non solo violenza né evasione: l’Istituto di pena minorile di Milano è anche servizio alla cittadinanza, in questo caso dei fedeli del quartiere vicino che vogliono andare a Messa la domenica avendo però le parrocchie lontane. È con questo spirito pastorale che “i due cappellani†della struttura – quello storico e quello in carica – hanno pensato di aprire la chiesa del carcere - che si trova sotto al Teatro Puntozero e ha un ingresso separato che dà all’esterno - ai cittadini ogni domenica alle 10.30 per la celebrazione settimanale. “Qua davanti ci sono circa mille famiglie che sono venute ad abitare nelle case appena costruite – racconta a Radio Vaticana-Vatican News don Gino Rigoldi – per lo più giovani con bambini piccoli, in tutto saranno quattro-cinquemila persone, un piccolo paese, che non ha una chiesa perché le parrocchie del territorio non sono molto vicineâ€.
Un ponte tra dentro e fuori
Un’iniziativa semplice, che si pone come un ponte gettato tra dentro e fuori il carcere e che porta giovamento a tutti: ai cittadini, cui viene offerto un servizio, e ai detenuti, che anche se non presenti fisicamente per motivi di sicurezza, in realtà sono sempre presenti e si prega per loro. “Siamo in una fase di pacificazione e ricostruzione – prosegue don Virginio che tutti qui chiamano Gino – perciò stiamo portando una decina di ragazzi a Messa ogni domenica, speriamo in futuro di portarne di più. Molti sono stranieri e appartengono ad altre fedi, ma chiedono di venire comunque. Ogni tanto capita che qualcuno scappi a fare la Comunione, io spiego che quella è riservata ai cattolici, ma certo non sto a inseguirli. Credo che Gesù sia di bocca buona e poi siamo tutti suoi figli, no?â€.
Perché andare a Messa in carcere?
Perché assistere ad una Messa in un istituto di pena? Don Gino risponde senza giri di parole: “Perché si è nel posto giusto, il carcere era ed è uno dei luoghi privilegiati da Gesù , è un segno di fraternità cristiana. E io credo che la Messa da noi doni qualcosa di più di una Messa celebrata altroveâ€. Certamente anche per la presenza dei tantissimi stranieri, in prevalenza di religione musulmana. “Sono loro i primi a insegnarci che Dio è uno solo, solo che loro lo chiamano Allah – aggiunge Rigoldi – inoltre ci dicono che, riconoscendo loro il profeta Gesù e sua madre Maria, hanno il diritto di stare qui e pregare insieme a noiâ€. Ineccepibile.
Dalla “non- Messa†alla riflessione comunitaria
L’idea della Messa ogni domenica è scaturita dagli incontri che i sacerdoti avevano spesso in chiesa con la popolazione detenuta. “Celebravo una specie di non Messa – scherza l’ex cappellano – ciascuno parlava della sua esperienza di Dio, di che faccia potesse avere, di cosa volesse da Lui e di qual fosse il suo rapporto con Lui: erano momenti di vera comunicazione spiritualeâ€. Per il futuro, inoltre, don Gino spera di organizzare anche momenti in cui riflettere insieme sul mondo del carcere, ma anche su altri temi legati ai giovani e al loro disperato bisogno di paternità. “Noi qui dentro facciamo educazione e la facciamo attraverso il paradigma della relazione – conclude il sacerdote – significa addestramento a stare con gli altri e con se stessi in maniera costruttiva e positiva. E poi non dimentichiamo che l’altro nome della relazione è amoreâ€.
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