Iraq. Covid-19: il clero caldeo di Baghdad dona il proprio stipendio per l'emergenza
Giada Aquilino - Città del Vaticano
“Adesso, in questo momento di Coronavirus anche in Iraq, c’è ancora più bisogno di fare del bene a tuttiâ€. Così monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del Patriarcato caldeo di Baghdad, commenta a Vatican News la decisione presa dal cardinale Louis Raphaël I Sako di devolvere gli stipendi del clero caldeo della capitale irachena in sostegno della popolazione durante l’emergenza Covid-19, che nel Paese del Golfo ha fatto registrare ad oggi oltre 1.600 casi, con più di 80 vittime.
Dal Patriarca a tutti i sacerdoti
Un provvedimento, spiega monsignor Warduni, che interessa tutti, “dal Patriarca all’ultimo sacerdote caldeo di Baghdadâ€. In città, aggiunge, “non ci sono solo caldei, che costituiscono la maggioranza, ma ci sono anche altre denominazioni cristiane: per quanto riguarda noi caldei, a Baghdad non ci saranno più di 20 sacerdoti, oltre a tre ausiliari e al Patriarca, pensando pure a qualche altro amico che vorrà unirsi: saremo una trentina. Poi ci sono anche le religiose, che certamente vorranno partecipareâ€. Si segue, ricorda, “il consiglio del Vangelo per cui coloro che hanno bisogno vengono aiutati dai fratelli cristiani†e si prega il Signore “perché questo Coronavirus finiscaâ€. “Perciò - prosegue - il Patriarca con gioia lascia il suo stipendio e ogni sacerdote dice: anch'io partecipo! Noi tutti partecipiamo per le necessità dei nostri fratelliâ€.
Stanziati già 90 mila dollari
Si tratta di un segno concreto di vicinanza emerso dalla riunione indetta giovedì scorso dal cardinale Sako con tutti i sacerdoti di Baghdad, a cui ha preso parte lo stesso vescovo Warduni: il contributo si aggiunge ai 90 mila dollari già stanziati dal Patriarcato caldeo, perché la pandemia per l’Iraq “è una cosa veramente tremenda: nessuno- osserva monsignor Warduni - è tranquillo, tutti hanno paura per le medicine, per gli ospedali, non sapendo poi nulla di questo Coronavirus. Cristiani e non cristiani si chiedono come sia arrivato, come possa passare. Ma tutti quanti pregano secondo la propria religione e chiedono al Signore di aiutarci e darci la forza di superare questo momentoâ€.
Chiese e moschee chiuse
Per evitare assembramenti, le Chiese del Paese “da oltre un mese e mezzo sono chiuse al pubblico†e restano sospese tutte le attività di gruppo nelle parrocchie, compresi il catechismo e le iniziative per i più giovani. Rafforzato, ove possibile e con i criteri raccomandati, l’uso della rete e dei social media. È intanto cominciato il Ramadan, il tradizionale mese sacro per i musulmani di tutto il mondo. In Iraq, dice il presule, “anche le moschee sono chiuse, si recita solo la preghiera, perché il governo ha deciso che tutti i luoghi di culto siano chiusiâ€. “Si prega quindi a casa: noi abbiamo invitato le nostre famiglie a pregare il rosario per la pace e la guarigione di quanti hanno avuto questa malattiaâ€.
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