Annunciare la Bibbia ai disabili: un corso ad Assisi
Dal 15 al 19 luglio, due settori dell’Ufficio catechistico della Chiesa italiana, quello dedicato alla Catechesi per le persone disabili e quello dell’Apostolato biblico, hanno organizzato ad Assisi – presso la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli – un corso di formazione per insegnare a “tradurre e spiegare la Bibbia senza escludere nessunoâ€. “L’idea – spiega a Radio Vaticana Italia don Dionisio Candido, responsabile del Settore dell'Apostolato biblico della Cei – è quella di portare avanti l’attenzione di tutta la Chiesa affinché la Bibbia sia accessibile a tutti, nessuno esclusoâ€. “Serve una duplice competenza. Capire in profondità il testo biblico e il suo modo di esprimersi e conoscere e capire chi sono i fruitori, in particolare le persone con varie disabilità, per poter includere anche loro nel messaggio di evangelizzazione e catechesiâ€.
Una catechesi inclusiva
Ad Assisi sono presenti in questi giorni poco più di cento delegati a livello diocesano e regionale che fanno riferimento ai due settori: animatori biblici e responsabili dei settori per la catechesi delle persone disabili. Entrambi i gruppi partecipano a una prima fase ‘fondativa’, dedicata allo studio di alcuni brani dell’Antico e Nuovo testamento e poi alla fase dei laboratori in cui trasformano queste nozioni in veri e propri progetti di catechesi inclusiva per le persone disabili.
Nella nostra “lingua nativaâ€
“Abbiamo scelto come titolo del corso un versetto degli Atti degli Apostoliâ€, spiega don Candido. â€œÈ quello che esprime la sorpresa della folla di Gerusalemme di fronte agli Apostoli dopo la Pentecoste e che recita ‘Li sentiamo parlare nella nostra lingua nativa’. La Bibbia è infatti una serie di libri che nel corso della storia della Chiesa sono stati tradotti nelle varie lingue del popolo, della gente. E questo fa parte del nostro patrimonio, della nostra sensibilità ecclesialeâ€. “Quindi – prosegue il biblista – la Parola di Dio, pur essendo unica, parla le lingue dei popoli e l’immagine tradizionale che ha tradotto questo percorso intellettuale è proprio quella della Pentecosteâ€. “I primi Apostoli, dopo il dono dello Spirito, parlano infatti una lingua comprensibile a tutti. Da qui la metafora di questa pagina biblica come simbolo della capacità di comunicare con chi non può parlare, non può vedere o udire. Infatti, l’immagine della Pentecoste è quella di una Chiesa che apprende i linguaggi della gente e li parla affinché la Parola sia sempre accessibile a tuttiâ€.
Tenere insieme competenze diverse
“Bisogna avere pazienza e tenere insieme queste due competenze – prosegue il responsabile dell’Apostolato biblico – entrare sempre di più nel mondo della Parola di Dio, del suo modo di esprimersi, delle sue immagini e metafore. Ma allo stesso tempo sapere com’è possibile esprimersi correttamente, affinché le persone con diverse disabilità, che vanno da quelle fisiche a quelle psichiche, possano entrare nel mondo della Bibbiaâ€. “La collaborazione fra questi due settori vuole venire incontro a questo bisogno ecclesiale e servire le diocesi, affinché chi frequenta questi corsi o attinge al lavoro che si sta facendo in questi anni, possa poi riversarlo nella vita delle chiese localiâ€.
Convertirsi a una nuova sensibilità ecclesiale
“Questa sensibilità, questa preoccupazione affinché nessuno sia escluso dall’accesso alla Bibbia, è maturata nei secoliâ€, spiega ancora il sacerdote. “Dobbiamo imparare a riconoscere le diverse disabilità e sono competenze che non sono affatto scontate per tutti gli enti e le persone impegnate nella catechesiâ€. â€œÈ un po’ un segno dei tempi: la capacità di guardare in faccia le persone e dare loro centralità significa interpretare i loro bisogni e le loro capacità di apprendimento. Questo significa che dobbiamo piegarci a una catechesi personalizzata. Tutto ciò richiede una vera e propria conversione: una crescita di sensibilità ecclesialeâ€.
Una Bibbia per i ‘poveri’, secondo tradizione
“Questo corso – conclude don Candido – ci sta consentendo di recuperare una cifra tipica della Parola, il fatto che sia rivolta ai ‘poveri’. Dove per ‘poveri’ s’intende anche chi ha meno strumenti intellettuali. Ma tutto ciò è nella tradizione della Chiesa. La prima Bibbia dei ‘poveri’ è stata quella dell’arte pittorica o scultorea, dell’architettura: le cattedrali erano proprio considerate la Bibbia dei ‘poveri’, proprio perché consentivano a tutti di avere accesso al messaggio biblico attraverso le immagini. Quindi si tratta in fondo di recuperare il meglio della nostra tradizione ecclesiale per evitare di escludere, paradossalmente, i primi destinatari del messaggio evangelicoâ€.
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