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Mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico d'Anatolia Mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico d'Anatolia  

Le celebrazioni in Turchia per i santi Pietro e Paolo

Il vicario apostolico di Anatolia, mons. Paolo Bizzeti, descrive i preparativi per le celebrazioni che si svolgeranno in Turchia in occasione della Festa dei SS Pietro e Paolo e spiega le ragioni di questa indissolubile associazione

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Il centro delle celebrazioni – che prevede anche la preghiera comune del Padre Nostro e dell’Ave Maria - sarà la “Grotta di Pietroâ€, l'antica chiesa rupestre sul monte Silpius, riaperta alle visite nel 2015, dopo un restauro durato molti anni.

Mons. Bizzeti, quanto sarà forte la connotazione ecumenica di questa festa?

R. – Sì, sarà una festa ecumenica anzitutto, perché la celebriamo insieme con i fratelli ortodossi. Quindi il 28 sera ci saranno i Vespri solenni nella Chiesa ortodossa, e il giorno dopo, nel pomeriggio, ci sarà la celebrazione dell’Eucaristia nella Chiesa cattolica. Ma quello che è interessante è che la mattina del 29 ci sarà una celebrazione di carattere più pubblico, più laico, dove saranno presenti anche le autorità del comune di Antiochia. È una tradizione: anche questa si fa presso la cosiddetta “Grotta di san Pietro†dove interverrà il nunzio del Vaticano, mons. Paul Russell, le autorità cittadine, il Patriarca ortodosso, e anche io sarò presente. Quindi sarà una celebrazione ampia, articolata, con un valore ecumenico e civile. Il valore di fare memoria, per noi cristiani in particolare di fare memoria di Pietro e Paolo, consiste nel fatto che sono due persone molto differenti, che hanno avuto dei percorsi anche come discepoli di Gesù differenti; hanno avuto anche modalità differenti di esercitare il loro ministero, e però sono sempre stati uniti, pur a volte nelle differenze e nello scontro, ma rimanendo sempre nella piena comunione. E il popolo cristiano, con felice intuizione, li ha sempre associati in modo indissolubile. Quindi è un forte messaggio di unità nella diversità.

Con quale spirito si può andare alla riscoperta delle radici cristiane nella terra di San Paolo?

R. – Intanto diciamo che non ci sono problemi per i pellegrinaggi. Il Paese è tranquillo, si può andare senza nessun problema di sicurezza. Quello che è importante è che i pellegrini cristiani non vengano semplicemente per vedere le pietre morte, ma incontrino quelle vive, e soprattutto escano da quel turismo di massa un po’ consumistico che alla fine crea soltanto delle divisioni e barriere tra i popoli, anziché delle occasioni di incontro. Purtroppo, il turismo religioso molto spesso si è un po’ adeguato agli standard del turismo più grossolano, e non basta, per fare un pellegrinaggio, celebrare una Messa in una sala di albergo o in una Chiesa. Ci vuole uno stile che sia diverso, ci vuole un incontro con la Chiesa vivente. La Turchia non è un museo della cristianità: ci sono Chiese cristiane vive e molto interessanti nelle loro esperienze attuali, quindi i pellegrini cristiani sono i benvenuti; ma le agenzie che curano questi pellegrinaggi, anche le agenzie diocesane, devono rinnovarsi nel loro stile.
 

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26 giugno 2019, 13:54