Migranti. Appello Caritas: no alla paura ma aprirsi a gioia dell’incontro
Federico Piana - Città del Vaticano
L’obiettivo è arduo da raggiungere ma non impossibile: costruire comunità consapevoli ed inclusive. La sfida l’ha lanciata la Caritas, al termine delle riunioni di presidenza e del consiglio nazionale, con un appello a tutti gli uomini di buona volontà. “Dobbiamo essere – ha ammonito il cardinale Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana – lievito, luce e sale perché ogni comunità cresca nell’amore e passi dalla sindrome della paura e della chiusura alla gioia dell’incontro e dell’accoglienzaâ€. Il pensiero è rivolto soprattutto ai migranti, poveri senza patria e senza affetti, che chiedono di essere accolti ed amati. Senza riserve, come comanda il Vangelo.
Accoglienza e solidarietà, parole che devono trovare cittadinanza
Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italiana, ci tiene a precisare che quando si parla di ‘comunità’ non si fa riferimento solo alla generica ‘famiglia umana’ ma, entrando nel concreto, anche a “quella europea, nazionale, a quella delle nostre città. Ed è qui che l’accoglienza e la solidarietà devono trovare cittadinanzaâ€. Per superare la cultura della violenza e del rifiuto dell’altro occorre che i cristiani tornino a collegare fede e vita. Paolo Beccegato ne è convinto: “Il rischio è quello paventato più volte da Papa Francesco, quello di una fede disincarnata o di una fede troppo incarnata che perde di vista il soprannaturale, Dio. Occorre unità di vita, riconoscendo Cristo presente nei sacramenti e nei poveri, come ci ha ricordato il cardinale Montenegroâ€.
La comunità internazionale si impegni a bloccare meccanismi iniqui
Caritas Italiana, nel suo appello alla società civile, chiede di riflettere “sulle cause delle migrazioni, conseguenza dell’ingiustizia sociale a livello globaleâ€. E sprona la comunità internazionale affinché “possa trovare risposte capaci di incidere sui meccanismi iniqui generando nuovi spazi di condivisioneâ€. Paolo Beccegato riflette sul perché il mondo occidentale, delle nazioni benestanti, negli ultimi anni abbia preferito alzare muri anziché costruire ponti: “La prima e più importante colpa è stata della crisi che ha fatto impennare la disoccupazione e le diseguaglianze. Nel mondo la forbice tra ricchi e poveri si è allargata enormemente e questo genera tensioni e rifiuto dell’altroâ€.
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