L'arte e la parola per raccontare l'altro e restituirgli un volto
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
“Non si può raccontare un essere umano, se non lo vedi fisicamente: devi dargli la mano, devi sederti nella sua tenda”, secondo la giornalista Laura Silvia Battaglia, reporter in luoghi difficili, segnati da guerra e sofferenze, quali lo Yemen o l'Iraq. È così che si può tentare di Restituire il volto all’umano, come vuole il tema dell’incontro che si è tenuto oggi nella sala San Pio X, a chiusura della mostra personale dell'artista Adrian Paci. "Empatizzare, ma non vittimizzare l’altro", ha precisato la giornalista. Raccontarlo attraverso una vera conoscenza. "Dignità" è una delle parole che più spesso ha sentito ripetere dalle persone che ha incontrato nel suo lavoro, una dignità che passa per una comunicazione rispettosa della loro storia, da una vera condivisione, dallo spezzare il pane insieme, per andare più in profondità, senza fraintendere l'altro o offenderlo con atteggiamenti di chi si pone su piano superiore.
Incontrare un volto preciso
Anche per Adrian Paci - che ha conversato con la curatrice della sua mostra e presidente della Pontificia Accademia Belle Arti e Lettere, Cristana Perrella - non si può generalizzare: “Devo incontrare un volto preciso”. Un volto la cui intensità è complessa, fatta non solo di ciò che è evidente, ma anche di oscurità e di enigmi da portare alla luce”. In questo momento storico si sente un forte senso di impotenza: “L’arte per poter articolare la propria possibilità deve sempre confrontarsi con la propria impossibilità, come l’eloquenza con il silenzio”.
Abitare e raccontare
Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l'educazione, ha sottolineato due necessità dell’essere umano: l’abitare, homing, e il raccontare, story telling. “Abitare – ha detto il cardinale – non è un verbo neutro per nessuno”. Anche i luoghi precari in cui a volte passano gli esseri umani avrebbero bisogno di una parvenza di casa. Allo stesso modo, “raccontare la propria storia è una pratica vitale”.
Vedere noi stessi nell’altro
“Viviamo un tempo davvero difficile che – ha osservato il prefetto del Dicastero per la comunicazione Paolo Ruffini - ci ha reso incapaci di levare lo sguardo”. Il dovere, anche nell’informazione, è quello di “vedere noi stessi nell’altro”. Un imperativo urgente in questo momento, in cui, come ha ricordato Ruffini, nella mente e nel cuore ci sono le immagini di Gaza e dell’Ucraina.
Un'arte che scuota le coscienze
"Abbiamo bisogno di un corpo, di un nome, per agganciare la nostra pietà, e provare empatia", ha detto Cristiana Perrella. Per la curatrice è importante ragionare sulla possibilità dell'arte di scuotere le nostre coscienze, dando un volto e una storia anche ai fatti enormi del nostro presente.
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