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Le voci dei fedeli rimasti in Terra Santa: uniti a chi è a Roma per chiedere la pace

I due giovani Maria Andréia e Marcelo Paulo, dalla Comunità Shalom di Nazareth, non sono riusciti a essere nella Città Eterna per il Giubileo, a causa del conflitto. "? bello comunque sapere che la nostra vita trova senso per gli altri. In questa guerra il popolo soffre, la persona umana soffre. Siamo raggiunti dalla preghiera di tanti che implorano la pace, soprattutto in Medio Oriente, e ci uniamo anche noi alla Chiesa. Viviamo un tempo delicato di divisione e ferite, ma ci affidiamo a Dio"

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Nell'impossibilità, a causa della guerra, di partire per Roma e condividere insieme a migliaia di altri giovani l'esperienza del Giubileo, i giovani di Terra Santa obbediscono con affidamento alla necessità di restare nei luoghi santi, accanto a chi soffre per il conflitto. Un ragazzo e una ragazza di origini brasiliane, missionari nella Comunità Shalom a Nazareth raccontano il senso del loro presidio di fede e preghiera.

Maria Andréja: prego nei luoghi santi, è un tempo di grazia

Maria Andréia Bernardo in questi giorni si trova tra Gerusalemme e Betlemme. "Avevo preparato tutto per andare a Roma ma con la guerra le compagnie hanno cancellato i voli e non sono più potuta venire. Pregando, ho sentito la voce del Signore che mi diceva con molta chiarezza che sarebbe stato meglio restare in Terra Santa, non venire al Giubileo. Ho capito, in queste due settimane, che il Signore mi voleva qui con Lui, unendo il mio cuore al cuore dei giovani che sono a Roma", racconta. "Sono a pregare nei luoghi santi, tante volte da sola, con la forza che viene dal suo Spirito. È un tempo bellissimo, di grazia, di intercessione vissuta non solo a parole ma nella carne. È bellissimo".

Maria Andréia
Maria Andréia

"È bello sapere che non si è soli"

Condivide la tenerezza di incontrare, nella terra dove è nato Gesù, persone con carismi diversi: "È bello comunque sapere che non siamo soli. C'è tutta un'espressione cristiana, di Chiesa viva e che dà la vita in questa terra. Come è bello viverla e sapere che la nostra vita trova senso nel vivere per gli altri, nell'intercessione per chi soffre. In questa guerra il popolo soffre, la persona umana soffre". Maria Andréja sottolinea che la sua intercessione è per il cuore dell'uomo che ha bisogno di essere riconciliato con Dio. "Unisco il mio cuore al Papa, al nostro fondatore che è lì a Roma. Mi sento profondamente unita ai giovani che sono lì. Il Signore mi ha voluto concedere questo rinnovamento in Gesù. Posso fare compagnia a Lui, solo, nel tabernacolo, per tutte le nazioni in guerra e in modo speciale per il Medio Oriente. Mi unisco alla moltitudine di ragazzi che pregano". 

Ascolta Marcelo Paulo e Maria Andréia

Marcelo Paulo: un tempo di ferite ma la preghiera ci raggiunge

Anche Marcelo Paulo do Nascimento, è un consacrato della Comunità Shalom e segue da lontano il Giubileo dei giovani. "Riconosciamo che il mondo ha bisogno di testimoni di speranza e di pace, e non c'è modo più concreto e incisivo per testimoniarlo che attraverso la Chiesa riunita, che ci mostra giovani provenienti da tanti luoghi del mondo che si riuniscono per pregare insieme e vivere insieme la fede", dice da Nazareth. "Siamo raggiunti dalla preghiera di tanti che implorano la pace, soprattutto in Medio Oriente e ci uniamo anche noi alla Chiesa. Viviamo un momento delicato di divisione e ferite". Ed esorta: "Non abbiamo paura di testimoniare la nostra fede, di vivere il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo e di annunciarlo con la nostra vita. In Lui è la nostra speranza".

Marcelo Paulo
Marcelo Paulo

Restare vicino alla gente provata dal pericolo

Marcelo si sofferma sullo stile della sua vocazione spiegando che la missione sua è proprio assicurare una presenza, "vicino alla gente in mezzo a tanta incertezza, ai pericoli, alle insicurezze. È già un grande conforto per le persone". La Basilica dell'Annunciazione è normalmente luogo di accoglienza di pellegrini da tutto il mondo: "Ovviamente in questo periodo è diminuito enormemente il numero, ma continuiamo ogni settimana a organizzare eventi nella chiesa. Noi della Comunità Shalom cerchiamo di essere ancora più vicini ai giovani e alle famiglie. Curiamo incontri di preghiera nella nostra casa, offriamo accompagnamento spirituale a Nazareth, Haifa e nelle città vicine. Durante gli attacchi più intensi - precisa Marcelo -, come missionario ho provato paura, ho sentito dentro di me la sofferenza delle persone qui che non avevano rifugi dove andare. Speriamo di raggiungere la pace, ciò che possiamo fare noi è offrire la nostra preghiera. È comunque una bella esperienza di unità, un segno di fede, di incoraggiamento ad andare avanti". 

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02 agosto 2025, 09:52