A Teramo meeting "La Scienza per la Pace", Viganò: dalla speranza nasce la conoscenza
Edoardo Giribaldi — Città del Vaticano
“La speranza non può essere pensata senza una forma di sapere, e la conoscenza autentica - non quella tecnica né solo descrittiva - custodisce in sé un’apertura che la rende strutturalmente affine alla speranza”. È su questo assunto che monsignor Dario Edoardo Viganò, vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze (Pas), ha aperto il suo intervento - dal titolo “La conoscenza, anima della speranza” . in occasione del III meeting internazionale "La Scienza per la Pace", che si apre oggi, 4 luglio, presso il Parco della Scienza di Teramo e che prosegue domani alla Casa Maria Immacolata di Giulianova.
Una conoscenza che spera
Nella prima parte del suo intervento, Viganò ha riflettuto sulla speranza come attesa conoscitiva, prendendo le mosse dalle Confessioni di Agostino: “Et tota spes mea non nisi in magna valde misericordia tua”, ovvero “ogni mia speranza è posta nell’immensa grandezza della tua misericordia”. Dietro questa formula devozionale, ha spiegato, si cela “una teoria della conoscenza”: “La spes agostiniana non è sentimento soggettivo, ma condizione trascendentale del sapere”, che si rivela non come dominio del reale, ma come esposizione alla sua eccedenza. Ed è proprio qui che si radica la speranza: “Non un’opinione ottimistica sul futuro, ma un modo di stare nell’incompiuto, con consapevolezza”.
In questa direzione, ha aggiunto Viganò, "il sapere sperante si distingue nettamente dal sapere tecnocratico" che "pretende di colmare ogni interstizio, trasformando l’orizzonte in un algoritmo, la conoscenza in previsione, la verità in esecutività". Ma è proprio "là dove tutto è calcolato" che "nulla può più essere atteso: "Il sapere che spera, al contrario, non rinuncia alla razionalità, ma la tempera riconoscendone l’intrinseca finitudine". Solo così "è possibile evitare l’idolatria del presente, l’idea che ciò che è visibile sia anche tutto ciò che è reale. La speranza, in questo contesto, non funziona come principio decorativo della conoscenza: ne è la custodia".
"Continuare a conoscere"
Il vice cancelliere dell'Accademia delle Scienze ha poi parlato di “orizzonte della speranza”, affermando come “ogni dato è sempre anche apertura verso altro, verso ciò che ancora non è tematizzato ma è già implicato nel vissuto”. Questo significa che conoscere davvero vuol dire rimanere aperti all’ignoto: “Non tutto è già stato detto, non tutto è già stato visto. E proprio per questo vale la pena continuare a conoscere”. “Sperare non significa tollerare il vuoto, né proiettare aspettative soggettive sul reale. Significa, più radicalmente, pensare il reale come eccedente rispetto alla sua attualizzazione”, ha aggiunto. E a conclusione del suo intervento, ha citato un passaggio ispirato dalla Lettera agli Ebrei: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”.
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