Musei Vaticani, un volume celebra l’attualità di Borromini
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Una pietra miliare per gli studi su Francesco Borromini: Una panoramica completa, interdisciplinare e aggiornata sull’opera e sull’eredità di uno dei protagonisti assoluti dell’architettura barocca. Il volume Francesco Borromini 1599-1667, presentato il pomeriggio del 3 giugno ai Musei Vaticani, raccoglie gli interventi del convegno promosso nel dicembre 2017 dalle collezioni pontificie, in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Luca e la Facoltà di Architettura della Sapienza Università di Roma, in occasione del 350° anniversario della morte del celebre architetto ticinese.
Il ricordo di Paolo Portoghesi
Motore dell’iniziativa è stato l’architetto Paolo Portoghesi, figura chiave della riscoperta critica di Borromini, venuto a mancare due anni fa e ricordato in tutti gli interventi della conferenza.
Le celebrazioni per il 350mo di Borromini
Oltre al convegno, nel 2017 varie furono le iniziative messe in campo: una mostra sui disegni di Borromini della Biblioteca Apostolica Vaticana nei Musei Vaticani, la Missa Ecce Sacerdos magnus a tre cori su partitura di Orazio Benevolo eseguita a Sant'Ivo alla Sapienza, visite e lezioni nei luoghi borromiani, un concorso fotografico per gli studenti romani di architettura, ingegneria e belle arti; incontro con protagonisti dell'architettura contemporanea.
Uno strumento fondamentale per conoscere Borromini
Curato da Alessandra Rodolfo e Luca Ribichini, pubblicato dalle Edizioni Musei Vaticani, il volume conferma il ruolo di primo piano svolto dai Musei del Papa nell’ambito della ricerca storico-artistica internazionale, grazie a convegni, pubblicazioni e collaborazioni accademiche. Con 440 pagine e 237 illustrazioni a colori e in bianco e nero, l’opera costituisce uno strumento fondamentale per studiosi, architetti e appassionati di storia dell’arte e dell’architettura.
Modello attuale
La grande attualità di Borromini per l’architettura contemporanea è stata sottolineata da Ribichini secondo il quale i disegni del grande maestro del Seicento possono ispirare anche le nuove generazioni in “un passaggio di pensiero e continuità”.
L’esattezza e l’energia dei disegni
Il grande talento grafico del celebre architetto è stato messo in luce nei vari interventi: una passione che si riflette nell'alto numero di fogli giunti fino a noi, nonostante tanti siano stati da lui distrutti in momenti di angoscia profonda. Le collezioni principali sono oggi conservata alla Biblioteca Vaticana e alla Albertina di Vienna. Lo ha ricordato Joseph Connors, professore emerito di Harvard University mettendone in luce la minuzia, il dettaglio, “l’esattezza e l’energia plastica”.
Geometria e simbolo
I vari contributi presenti nel volume sono stati presentati nel suo intervento da Marcello Fagiolo, professore emerito della Sapienza: “saggi di estremo interesse” grazie ai quali decodificare la grande sapienza borrominiana e capire la grandezza geometrica e simbolica delle sue architetture.
Gli esordi come scalpellino
Figura chiave dell'architettura seicentesca e modello indiscusso per generazioni di architetti Francesco Castelli, Borromini, intorno al 1619, dal Canton Ticino giunse a Roma dove maturò professionalmente a contatto con una città in fermento per la costruzione del nuovo San Pietro. Impiegato inizialmente come scalpellino della Fabbrica della futura Basilica Vaticana, lavorò a stretto contatto con il conterraneo e lontano parente acquisito Carlo Maderno.
A fianco di Bernini
Sant'Andrea della Valle, Palazzo Barberini e gli altri maggiori cantieri del momento videro all’opera Borromini che, alla morte di Maderno, negli anni Trenta del XVII secolo, proseguì la sua attività in Vaticano sotto la direzione di Gian Lorenzo Bernini, nuovo Architetto della Fabbrica. Con l’autore del Colonnato e di Piazza San Pietro collaborò alla realizzazione del celebre Baldacchino recentemente restaurato. Divenuto responsabile del complesso alla Sapienza, storico archiginnasio romano, nel 1632 realizzò la chiesa di Sant'Ivo con innovativa terminazione a forma di chiocciola e la Biblioteca Alessandrina.
L’impronta di un maestro
“Di indole schiva e introversa”, ricorda Barbara Jatta, Direttore dei Musei Vaticani nell’introduzione al volume, “Borromini lavorò soprattutto per congregazioni e ordini religiosi: nel convento e nella chiesa dei Trinitari Scalzi, a San Carlo alle Quattro Fontane e all'Oratorio dei Padri Filippini, edificato accanto alla chiesa di Santa Maria in Vallicella”. Nel 1646, nominato architetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, iniziò la sistemazione dell'omonimo palazzo, conclusa nel 1662. Tra il 1644 e il 1655, durante il pontificato di Innocenzo X, ottenne le più importanti imprese progettuali: il Palazzo Pamphilij in Piazza Navona, l'adiacente chiesa di Santa Agnese ed il restauro della Basilica di San Giovanni in Laterano in occasione dell'Anno Santo 1650. La sua impronta è presente in numerosi palazzi nobiliari romani, ma anche fuori dall’Urbe: a Bologna, Frascati, San Martino al Cimino, presso Viterbo.
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