Giubileo dello sport, il gioco che diventa fraternità
Gianmarco Murroni - Città del Vaticano
La speranza nello sport, all’interno di un campo da gioco, può essere rappresentata in diversi modi: un tiro che si insacca in rete o una parata prodigiosa del portiere; un servizio vincente che permette di portare a casa il set; un canestro allo scadere che regala tre punti; una meta raggiunta dopo una corsa di cento metri. Ma ognuno di questi gesti atletici può costruire una speranza più grande all’infuori dello stesso campo da gioco: il sogno di un bambino, l’abbraccio tra culture diverse, l’amicizia tra popoli. È anche questo il significato del Giubileo dello sport, in programma il 14 e 15 giugno, che unisce tra Roma e il Vaticano tanti sportivi, appassionati e pellegrini da tutto il mondo. Per lanciare un messaggio preciso: lo sport può rappresentare una diplomazia della pace.
Sport amplificatore di valori
Tante le testimonianze di atleti, allenatori e dirigenti, appartenenti a varie discipline sportive, per questo grande evento. Il Giubileo dello sport "è un evento enorme che ha la possibilità di raggiungere persone di ogni parte del mondo”. A parlare è Giovanbattista Venditti, team manager della nazionale italiana di rugby maschile, secondo cui gli sportivi hanno una grande responsabilità: “Fungiamo da amplificatore, dobbiamo farci testimoni dei valori sportivi. All’interno e all’esterno del campo da gioco. Gli atteggiamenti di correttezza e di lealtà che abbiamo mentre giochiamo, anche in uno sport che può sembrare duro come il nostro, devono essere trasmessi anche nella vita di tutti i giorni. Lo sport ha la responsabilità di portare speranza alle persone, anche nella quotidianità”.
Segno di speranza
“Per noi sportivi è un evento importante di aggregazione, ritroviamo un po’ i veri valori dello sport: lo stare insieme, condividere la stessa passione, le stesse emozioni. È un evento da vivere al meglio”, commenta, invece, Laura Spreafico, capitano della Nazionale italiana di basket femminile, a cui si associa anche il coach delle azzurre, Andrea Capobianco: “Lo sport è uno dei più grandi segnali di speranza. I suoi valori ci aiutano a superare momenti di difficoltà e avere comportamenti giusti sia nei confronti dei compagni di squadra sia nei confronti degli avversari. Aiutano a diventare campioni nella vita: lo sport, alla fine, è uno strumento per formare persone migliori”. Per Roberto Brunamonti, team director della nazionale femminile, “lo sport, guardando anche indietro nella storia, è stato spesso strumento di pace. Ogni sportivo, ma anche i tifosi e gli appassionati, vivranno il Giubileo con questo spirito”.
Dall’Olimpiade al Giubileo
Dalla medaglia d’oro olimpica di Parigi 2024 al Giubileo dello sport 2025: le ragazze della nazionale di volley italiana hanno vissuto lo scorso anno un momento storico, con la vittoria dell’Olimpiade; quest’anno, oltre ai vari impegni sportivi, l’appuntamento con l’evento giubilare. “Organizzare un Giubileo dedicato allo sport è un bel segnale, di solito si pensa che lo sport faccia bene ai giovani ma in realtà fa bene a tutti, senza limiti di età - racconta Anna Danesi, capitano delle azzurre - Per noi è quasi un lavoro, ma praticare lo sport nei campetti, all’aperto o a scuola è fondamentale. Alla fine si parte da lì: io ho iniziato a giocare a pallavolo con la mia compagna di banco, poi è diventato qualcosa di speciale. Bisogna dare un incentivo ai ragazzi fin da quando sono piccoli, poi il futuro dirà se diventeranno dei campioni o se lo praticheranno sport per passione”. La fede può essere paragonata allo sport spiega, invece, Carlotta Cambi, vicecapitano della nazionale - Sono entrambe cose che danno speranza. Lo sport per tanti bambini è un sogno, una speranza di arrivare un giorno a ripercorrere la strada dei loro sportivi preferiti. Il Giubileo dello Sport rappresenta proprio questo: un grande momento di unione e inclusione tra tanti ragazzi”.
Sport e fede
A raccontare le proprie emozioni su questo evento giubilare sono anche due pilastri della Nazionale maschile di pallavolo, l’allenatore Ferdinando De Giorgi e il centrale Simone Anzani. “È un evento mondiale che unisce sport e fede. Io credo che i valori sportivi siano molto legati alla spiritualità: la capacità di accettare, di aiutare, di credere, di resistere. Sono tutti valori dello sport che però si intrecciano con quelli della fede”, afferma De Giorgi, secondo cui “lo sport deve sempre essere testimone di speranza e di pace. Ovviamente si ricerca il risultato, soprattutto a livello professionistico, ma si può fare professionismo trasmettendo anche comportamenti positivi. Papa Leone XIV ha voluto richiamare proprio questa importanza, oltre che responsabilità: voi siete dei modelli, attenzione perché i giovani vi guardano”. Anzani ripensa ai suoi esordi sportivi: “Io ho iniziato a fare sport all’oratorio, il connubio tra sport e fede penso sia una delle cose più belle, per fare sport è necessario avere anche fede. Nel suo essere aggregazione lo sport è uno dei simboli di pace e fratellanza. E noi, da sportivi, dobbiamo essere degli esempi per chi ci guarda”.
L’importanza del gruppo
“Il valore dello sport è molto importante, ogni giorno bisogna tutelare lo spogliatoio. Ma anche le diverse culture: serve il giusto rispetto per capire le esigenze di ognuno. Spesso ci troviamo di fronte a problemi differenti, ognuno ha un suo modo di pensare. Poi c’è da gestire la pressione, soprattutto nei ragazzi. In una squadra conta il gruppo, i singoli non possono vincere”: così il responsabile dell’aerea tecnica dell’Udinese Calcio, Gokhan Inler. “Noi cerchiamo dei talenti il cui sogno è fare carriera nel calcio, ma si parte sempre dai giusti valori. Il lato economico esiste, ma deve passare in secondo piano: nel calcio si gioca, non si fa business. Bisogna sempre pensare in maniera positiva e ringraziare per quello che abbiamo. Il Giubileo è un momento importante per ricordare questo e per esserne felici”.
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