Il cardinale Nemet: fa male pensare alle somme per il riarmo, non sono la soluzione
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Evangelizzazione, ecumenismo, pace: sono stati i temi portanti dell’incontro in Vaticano stamani, 28 giugno, tra Leone XIV e una delegazione del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Un incontro dal tono familiare in cui dal Papa è arrivato l’incoraggiamento a proseguire sulla strada del dialogo e della prossimità alla gente, in un mondo “così insicuro”, riferisce ai media vaticani il cardinale Ladislav Nemet, vice presidente del CCEE, arcivescovo di Belgrado.
In Europa la fede si sta risvegliando
“È stata una conversazione molto utile, il Papa è stato molto concreto”, racconta il porporato che raccoglie, a nome dell’organismo ecclesiale europeo, l’invito a “fare di tutto perché la convivenza diventi sempre più amichevole e umana in Europa dove è in corso una guerra che distrugge tante vite". La materia si può sempre rinnovare, osserva Nemet, facendo proprie le parole del Pontefice, ma la vita umana, una volta persa, non si recupererà mai. L’impegno sull’ecumenismo, tenendo conto della specificità di una compresenza consistente, nel vecchio continente, delle tre grandi famiglie cristiane (cattolici, protestanti e ortodossi) è una sfida importante. Sotto questo profilo, il cardinale serbo ha messo in risalto di fronte al Successore di Pietro, la constatazione di un risveglio della religiosità, soprattutto tra i giovani, dopo la pandemia.
Una consapevolezza che scaturisce dai numerosi viaggi che il missionario verbita ha avuto modo di intraprendere e che continua a sostenere, occasioni in cui emerge ai suoi occhi un fenomeno contrario a quello della secolarizzazione, specialmente nella parte occidentale dell’Europa e nei Paesi ortodossi. “Nel mio Paese, per esempio, l’85 percento della popolazione è di ortodossi e, veramente, la vita religiosa sta fiorendo, la liturgia è molto ben frequentata, la presenza della gente nelle azioni della Chiesa, il numero delle vocazioni… tutto questo è importantissimo. Ed è confortante anche per noi cattolici. Ciò accade anche in Romania, in Bulgaria”.
Il Cristianesimo non è fanatismo
Ravvivare le radici cristiane dell’Europa evitando muri e derive nazionaliste è un’altra sfida per la quale “abbiamo bisogno di metodi nuovi”, afferma il cardinale Nemet. “Oggi dobbiamo fare molto di più in Europa per aprirci al mondo digitale, preparare i nostri influencer e far conoscere le nostre Chiese per evitare la crescita di un fondamentalismo cristiano. Questa ondata viene dagli Stati Uniti – scandisce - e secondo me non fa la vera immagine del Cristianesimo. Il Cristianesimo non è cresciuto attraverso il fanatismo”.
Il riarmo non è una soluzione
Il vice presidente del CCEE commenta inoltre le recenti raccomandazioni di Papa Leone XIV quando, nel discorso alla ROACO ha messo in guardia dalle false propagande del riarmo. “Sono parole bellissime che sottoscrivo in pieno. Si è diffusa una falsa opinione per cui senza armamenti non possiamo vivere, che il riarmo è l’unica soluzione per la pace. Non è vero. Lo vediamo con le guerre degli ultimi anni ma anche con quelle di cui non si parla. E quando leggo le somme previste per il riarmo – precisa - mi fa male pensare che tanta gente muoia a causa della mancanza di medicine, di scuole, di acqua e altre cose necessarie”. E accenna ai danni già drammaticamente visibili derivati dalla sospensione degli aiuti da parte dell'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), fondamentali per i Paesi del sud del mondo: “Vediamo quali sono le conseguenze, i giovani e i bambini muoiono. Tante scuole resteranno chiuse perché non ci sono finanziamenti”.
Più collaborazione tra i politici in Europa
L’escalation dei conflitti è una preoccupazione prioritaria per la CCEE e destinare il 5 percento del Pil per la difesa “è una somma enorme”, continua ancora Nemet, il quale si sofferma su una valutazione generale della leadership attuale. “Mancano politici grandi, dopo la Seconda guerra mondiale. Non si può dire facciamo pace con la forza, non si può lavorare così”. E sulla presunta debolezza dell’Europa incapace, secondo alcuni osservatori, di gestire adeguatamente le crisi internazionali, il cardinale afferma: “L’Europa è divisa, la sua debolezza è la mancanza di vera collaborazione, di vere idee comuni. Se rimaniamo Europa economica, vedremo che finirà. Mancano i valori costitutivi che dovrebbero collegare e una visione comune per tutti gli europei. Se l’Europa sta bene, tutto il mondo vivrà meglio, perché l’Europa è ancora oggi un bel pezzo di mondo. Secondo me ci vorrebbe tanta più collaborazione tra i politici, ma che siano veramente onesti nel senso del dialogo e che non cerchino solo le debolezze degli altri”.
Il pensiero va al Medio Oriente insanguinato: “È una ferita incredibile per tutto il mondo. Io appoggio la soluzione della Santa Sede: senza due Paesi non si potrà andare avanti. Così come nel 1948 si è creato lo Stato di Israele, ci vuole un territorio dove i palestinesi sono a casa. Questo manca”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui