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Il risultato dell'attacco russo su Kyiv del 25 maggio 2025 Il risultato dell'attacco russo su Kyiv del 25 maggio 2025

Ucraina, il nunzio Kulbokas: come Chiesa e come umanità continuiamo a pregare

L’arcivescovo riprende l’appello del Papa all’udienza generale per ribadire la necessità che ci sia una conversione dei cuori. Lo scambio dei prigionieri, dimostra, poi, che “anche se non si è riusciti a risolvere questioni politiche, il dialogo serve almeno dal punto di vista umanitario”

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

Si preghi per la pace in Ucraina, si fermi la guerra, si sostengano le iniziative di dialogo. Papa Leone XIV ha rivolto questi appelli oggi, subito dopo l’udienza generale, con il pensiero al popolo ucraino, “colpito da nuovi attacchi contro civili e infrastrutture”, aggressioni brutali che – conferma il nunzio apostolico in Ucriana, Visvaldas Kulbokas – nel tempo sono aumentate.

Eccellenza, dopo l’appello di oggi del Papa, cosa si sente di dire?

Le parole di Papa Leone XIV riferite agli attacchi contro le città ucraine, contro le infrastrutture, e l'invito a pregare per la pace, sono molto importanti. Soprattutto sottolineerei l'ultimo aspetto: la preghiera per la pace. Perché il contesto è che al quarto anno di guerra, gli attacchi contro le città e contro le infrastrutture civili non sono in diminuzione, ma sono in aumento. Negli ultimi giorni abbiamo assistito anche nella capitale Kyiv a bombardamenti continui, tutti i giorni, tutte le notti. Nessun esercito del mondo sarebbe in grado di difendersi da attacchi così intensi. Di fronte a questa realtà - al fatto che nessuno è in grado di difendere la vita, le città, le infrastrutture - l’appello del Papa è a pregare per la pace. Siamo ancora nel mese di maggio, mese dedicato alla preghiera del Rosario. Qui mi tornano sempre in mente le parole della Vergine Maria a Fatima: “Pregate, pregate, pregate. Con la preghiera vincerete la distruzione e la guerra e otterrete la conversione dei cuori”. Quindi è praticamente l'unica arma che abbiamo noi, come Chiesa e come umanità. Sono personalmente molto grato al Santo Padre per questo appello.

Negli ultimi giorni è avvenuto il più ampio scambio di prigionieri tra l’Ucraina e Russia dall’inizio della guerra. Sappiamo che la questione dei prigionieri sta molto a cuore alla Santa Sede. Cosa vorrebbe dire di questo scambio?

Sì, da una parte noi, come Nunziatura, veniamo contattati più volte ogni giorno dalle famiglie o dalle associazioni di famiglie con la richiesta di aiuto nella ricerca dei loro cari dispersi oppure in prigione, molti di cui civili. Lo scambio avvenuto è stato molto importante perché si tratta di 1000 prigionieri per ciascuna parte. Veramente è una gioia per le persone che sono tornate a casa. Grandissima gioia. Noi sappiamo che è stato il risultato, quasi l'unico risultato, dei colloqui che si sono svolti a Istanbul il 16 maggio scorso. Quindi, anche se non si è riusciti a risolvere questioni politiche, il dialogo serve almeno dal punto di vista umanitario. Quindi è un risultato molto bello. Certamente la difficoltà maggiore riguarda i civili e anche i bambini perché non c'è quasi la possibilità di scambio. Quale scambio? Che cosa in cambio può dare l'Ucraina? Quindi spesso paradossalmente è più facile scambiare i prigionieri di guerra militari, perché anche l'Ucraina può offrire qualcosa in cambio: non così per i civili. Quindi dobbiamo intensificare ancora di più sia la preghiera sia gli sforzi. Solo che è difficile avere chiaro in quale direzione concentrare le forze, perché siamo come in un vicolo cieco. Una parte dei prigionieri scambiati erano civili. Sono stato felice di vedere questo aspetto, però in Ucraina il numero di civili (russi, ndr) rimasti è molto limitato, lontanamente paragonabile al numero dei civili (ucraini, ndr) rimasti nell'altra parte.

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28 maggio 2025, 16:28