Ep. 6 - Dostoevskij e l'uomo buono
Al termine di una lotta impari, della bontà non rimangono che frammenti. Eppure sono questi frammenti a resistere all¡¯urto delle forze ostili e ad illuminare il cosmo, altrimenti destinato a precipitare nel vuoto e a brancolare nel buio. Ne ³¢¡¯¾±»å¾±´Ç³Ù²¹, del 1869, Fëdor Dostoevskij intende rappresentare, come egli stesso dichiarò, ¡°un uomo positivamente buono, un Cristo del XIX secolo¡±, ispirato al quadro del pittore Hans Holbein il Giovane Corpo di Cristo morto nella tomba, citato nel romanzo. Al protagonista, il principe My?kin, ultimo erede di una grande famiglia decaduta, lo scrittore russo affida il suo sentire riguardo a quei ¡°fattori cruciali¡±, fondamento del vivere civile.
³¢¡¯¾±»å¾±´Ç³Ù²¹ - definito dallo slavista e critico letterario Vittorio Strada un romanzo ¡°enigmatico e limpido che avvince e sgomenta¡± - si configura non come una blanda apologia della bontà, ma come la vibrante storia della sua disfatta, in un mondo che non la accetta. L¡¯idiozia del protagonista, afflitto dall¡¯epilessia, consiste nell¡¯incapacità di giudicare e di condannare il male perpetrato dagli altri, come pure nella mancanza di volontà associata ad una malriposta fiducia nel prossimo. E questa disposizione d¡¯animo non gli permette di scorgere, e quindi di prevenire, le macchinazioni ordite ai suoi danni. Il principe My?kin diventa così una vittima che non si avvede delle ¡°torture¡± a lui inflitte dai carnefici. Non solo. Gli stessi carnefici sono giustificati dalla vittima, nel segno di un paradosso che si rivela un efficace strumento per sondare i recessi dell¡¯animo.
Il protagonista, in realtà, è anzitutto vittima di sé stesso. Con inquietante frequenza, infatti, si colpevolizza. Di conseguenza la sua esistenza si manifesta come perpetuo sacrificio. ¡°Non ho mai incontrato in vita mia - dice Nastàs'ja - un uomo simile a lui per nobile semplicità e illimitata fiducia. Chiunque voglia può ingannarlo e chiunque lo ingannasse sarebbe poi perdonato da lui¡±. Ogni volta che My?kin instaura un contatto con il mondo circostante e decide dunque di parlare, sente subito l¡¯insufficienza delle sue parole. Allora avverte la necessità di doversi spiegare. Nell¡¯arco del romanzo si afferma, dunque, con sistematicità, l¡¯esigenza di un chiarimento. In verità, anche gli altri personaggi provano il timore di non essere capiti quando traducono i propri pensieri in parole. Lo stesso Rogò?in (personaggio chiave del libro), giovane brillante dal temperamento aggressivo, è afflitto da tale impaccio. E la sua congenita aggressività si acuisce quando si avvede che la sua parola non corrisponde perfettamente al suo pensiero.
Nel plasmare la figura di My?kin, lo scrittore si ispirò a don Chisciotte. ¡°Nella letteratura cristiana - evidenzia Dostoevskij - l¡¯unico uomo buono che risulta veramente compiuto è don Chisciotte. Ma egli è buono perché nello stesso tempo è anche comico¡±. Per Dostoevskij la creatura di Cervantes non è il cavaliere dell¡¯ideale rappresentato nelle sue virtù, e che poi le realizza: è piuttosto l¡¯eroe destinato ad uscire sempre sconfitto dal suo ruvido scontro con la realtà. Tuttavia, malgrado ogni scacco subito, egli raffigura l¡¯invitto messaggero di alti ideali cristiani - l¡¯amore per i poveri, per i diseredati, per gli oppressi - e in tal senso si erge a simbolo di un¡¯umanità che deriverà il riscatto da quei valori che nessuna forza maligna potrà mai annichilire.
Quando si potrebbe pensare che sia lo sconfitto per eccellenza, My?kin risulta invece essere anche un vincitore. Dostoevskij, infatti, lo descrive capace di cogliere armonie, legami e connessioni laddove altri non vedono che disarmonie e assurdità. E dove il prossimo registra solo il male, il principe, al contrario, sa intuire il bene o, comunque, la possibilità di compierlo.
Nell¡¯elogiare il romanzo, lo scrittore tedesco, naturalizzato svizzero, Hermann Hesse, scrive: ¡°Ci sono uomini che vivono in buona amicizia con la loro coscienza, e qualunque cosa accada li colpisce solo dall¡¯esterno, non li ferisce al cuore, restano sempre puri e dal loro volto non scompare mai il sorriso. Uno di costoro è il principe My?kin¡±.
Gabriele Nicolò