Ep. 7 - La serva dell'Innominato
È una delle figure più marcate dei “Promessi Sposi” la vecchia, che fa da serva all’Innominato. Anche in una dimensione caricaturale, Manzoni, con finissimo equilibrio, ne accenna qua e là alcuni tratti, funzionali a mantenerla nitida nella fantasia e a modellarla in un’immagine che calza alla perfezione nell’ombra del castello, fra tanti ceffi, sotto il cipiglio del suo signore. Mento appuntito, occhi infossati: in quel luogo, dopo la vita che aveva condotto, non si potrebbe immaginare un volto diverso, osserva, con illuminante acume, il critico Attilio Momigliano. Tradiscono un guizzo d’incertezza le parole che pronuncerà la serva: parole oscillanti fra la radicata paura dell’Innominato e l’invidia per Lucia che, con il passare delle ore, viene trattata bene, e sempre meglio.
Nulla prova meglio della vecchia - rileva Momigliano - il dominio spirituale dell’Innominato. Sotto l’impronta del padrone, si vede in lei il fondo originale cui quell’impronta è stampata. La sua miseria spirituale, il suo egoismo freddo, non frenato da un sentimento più nobile, contribuiscono a far grandeggiare l’Innominato, dimentico di ogni gretto interesse personale. Dopo che questi gli ha ordinato di infondere coraggio a Lucia, la serva domanda: “Cosa devo dire?” Una domanda che è la più semplice che si possa formulare, ma che, in quel preciso contesto, riveste un nevralgico ruolo strategico perché cala il lettore nelle remote profondità di due anime. Quella domanda l’Innominato l'avrebbe potuto fare a sé stesso. La vecchia è nuova a queste cose, e lo è anche lui. Eppure egli manifesta stupore per quelle parole. Sembra infatti che solo in quel momento si accorga a quale vita ha costretto la vecchia. Tuttavia tira dritto ed esclama: “Cosa le devi dire? Falle coraggio ti dico. Tu sei venuta a codesta età, senza sapere come si fa coraggio a una creatura, quando si vuole! Hai mai sentito affanno di cuore? Hai mai avuto paura? Non sai le parole che fanno piacere in quei momenti?”.
Si aprirà un abisso tra l’Innominato e la vecchia, che a Lucia saprà soltanto ripetere una frase formale, di circostanza, che finisce per avere anche un sapore comico: “Ho ordine di trattarvi bene e di farvi coraggio!”. Una frase in cui risuona uno zelo stonato, che non riduce la distanza tra chi aiuta e chi viene aiutato. E poi la vecchia pronuncia parole che si limitano ad essere un’eco della volontà del suo padrone: “Coraggio, coraggio, ve lo dice lui, che non vuol farvi del male”. Tuttavia c’è un momento in cui anche la vecchia sente dentro di sé una potenza avvolta di mistero, ovvero quando Lucia invoca la sua pietà in nome di Maria Vergine. “Quel nome santo e soave - scrive Manzoni -, già ripetuto con venerazione nei primi anni, e poi non più invocato per tanto tempo, né forse sentito proferire, faceva nella mente della sciagurata che lo sentiva in quel momento un’impressione confusa, strana, lenta, come la rimembranza di una luce in un vecchione accecato da bambino”. Così, la potenza delle cose grandi investe alla radice, e con robusta veemenza, anche la piccola anima della serva dell’Innominato.
Gabriele Nicolò