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Renzo, Lucia e Agnese, in un'illustrazione dei Promessi Sposi Renzo, Lucia e Agnese, in un'illustrazione dei Promessi Sposi 

Ep. 4 - Agnese

Recita il ruolo della “spalla” Agnese, la madre di Lucia. Manzoni, sul piano formale, non le assegna un profilo di primo piano. Tuttavia, ricca di una profonda esperienza di vita, ella spicca con i suoi consigli, pratici e spicci, configurandosi, nel vorticare degli avvenimenti, come un riferimento saldo e prezioso. Agnese si muove, con perizia, sul filo dell’equilibrio. Ella vorrebbe risolvere la questione del matrimonio ostacolato “nello spazio di un mattino”, con una risolutezza che rischia di rivelarsi un’imprudenza. È lei infatti a lanciare l‘idea del matrimonio a sorpresa. “Bisogna avere due testimoni ben lesti e ben d’accordo. Si va dal curato. Il punto sta di chiapparlo all’improvviso, che non abbia tempo di scappare”. E quando le parole di rito saranno pronunciate, “il curato può strillare – dice Agnese -, strepitare, fare il diavolo. È inutile. Siete marito e moglie”. (il piano, in verità, fallirà perché don Abbondio impedirà a Lucia, già restia all’idea di compiere sotterfugi, di dire quelle parole di rito).


Al tempo stesso Agnese mostra una composta saggezza nel frenare le pur comprensibili intemperanze di Renzo, che si sente amareggiato e oltraggiato. E la sua lingua è perfetta espressione di questo equilibrio perché, nei momenti critici, sa dire e non dire. Il suo messaggio è chiaro, diretto, ma non è formulato in maniera così esplicita da offendere e da scompaginare le dinamiche di forza in atto nel romanzo.
Significativo, in merito, è l’episodio che la vede protagonista (pur sempre nella sua parte di “spalla”) in occasione dell’incontro, insieme a Lucia, con il cardinale Borromeo e il sarto. Il porporato viene raffigurato come uno spettatore del colloquio perché l’obiettivo principale di Manzoni è di rappresentare “l’improntitudine polemica”, così la definisce Luigi Russo, di Agnese, che vede in tale circostanza una buona occasione pe sfogarsi contro don Abbondio.


E’ lo stesso Manzoni ad esibire un controllato bilanciamento nel descrivere la figura di Agnese e le sue azioni. Dopo l’”attacco” sferrato contro don Abbondio, il cardinale non può che esclamare: “Il signor curato mi renderà conto di questo fatto”. Allora Agnese, in virtù della sua innata bontà d’animo, si affretta a riparare e afferma: “No, signore, no, signore. Non ho parlato per questo. Non lo gridi, perché già quel che è stato è stato: e poi non serve a nulla. E’ un uomo fatto così: tornando il caso lo rifarebbe”. La denuncia del comportamento di don Abbondio altro non è stato, per la madre di Lucia, che uno sfogo: la denuncia non è stata dettata da un sentimento di vendetta. Certo, la sua franchezza fa sì che ella arrivi al cuore della questione, e sebbene prenda le difese di don Abbondio dopo averlo criticato, nel ricordare che “tornando il caso lo rifarebbe” suggella la sua ferma opinione sull’indole del curato. Ella, alla resa dei conti, non recede dal suo giudizio, che comunque non reca alcuna traccia di cupo astio o di gretta rivalsa.


Di Agnese lo scrittore non offre una descrizione fisica dettagliata. Ella viene presentata come una donna avanti negli anni. Invece Manzoni è ben accurato nello scolpire, sul piano umano, la sua figura di madre, che era così attaccata alla figlia per la quale “si sarebbe buttata nel fuoco”. Non mancano in lei difetti. Risulta essere un po’ avara, quando rimprovera Lucia di aver dato troppe noci a fra Galdino, nonché di un’astuzia truffaldina, quando riesce a distrarre Perpetua in occasione del matrimonio a sorpresa. Ma se all’inizio Manzoni ne elogia la figura di madre, alla fine del romanzo ne celebra la figura di nonna. Sarà lei, con appassionato affetto, a prendersi cura dei tanti figli, frutto di quel matrimonio che non si doveva fare.

Gabriele Nicolò

 

26 marzo 2025