L’abbraccio del Papa al piccolo Kevin, quando l’analogico batte il digitale
Rosario Capomasi e Alessandro De Carolis - Città del Vaticano
Le braccia del piccolo Kevin sarebbero invisibili tra le migliaia più grandi e lunghe che impugnano i telefoni, impennandoli alla ricerca dell’angolo migliore per portarsi via uno scatto di Leone XIV che passa in papamobile salutando la folla prima dell’udienza giubilare. Ma Kevin ha avuto l’idea vincente, quella che può scavalcare d’un colpo la palizzata di arti che torreggiano sopra di lui. Un bel cartello giallo squillante e una scritta col pennarello nero che semplicemente, per la sua spontaneità, non può essere ignorata: “Santo Padre, abbraccio, per favore! Kevin”. Un appello che ruba l’occhio, anche quello del Papa, che spalanca le braccia come Kevin aveva sperato, poi si ferma e si abbassa a parlare, mettendosi all’altezza del suo piccolo interlocutore - un nativo digitale che in mezzo a fotocamere da infiniti pixel ha avuto per un momento il Papa tutto per sé con la trovata più analogica del mondo.
«Ho chiesto al Santo Padre di non stancarsi mai di pregare per la pace, il cui raggiungimento sarebbe un miracolo. Tutto il mondo ha bisogno di miracoli». Antonietta Raco, 67 anni, di Francavilla in Sinni in provincia di Potenza, ha gli occhi che brillano di una luce speciale mentre — nella cornice di piazza San Pietro dove stamane ha partecipato all’udienza giubilare del sabato — racconta di come abbia sperimentato su di sé la misericordia di Dio. Affetta da sclerosi laterale primaria, una malattia neurodegenerativa che a tutt’oggi non ha cure, il 5 agosto 2009, giorno in cui si festeggia la Madonna delle Neve legata al miracolo della basilica papale di Santa Maria Maggiore, si era immersa in una delle vasche del santuario di Lourdes; uscendone, aveva constatato la remissione della patologia. «La Vergine Maria — esorta Antonietta — è una madre amorevole che ci insegna a non perdere mai la speranza. La vita va vissuta comunque, fino alla fine».
Su questo stesso sentiero si sono incamminati i frati cappuccini del Centro Italia che dallo scoppio della guerra in Ucraina si prendono cura, in sinergia con i confratelli del Paese dell’est Europa, delle donne vedove o che hanno perso i figli nel conflitto. «A Kyiv è stata aperta la “Casa Padre Pio” dove diamo loro non solo aiuti materiali — spiega fra Carlo Maria Chistolini, vicario provinciale, presente all’udienza con 40 assistite —, ma anche e soprattutto quel sostegno psicologico che permetta loro di superare il trauma del lutto per trovare una nuova ragione di vita, amicizie, condivisione delle proprie esperienze». Il progetto, aggiunge il religioso, ha avuto un successo insperato. «Visto il gran numero di donne che si sono rivolte a noi, finora circa 500, abbiamo inaugurato da poco una seconda “Casa” a Vinnytsia per estendere questa catena ininterrotta di solidarietà».
Tra i doni consegnati stamattina al Pontefice, un quadro raffigurante la colomba della pace realizzato dai detenuti della Casa circondariale di Cuneo, una delle tante realtà seguite dalla Formedil, ente di edilizia attivo in tutta Italia tramite corsi di formazione volti a ridare dignità a persone ai margini, soprattutto migranti, con la collaborazione anche dei Salesiani per il sociale Don Bosco. «Uno dei progetti — precisa Elena Lovera, presidente dell’ente — riguarda proprio la realtà carceraria. Siamo convinti che attraverso l’insegnamento di tecniche edili, pittoriche e musive, è possibile riconsegnare alla persona un’immagine positiva di sé e nei confronti degli altri, perché imparando a costruire oggetti si impara anche a costruire ponti di fratellanza».
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