Grossi: è necessario fermare la proliferazione delle armi nucleari
Daniele Piccini – Città del Vaticano
“Poter contare sul sostegno e la guida, anche spirituale, del Papa per me è un vantaggio impressionante”. Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), riassume così, in una intervista ai media vaticani, il valore di un dialogo con il Pontefice per chi - come l’alto funzionario dell’Onu - lavora quotidianamente per ridurre i rischi dell’uso militare del nucleare. Dialogo che, ribadisce il direttore generale dell’Aiea, è “indispensabile” coltivare continuamente con i leader politici internazionali. In momenti di “pressione”, quando i conflitti armati mettono a rischio la sicurezza di impianti nucleari civili o quando si minaccia l’utilizzo di ordigni atomici militari, e quando gli strumenti giuridici tradizionali sembrano perdere di efficacia o di praticabilità, l’unica via che rimane è quella del confronto. Una convinzione già espressa più volte da Leone XIV con il quale questa mattina, 5 settembre, Grossi si è intrattenuto a colloquio in udienza.
Direttore, che impressioni ha riportato da questo colloquio con il Papa?
Ne ho avuto una doppia impressione. Intanto, un'impressione personale, come uomo, come cattolico, incontrare il Santo Padre è sempre spiritualmente importante. E in secondo luogo, anche sotto l'aspetto del mio lavoro. Il mio lavoro ha una dimensione chiaramente collegata alla ricerca della pace internazionale e naturalmente la possibilità di parlare con il Santo Padre, condividere con lui le mie impressioni sui dossier su cui lavoriamo e ascoltare, è indispensabile.
In che modo i numerosi appelli già fatti da Leone XIV per una “pace disarmata e disarmante” hanno un impatto sul suo lavoro e sui partner internazionali con cui si deve confrontare?
Naturalmente, la voce del Santo Padre, la voce della Chiesa, dei leader spirituali del mondo, è importantissima. Non dobbiamo dimenticare che le decisioni politiche hanno sempre una dimensione umana e un'influenza sulla situazione internazionale. Quando una voce si alza con questa autorità, da capo, questo è di grande aiuto per noi che abbiamo il compito di cercare tecnicamente quali sono le alternative più efficaci per ritrovare la pace. In questo momento questo significa principalmente risolvere i conflitti che abbiamo. La dimensione nucleare è una dimensione importante e con diverse sfaccettature, principalmente nel Medio Oriente, con la questione dell'Iran, e nella guerra tra Russia e Ucraina.
Alcune potenze stanno attualmente rinnovando le loro capacità militari nucleari…
Penso che ciò a cui stiamo assistendo in generale è un aumento degli armamenti nucleari, in contrapposizione al disarmo. Quindi i Paesi stanno migliorando e incrementando i loro arsenali nucleari. È significativo che i Paesi che non possiedono armi nucleari stiano iniziando a parlare sempre più apertamente della possibilità e forse della "necessità" di possederle. Ed è questo che dobbiamo fermare. Ne ho parlato oggi con Papa Leone. È qui che entra in gioco la non proliferazione. Arginare questa tendenza verso un maggior numero di armi nucleari è fondamentale. Questa è forse la sfida più grande riguardo al disarmo al giorno d'oggi.
In passato, il mondo ha compiuto progressi nel disarmo nucleare, in particolare con vari trattati. Questa speranza di disarmo ora sembra lontana. È possibile un'inversione di tendenza nel contesto attuale?
Penso che sia indispensabile. Deve esserci. Le limitazioni al controllo degli armamenti hanno avuto qualche successo negli anni '80, persino negli anni '90, quel processo si è interrotto e ora c'è questa inversione di tendenza. Penso però sia incoraggiante vedere che, ad esempio, al vertice in Alaska, russi e americani, per la prima volta da parecchio tempo abbiano almeno sollevato la questione. Quindi c'è la possibilità che si possa tornare a percorrere quella strada. Sarà complicato e ovviamente questo è collegato a tutto il resto. Quindi, se gli sforzi di pace nel conflitto tra Russia e Ucraina andranno avanti, penso che le possibilità siano maggiori. Penso che abbiamo bisogno di alcuni passi concreti, anche se forse modesti, in quella direzione, per porre fine all'impressione che siamo inevitabilmente in una spirale che porta a più armi nucleari, a una maggiore proliferazione e forse al loro utilizzo.
Ha citato l'Ucraina che ospita la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che lei ha visitato diverse volte. La situazione la preoccupa? In che modo l’Aiea riesce a occuparsi di questa struttura?
Questa è una situazione che rimane fragile. Vedendo la carta si vede che la centrale di Zaporizhzhia si trova quasi sulla linea del fronte, quindi una localizzazione, geograficamente parlando, di un'enorme fragilità. I miei esperti, che lavorano e che sono rimasti a Zaporizhzhia lo sentono, lo vedono ogni giorno e la possibilità di un attacco esiste perché l’incursione di droni e di proiettili è quasi quotidiana. La capacità di fornire l'energia per tutto il sistema di raffreddamento, per esempio, tutto ciò che costituisce l'essenza della sicurezza di un impianto nucleare, è sempre sotto pressione. Per questo la presenza dell'Agenzia è tanto importante e il mio dialogo con tutti e due, con il presidente Zelensky -che ho ritrovato qui a Roma nell'occasione della conferenza sulla ricostruzione organizzata dal governo italiano, un grande successo politico anche e diplomatico - e con i russi. Spero di viaggiare a Mosca in questo mese per continuare questo lavoro a livello tecnico.
Esistono degli strumenti giuridici di diritto internazionale di tutela per questo tipo di situazioni, di protezione delle centrali che in determinate circostanze possono costituire anche una fonte di pericolo?
Esistono standard di sicurezza nucleare accettati da tutti. Esistono anche convenzioni sulla sicurezza nucleare, ma il più importante è sapere che in tempo di guerra tutto questo è un po' messo in questione e messo sotto pressione. Per questo si deve avere la cooperazione - perché non dirlo - la cooperazione di questi leader belligeranti e questo cambia tutto, l'attitudine di un leader in tempo di guerra non è la stessa. Per questo, arrivare a mantenere questo dialogo permanente è essenziale per me.
Quindi, come ripete sempre il Papa, ciò che alla fine conta è la promozione del dialogo tra i Paesi…
È indispensabile. All’inizio della guerra, quando sono andato a trovare il presidente Putin, molti dicevano in tono critico: “Perché parlare con Putin?”. Io ho risposto: “Ma se non parlo con lui con chi parlo?”. Il dialogo, il potere del dialogo, che non è facile, è indispensabile.
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