Il Papa: nella prova estrema impariamo il grido della speranza
Antonella Palermo - Città del Vaticano
La pioggia battente su Roma non ha impedito lo svolgimento in Piazza San Pietro dell'udienza generale di questo mercoledì, 10 settembre. I previsti 35 mila fedeli di ogni nazionalità hanno trovato "riparo" nella Parola dell'evangelista Marco e nel commento attento e confortante di Leone XIV fatto di frasi brevi ed efficaci, che risuonano come un balsamo in questi tempi bui in cui si consumano conflitti disumani, vere carneficine che rischiano di mettere in crisi la fede. La scena su cui si sofferma il Papa nella sua catechesi è quella di Gesù nell'ora estrema della morte in croce: il grido del "lemà sabactàni" come segno di consegna a Dio da cui germina, pur nel dolore lacerante, speranza e nuova vita. L'importante è essere certi, lo ribadisce il Pontefice, che Dio non abbandona mai, nemmeno quando sembra regni solo silenzio.
Le parole del Vescovo di Roma arrivano dopo oltre mezz'ora di giro in papamobile tra i settori di pellegrini entusiasti, di ogni nazionalità, che acclamano a gran voce il Successore di Pietro, gli affidano bambini per una benedizione e una carezza accompagnata sempre da un paterno e tenerissimo sorriso del Pontefice.
Grazie per la vostra presenza, una bella testimonianza!
Così il Papa introduce le sue riflessioni alla folla. E intanto campeggiano ancora, sulla facciata della Basilica vaticana, gli arazzi con le immagini dei nuovi santi PIer Giorgio Frassati e Carlo Acutis.
Il grido di Gesù non è disperazione ma sincerità
Il corpo di Gesù ha ceduto, si è consegnato al Padre. Nella lacerante domanda "Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?": in queste parole c'è lo strazio dell'abisso, non estraneo al Figlio dell'Uomo, ma c'è soprattutto donazione totale, sincerità profonda, una messa a nudo fisica e interiore in cui emerge, precisa il Pontefice, non tanto la crisi di fede ma la fiducia.
Dio non abita più dietro un velo, il suo volto è ora pienamente visibile nel Crocifisso. È lì, in quell’uomo straziato, che si manifesta l’amore più grande. È lì che possiamo riconoscere un Dio che non resta distante, ma attraversa fino in fondo il nostro dolore.
Dio non resta distante, entra al fondo del nostro dolore
Quella di Gesù, nell'apice del suo calvario, è la domanda che affiora insistente guardando ai tanti crocifissi di oggi. Non è solo, Gesù, non muore in silenzio, non è avvolto solo dai traditori. C'è anche chi riconosce, come il centurione, una vibrazione del cuore di fronte a quel corso spezzato. Segno che il frutto di una morte così atroce può essere carico di umanità perché quello scandalo ha intercettato un cuore.
Si grida quando si crede che qualcuno possa ancora ascoltare. Si grida non per disperazione, ma per desiderio. Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui. Anche nel silenzio, era convinto che il Padre era lì. E così ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare, persino quando tutto sembra perduto
Anche nel silenzio, Dio è con noi
Nel grido dell'uomo che soffre ci può essere, precisa il Papa. Invocazione, protesta, desiderio, consegna, anche la "forma estrema della preghiera, quando non ci restano più parole". In fondo, c'è tutto il groviglio dei sentimenti che ci abita. Non passa inosservato, rimarca Leone.
Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. È una via per non cedere al cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile. Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema. Non per ferire, ma per affidarci. Non per urlare contro qualcuno, ma per aprire il cuore
Nella prova estrema, impariamo il grido della speranza
Gridare, prosegue ancora il Papa, diventa così "un gesto spitiruale"; del resto, accompagna la vita di ciascuno fin dalla nascita. Quindi non è solo segno di una fine, dell'ultima esalazione prima dello spegnimento, ma è primizia di un nuovo inizio.
Come per Gesù: quando tutto sembrava finito, in realtà la salvezza stava per iniziare. Se manifestata con la fiducia e la libertà dei figli di Dio, la voce sofferta della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare sorgente di speranza per noi e per chi ci sta accanto
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