Il pastore di Chiclayo che sfidava il fango, la fame e la mancanza d’ossigeno
Salvatore Cernuzio - Chiclayo, Perù
Sembrava infinita la Plaza de Armas di Chiclayo dalle immagini registrate col drone durante la “Misa multitudinaria” della sera del 10 maggio. La Messa di rendimento di grazie per l’elezione di Robert Francis Prevost, che di Chiclayo è stato vescovo dal 2015 al 2023, alla quale si è riversato l’intero «popolo fedele» di questa città nel lembo nord del Perù, che Leone XIV dalla Loggia delle Benedizioni ha salutato e ringraziato perché «ha accompagnato il suo vescovo».
Prima che il Papa la nominasse, erano in pochi fuori dal Perù a conoscere questa cittadina attiva e popolosa della Regione di Lambayeque, che affonda le sue radici nell’antica civiltà Moche (come rivelano le statue indigene alle porte della città), ospita una parte della foresta amazzonica e ha ricevuto pure diversi premi culinari.
"Bienvenidos en la ciudad del Papa"
Chiclayo dall’8 maggio è «la ciudad del Papa León XIV», come affermano orgogliosi i cittadini (facendo reagire alcuni abitanti di Trujillo che rivendicano gli 11 anni trascorsi da Prevost con loro) e come recitano cartelloni di «bienvenidos» affissi sul Palazzo giallino della Municipalidad Provincial. Lì, sulla balconata centrale, appare un cartonato a grandezza naturale di Leone XIV benedicente. Altri striscioni sono appesi sulla facciata della Catedral de Santa María, edificio imponente dallo stile neoclassico, progettata da Gustave Eiffel (sì, lo stesso della celeberrima Tour parigina), che con le colonne doriche e i capitelli corinzi veglia su tutta la Plaza.
La vita del pastore
La Plaza. Quella che, si diceva prima, dalla visuale del drone sembrava enorme, gremita da migliaia di fedeli con bandierine e candele in mano le cui foto hanno fatto il giro dei social. In realtà, a vederla, con le sue palme verdi e gli alberi dalle foglie rosse, le panchine e i giochi vintage per bambini, è un gioiellino di piccole dimensioni che ricorda le composizioni in legno tipiche degli artesanos del Perù.
Il vescovo Prevost viveva nell’Arcivescovado lì di fronte, andava a mangiare in un vicino locale di cucina tipica (si dice che adorasse il “frito chiclayano”, piatto della domenica con carne di maiale cotta, accompagnata da yucca o patate), visitava regolarmente le case della gente e si fermava a pranzo o a cena anche se invitato all’ultimo minuto. Certo, le annate in cui ha svolto il suo ministero non hanno permesso al missionario agostiniano di Chicago di vivere una serena quotidianità. Due flagelli si sono abbattuti su Chiclayo, città che, al di là delle bellezze del centro, è segnata come tante altre in Perù da povertà, episodi di criminalità, disoccupazione e dalla corruzione che – racconta chi ci vive – è tra i motivi principali delle strade dissestate che rendono ogni tragitto in macchina un percorso a ostacoli.
Nell'acqua ad aiutare durante le inondazioni de El Niño
Nel 2017 El Niño costero, il fenomeno climatico che riscalda le acque di fiumi e mari, si è abbattuto su Chiclayo e i suoi distretti, in particolare Illimo, “pueblo nuevo” a circa 2 km di distanza dalla città (a causa del traffico causato da una ristretta viabilità e un continuo attraversamento di persone e animali ci si arriva dopo mezz’ora). A Illimo le esondazioni del fiume Leche hanno fatto arrivare l’acqua fino a un metro e novanta di altezza. E si può immaginare quali siano state le conseguenze per case di legno e lamiera e strade in preda all’incuria.
Rocío Señaricoche se li ricorda bene quei momenti, quando lei e i figli sono rimasti bloccati in casa e non sapevano cosa fare. E si ricorda bene «quell’uomo che ora è Papa» andare dalla popolazione e, con addosso le botas di gomma, buttarsi nell’acqua alta per prestare aiuto. «Vedete quella stradina laggiù?», dice la ragazza indicando un’arteria snodata dalla piazza centrale: «Era tutta allagata, nessuno riusciva a entrare. El monseñor ci è andato, ha corso il rischio ma è andato. Alcune famiglie sono state evacuate nel parco principale ma molte altre sono rimaste in casa e non riuscivano a uscire. Sua Santità è arrivato coi soccorsi. Non gli è importato di entrare nel fango, voleva aiutarci. Ha fatto costruire 35 prefabbricati per chi aveva perso la casa, quelli a cui lo Stato non forniva alcun sostegno perché erano inquilinos (abusivi). Siamo stati portati in un rifugio, è stato dato aiuto a più di 1.600 persone. E anche cibo, materassi, acqua. Papa León è stata la prima persona a contattarci, la prima ad aiutarci».
Nella équipe della Caritas
«Penso che quella è stata la prima volta che il nostro vescovo ha rimesso in piedi la Chiesa di Chiclayo», fa eco Janina Sesa. O meglio «la Janina», vera e propria istituzione in città. È stata lei nelle scorse settimane a guidare la carovana di giornalisti esteri alla scoperta dei “luoghi di Prevost”. Sorride e si copre il volto per l’emozione nel pensare che colui che è stato «un padre», con il quale ha distribuito aiuti in giro, con cui parlava di «matematica, relazioni internazionali ma anche dell’importanza dei Sacramenti», ora è il Papa. Janina è presidente dell’associazione Voices of Help attiva per la solidarietà in tutta la regione, raccogliendo fondi attraverso iniziative di ogni tipo, inclusa la vendita di gelati “a forma di Pontefice” (la Papaleta). Negli anni difficili delle inondazioni e i successivi ancora più tragici del Covid-19, Prevost l’aveva nominata direttrice della locale Caritas: una donna, poco più di trentenne, alla guida di un organismo cruciale per la gestione della solidarietà. Neppure lei ci credeva: «“Padre Roberto, ma è sicuro?”, gli chiesi». Sì ne era sicuro, certo – come le disse – della forza delle donne. Una sfida vinta. Il vescovo e la baby direttrice Caritas si sono dati un gran da fare. Durante El Niño hanno raccolto donazioni e servito più di 28 distretti, hanno guidato furgoni, trasportato kits: «Lui era parte della squadra, guidava, aiutava e benediceva le persone, dando la speranza di andare avanti».
A ridare ossigeno alla gente
E la speranza è stata la bussola che ha orientato l’opera dell’allora vescovo di Chiclayo nel 2020 ferito dal coronavirus. Diecimila morti in Perù e a Chiclayo mancavano ossigeno e mezzi per curare i malati. Prevost ha allora lanciato la campagna Oxígeno de la Esperanza, facendo impiantare nel polveroso distretto di Mochumí macchinari ultramoderni per l’ossigenazione e bombole provenienti dagli Stati Uniti. «Solo quando lavoriamo uniti possiamo farcela», predicava il futuro Papa, invocando l’aiuto reciproco in un momento di isolamento e restrizioni. Da fine aprile 2020, 26 distretti hanno ricevuto aiuto. Gladys Santamaría Huertas, parrucchiera, è una delle beneficiarie del “Respírador”: «È stato un aiuto grande, tanta gente moriva ogni giorno. Ho visto morire i miei vicini… Tristissimo». Janina mostra le foto di Papa Leone con la tonaca agostiniana e la mascherina: «Era sempre presente. Cercava sempre un modo per aiutare nei momenti di bisogno». Scorre la gallery dello smartphone, Janina, dove conserva gelosamente il messaggio di risposta che il Pontefice le ha inviato la sera dell’8 maggio dopo l’elezione per ringraziarla degli auguri.
I "comedores populares" per sfamare i poveri
Non è l’unica ad aver avuto questo privilegio. Anche padre Ángel Peña, parroco di San Martín de Tours, strabuzza gli occhi mentre mostra il messaggio WhatsApp in cui il Papa gli fa gli auguri di compleanno il 10 maggio. «Lo ha sempre fatto, ogni anno. Questa volta pensavo: dopo l’elezione, con tanti impegni e pensieri, non credo… E invece…». Padre Ángel condivide l’aneddoto dal salone della sua parrocchia nella periferia di Reque, abitata da poveri e migranti. Quelli a cui il vescovo Prevost chiedeva di garantire la massima accoglienza: «Ci diceva: siate flessibili, si tratta di essere umanitari!», ricorda il sacerdote. San Martín de Tours ospita uno dei comedores populares, mense gratuite attive due volte al giorno, con decine di pasti preparati e serviti da volontari. Il progetto, insieme ad altri simili in seno alle 48 parrocchie di Chiclayo, è nato negli anni del ministero episcopale del futuro Papa. Oggi San Martín è punto di riferimento per famiglie, disoccupati, donne sole coi bambini, senza fissa dimora, ex carcerati. Tutta gente a cui monsignor Robert dava «molta priorità», dice Delia Orrego, anziana parrocchiana attiva nei vari servizi: «Quando lo ascoltavo parlare della popolazione migrante, mi colpiva molto. “È un fratello nostro”, diceva, “sta in un luogo sconosciuto e noi dobbiamo abbracciarlo e fare in modo che si senta bene, perché siamo tutti figli di Dio”».
Un popolo confermato nella fede
Oltre i cartelloni, oltre le Messe "multitudinarie", oltre all’onore di vedere il loro vescovo sul Soglio di Pietro, a Chiclayo ciò che è evidente è dunque il legame radicato di un pastore con la sua gente. Non solo per gli aiuti e i beni ricevuti, ma perché qui c'è un popolo che si sente confermato nella fede. Che ha visto in quelle botas, in quei kits alimentari, in gesti come andare in macchina di sera a benedire una statua della Virgén de Fatima realizzata dai giovani, la presenza di Cristo che mai abbandona. Nelle difficoltà ma anche nella vita di ogni giorno.
Il reportage è tratto dal documentario "León de Perú", una produzione del Dicastero per la Comunicazione, visibile dal 20 giugno sul canale YouTube di Vatican News in spagnolo, inglese e italiano
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