A braccia spalancate, cronistoria di un gesto indimenticabile
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
È il 19 luglio 1943. Bombardieri americani attaccano la città di Roma per la prima volta dall’inizio della seconda guerra mondiale. Muoiono almeno 3 mila persone. Nell’edizione del 21 luglio di quell’anno, “L’Osservatore Romano” pubblica in prima pagina l’articolo intitolato “Il Santo padre tra i fedeli della sua diocesi di Roma colpiti dall'incursione aerea”. Si ricorda innanzitutto che Papa Pio XII, appena venuto a conoscenza dell'operazione militare nel quartiere di San Lorenzo e sullo scalo ferroviario del Tiburtino, esprime l’intenzione di volersi recare tra quelle rovine, tra quelle laceranti ferite. Nell’articolo viene anche indicata l'ora esatta in cui l’intenzione diventa un primo passo tra le macerie, non solo materiali, di Roma. Sono le 17.20 e il bombardamento non è ancora concluso. Il Pontefice, incurante della propria incolumità, lascia il Vaticano per condividere quel drammatico momento con la popolazione di Roma. Il Papa, scrive il quotidiano della Santa Sede, è accompagnato dall’allora sostituto della Segreteria di Stato Giovanni Battista Montini, che salirà al soglio di Pietro nel 1963.
Tra le strade di Roma bombardata
Quello di Pio XII nel luglio del 1943 è un itinerario tra angoli di Roma sfregiati dalla guerra. In diversi passaggi di quella cronaca, il resoconto dell’Osservatore Romano si sovrappone alla mappa dell’Urbe. Si sottolinea, in particolare, che lungo il percorso e fino a Porta Maggiore, il passaggio della vettura pontificia viene notato da molte persone. La notizia si diffonde rapidamente e il popolo di Roma vede il Pontefice avanzare tra le rovine. Dinanzi alle scene di devastazione, racconta ancora il giornale, il Papa fa rallentare la macchina e chiede notizie sulle vittime e sui danni inferti dagli ordigni. Attraversando lentamente le vie adiacenti alla zona del Verano, Papa Pacelli vede una folla crescente di persone. Il suo arrivo nel quartiere di San Lorenzo è associato soprattutto a quel gesto che resterà immortalato nella storia, Pio XII che spalanca le braccia tra cittadini e fedeli come una sorta di angelo protettore.
Accanto al dolore del popolo
L’Osservatore Romano descrive quella scena e quell’abbraccio nel piazzale antistante la Basilica di San Lorenzo, riferendo anche alcune frasi pronunciate da Papa Pacelli. Sono parole di conforto alla popolazione, la solidarietà per “l’affanno indicibile di tante famiglie così tragicamente privale dei loro cari e delle loro case”. Il Papa - scrive ancora il quotidiano della Santa Sede - implora il Signore “di voler mutare un così grande dolore in tanta forza spirituale e morale”. E benedice i presenti, le loro famiglie, la città intera di Roma.
Il grido di pace del Papa
Quel gesto di Pio XII che avvolge, protegge e abbraccia la gente, infonde coraggio. Il Papa, si legge nelle frasi conclusive della cronaca dell’Osservatore Romano, resta per oltre un’ora e mezza tra quelle rovine, tra quelle persone. Momenti drammatici che il Pontefice spende per confermare "tutti nella fede, nella speranza”. Qualche testimone riferisce che al suo ritorno, in Vaticano, Pio XII ha la veste sporca di sangue.
L’abbraccio all’umanità ferita
Le braccia di Papa Pio XII, che viene ricordato con il titolo di "Defensor Civitatis", restano idealmente un simbolo proteso sulle macerie di quella parte di famiglia umana, scossa da conflitti terribili come quelli in Ucraina e in Medio Oriente. Soprattutto sui più deboli - civili, donne e bambini, anziani e malati - che, come quel giorno la popolazione di Roma, aspettano che l'ultima parola sia della pace.
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