Leone XIV, un mese di pontificato nel nome della pace
Isabella Piro – Città del Vaticano
“尝补 pace del Cristo Risorto, disarmata e disarmante, umile e perseverante” Leone XIV l’ha invocata sin dai primissimi istanti del suo pontificato, quando si è affacciato per la prima volta dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana. Erano le 19.23 dell’8 maggio quando alla riconciliazione e al dialogo è risuonato in piazza San Pietro e, da lì, in tutto il mondo.
"Mai più la guerra!”
Nei trenta giorni successivi, quella stessa invocazione è stata ribadita più e più volte, perché in quasi tutti i discorsi pubblici Papa Prevost non ha mancato mai di reiterarla. Con fermezza domenica 11 maggio si rivolge ai potenti del mondo per sottolineare, , “Mai più la guerra!”. E con altrettanta fermezza chiede che, nei territori feriti da conflitti e violenze, in primis l’Ucraina e la Striscia di Gaza, la pace sia “giusta e duratura”.
Disarmare le parole per disarmare la Terra
La riconciliazione invocata “” da Leone XIV è quella che ha “dignità” e che si basa sull’incontro, il dialogo, la negoziazione; quella che si lascia alle spalle le contese, ; quella che costruisce ponti dando la parola a tutti, , ai giovani, agli emarginati. È la pace che si raggiunge con il cessate-il-fuoco non solo delle armi, ma anche delle parole: “” dice infatti il Pontefice, esortando a dire no alla “guerra delle parole e delle immagini”, così da creare “spazi di dialogo e di confronto” attraverso una comunicazione “non muscolare, ma capace di ascolto”.
L’unità dei cristiani, promessa di pace vera e duratura
Tale obiettivo - il Papa lo ricorda - non riguarda solo i cattolici, ma rappresenta sia interreligioso che ecumenico, una responsabilità libera da condizionamenti politici e ideologici. Nello specifico, in un mondo martoriato dalla guerra, l’unità dei cristiani ha un ruolo vitale perché consente di portare avanti la promessa di una pace vera e duratura, di sanare le ferite del passato per “”.
La nonviolenza come metodo e stile
Quello che Leone XIV fa, in sostanza, è esortare alla “” caratterizzante ogni decisione, ogni relazione e ogni azione. Solo così – spiega – si costruisce un “noi” in grado di tradursi a livello delle istituzioni e solo così si può essere “presenti dentro la pasta della storia come lievito di unità, di comunione, di fraternità”.
“Nell’unico Cristo siamo uno”
Accanto al tema forte della pace, dal primo mese di pontificato di Robert Francis Prevost, primo Papa agostiniano della storia, emerge anche un’immagine precisa della Chiesa che propone: la Chiesa dell’unità, innanzitutto, come si evince dal motto pontificio “In Illo uno unum – Nell’unico Cristo siamo uno”: una citazione dell’Esposizione sul Salmo 127 di Sant’Agostino, per spiegare che “sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno”.
La Chiesa sia lievito di concordia e faro del mondo
Una Chiesa fondata sull’amore di Dio, “segno di unità e di comunione, che diventi ” è quella auspicata da Leone XIV; una Chiesa “missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità”. E poi ancora una Chiesa che sia “sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, ”, illuminata a sua volta dalla bellezza delle sue : l’impegno della conversione, l’entusiasmo della missione e il calore della misericordia.
Superare i confini per condividere la bellezza del Vangelo
Una Chiesa consapevolmente unita e che si percepisce come “membra del Corpo di Cristo” - rimarca il vescovo di Roma - è quella che si apre naturalmente all’universalità della missione evangelizzatrice che le è propria, per “condividere con ogni luogo e popolo la sublimità della conoscenza di Gesù Cristo”. Perché amore e unità sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
La famiglia è segno di pace e di futuro
L’unità della Chiesa-famiglia di Dio è anche l’unità delle famiglia-Chiesa domestica: Leone XIV lo ribadisce, richiamando a quella “unione universale” che è . Perché il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per "conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società”. La va testimoniata, esorta il Papa, perché la vita cristiana è “l’esperienza meravigliosa dell’incontro con Gesù”, non “un insieme di precetti da rispettare” o “una religione moralistica, pesante, poco attraente e, per certi versi, irrealizzabile nella concretezza del quotidiano”.
La compassione, questione di umanità
Ultimo, ma non per importanza, è il tema della compassione: dall’8 maggio ad oggi, Leone XIV ha sottolineato che “” ed ha ricordato che “prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani”. Per questo, “la compassione si esprime attraverso gesti concreti”, facendosi vicino al prossimo. Se si vuole aiutare qualcuno, ha detto il Papa, “non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare…perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”. La compassione si impara dal cuore di Gesù, ha spiegato Leone XIV, ed è anche con essa che si costruisce la pace.
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