Da Ucraina e Caraibi fino alla Papua Nuova Guinea, i nuovi sacerdoti ordinati dal Papa
Isabella H. de Carvalho – Città del Vaticano
Un ghanese in missione in un piccolo paese dei Caraibi. Il secondo di otto figli di una famiglia ucraina. Un under 30 brasiliano da una città satellite vicino a Brasilia. Dalle strade di Bari alle coste della Papua Nuova Guinea, un mosaico di età, volti e storie diverse si intreccia questo venerdì 27 giugno, nella Basilica di San Pietro. Sono i 32 diaconi ordinati da Leone XIV, in occasione del Giubileo dei sacerdoti. “Grazia” e “gratitudine” sono le parole che più ricorrono nelle emozioni di questi giovani, che stanno per dare compimento al piano che Dio ha pensato per le loro vite, dopo anni di discernimento. Tra dubbi, cambiamenti e preghiere, alcuni dei nuovi sacerdoti condividono le loro storie con i media vaticani.
Dal Ghana, il cammino di Blaise
“La grazia di Dio non conosce confini perché io sono del Ghana, presto servizio nei Caraibi e adesso sarò ordinato a Roma. La Chiesa è veramente universale e la speranza viaggia lontana”, racconta emozionato Blaise Ofoe Mankwa, 33 anni, nel parlare della sua ordinazione come sacerdote per Kingstown, unica diocesi del piccolo Stato insulare di Saint Vincent e Grenadine nei Caraibi. Originario della periferia di Accra, capitale del Ghana, nel 2023 viene inviato all’isola, dalla popolazione prevalentemente protestante, come missionario della Società del Verbo Divino. Lascia poi questa realtà e prosegue il suo percorso come seminarista della diocesi di Kingstown. “Stando in seminario sentivo dentro di me una voce più profonda che mi indirizzava verso un cammino che io stesso non capivo a volte. Ci sono stati momenti in cui mi è venuta voglia di mollare, ma Dio è sempre stato lì”, racconta. “Alla fine è stato un viaggio di grazia. Mi sono formato in Ghana, ho studiato anche teologia in Kenya e ora sono nei Caraibi. Tutto questo mi ha formato spiritualmente, culturalmente e pastoralmente per essere quello che sono oggi”. Negli ultimi anni la popolazione di Saint Vincent e Grenadine ha attraversato momenti difficili: l’eruzione di un vulcano, uragani che hanno devastato il Paese e la pandemia di Covid-19. “Stare lì mi ha insegnato la bellezza della semplicità. Le persone sono molto resilienti e stare con loro ha reso la mia fede più forte”, spiega Blaise, che ha subito personalmente i danni dell’uragano Beryl nel 2024. “Una cosa che mi ha spinto ad andare avanti è la convinzione che Dio mi ha mandato non in un posto facile, ma dove c’è bisogno del suo amore”. E adesso non vede l’ora di tornare dopo l’ordinazione: "L’opportunità di poter essere ordinato a Roma, nel cuore della Chiesa, dal Papa, durante l’anno del Giubileo è una cosa che non avrei mai potuto immaginare nemmeno nei miei sogni più lontani! È un momento di grazia non solo per me, e per la mia famiglia e i miei amici, ma anche per le persone che servo nei Caraibi. Tornerò con una nuova forza e un cuore pieno di gratitudine”.
Vitalii e quei giorni vissuti come se fossero gli ultimi
Lo stesso sentimento lo esprime Vitalii Dmytryshyn, 28 anni, che viene dal Seminario Redemptoris Mater di Kyiv in Ucraina. Secondo di otto figli, frequenta il Cammino Neocatecumenale e ha anche un fratello maggiore ordinato sacerdote il mese scorso. “Io sicuramente non sono il diacono più bravo dell’Ucraina, anzi forse sono il più debole. Forse Dio permette che io possa essere ordinato qua a Roma perché sa che ho bisogno di un aiuto per andare avanti”, sottolinea, dicendosi grato del fatto che i suoi familiari sono riusciti a venire a Roma nonostante la guerra. Ed è proprio questa realtà precaria del conflitto che lo aiuta a vedere ancora di più ogni giorno come un dono. “Vedo che Dio vuole che io non vivo per me stesso, ma che porto in Ucraina tutta questa speranza ricevuta qua”. Il rettore del suo seminario gli aveva detto di “vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”. “Questo mi ha aiutato a non vivere superficialmente, specialmente adesso che c’è tanta sofferenza in Ucraina. Vedo le famiglie che perdono i mariti, i figli, le loro case, tutto. - riflette - Questo tempo di guerra mi ha spronato a vivere seriamente, a cercare Dio, cosciente che quando vado a dormire dopo aver fatto la preghiera della compieta potrebbe essere la mia ultima notte”. Nonostante i dubbi e le crisi che ha attraversato nei suoi dieci anni in seminario sente ancora che Dio infatti lo chiama a guardare a Lui e non a sé stesso. “Dio mi ha confermato che mi chiama così come ha chiamato Pietro, che è debole e pieno di sé", afferma, "ma Dio lo chiama così perché lo ama. Questo mi ha aiutato molto”.
John, un "figlio della Papua Nuova Guinea" ordinato dal Papa
Una simile esperienza di vicinanza a Dio l'ha vissuta pure John Wai, 36 anni, della Papua Nuova Guinea, quando nel 2020 quattro dei suoi famigliari stretti sono morti nell’arco di un anno per problemi di salute. Lui era già in seminario da vari anni ma si è trovato a scontrarsi con una profonda crisi. “Avevo delle emozioni forti che mi hanno portato a pensare che forse non era questa la mia vocazione, forse avevo bisogno di un momento per uscire e pensare a questi fatti. I miei formatori mi hanno accompagnato, mi sono stati vicini e mi hanno detto di trovare l’aiuto di cui avevo bisogno continuando comunque i miei studi in seminario. Adesso sono grato che l’hanno fatto”, racconta John. “In quel momento ho pensato a l’invito di Gesù di lasciare tutto e seguirlo e quindi ho preso una decisione forte di continuare in seminario. Ho visto che questo lutto è parte della mia vita, della mia croce”. Oggi si dice certo che questi suoi familiari lo accompagnano e “pregano sempre” per lui. Per il giovane è anche un onore poter essere ordinato a Roma, sia come membro della Congregazione di San Michele Arcangelo, ma anche come papuano: “È una benedizione non solo per me, ma anche per il mio Paese e il mio popolo. Sarà scritto nella storia che almeno un figlio della Papua Nuova Guinea è stato ordinato sacerdote dal Papa, e per di più durante il Giubileo”.
Alberto e il sostegno degli amici e di una comunità
Per Alberto De Mola, 27 anni, originario di Giovinazzo in provincia di Bari, è stato importante il sostegno delle persone che gli stavano accanto nel suo percorso vocazionale. “L’ho avvertita fin da piccolo questa chiamata ma è stato difficile farla venire fuori, perché innanzitutto non volevo dirla a me stesso o ad altri. Prima ne ho parlato con i miei amici che mi hanno sostenuto, poi con i miei genitori che non hanno accettato inizialmente”, commenta. E ci tiene a sottolineare il supporto che ha ricevuto quando è entrato in seminario sia dai parroci della sua parrocchia di origine a Giovinazzo, sia dai fedeli stessi che la frequentavano. “L’aiuto grande viene dalle persone. Chi ti è accanto, chi ti sostiene nella preghiera, anche chi magari ti sostiene economicamente in una scelta del genere. Tutte queste cose fanno capire che non sei solo”, afferma Alberto. Per lui la certezza nell'“amore di Cristo” è ciò che gli ha confermato la vocazione del sacerdozio. “Questa è la cosa decisiva che ti segna, ti cambia, che ti porta a mettere in secondo piano il resto. Solo quando tu avverti dentro di te che il Signore è la risposta a tutto, che Lui corrisponde al cuore, allora puoi fare una scelta del genere”.
Lucas, "chiamato" a 15 anni
Per il brasiliano Lucas Soares dos Santos, 27 anni, dalla città satellite di Planaltina, a pochi chilometri dalla capitale Brasilia, è stato proprio questo incontro profondo con Dio ad ancorarlo nel suo percorso di discernimento. Sente una chiamata al sacerdozio a 15 anni quando durante un momento di adorazione del Santissimo realizza che “Dio è veramente Dio”. “Ho sentito l’amore che aveva per me, la sua misericordia, e ho potuto guardare indietro a certi ricordi della mia vita e vedere come Dio era già presente e mi chiamava”, spiega. Finisce il liceo e studia filosofia all’università per un anno prima di entrare in seminario e vivere seriamente un percorso di discernimento. “Quello che mi ha colpito di più della vita in seminario è stata la fraternità e la vita di comunità con gli altri seminaristi. E anche certamente la preghiera, che mi ha aiutato a crescere nel mio rapporto con Dio”, spiega Lucas. Per lui essere ordinato “dal Papa durante il Giubileo, che si svolge ogni 25 anni, è un’opportunità indescrivibile. Sono molto grato a Dio che si manifesta con il suo amore infinito tramite questi segni concreti”.
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