Il decano del Corpo diplomatico: pronti a rispondere all'appello di pace
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
“Pace” è la parola che il decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, George Poulides, ambasciatore di Cipro, ripete più volte nel suo indirizzo di saluto al Papa all'inizio dell’udienza di questa mattina in Sala Clementina. “Pace” che Leone XIV ha invocato più volte in questi primi giorni di pontificato; un’urgenza davanti alle “ombre di conflitti che appaiono insanabili”, afferma il decano, dinanzi alle “diseguaglianze sociali”, agli “egoismi”, tutte criticità che mettono a dura prova “i grandi sistemi internazionali”.
Per essere costruttori di pace
In questo contesto, il Corpo diplomatico si dice “pronto a rispondere affermativamente” all’appello lanciato dal Papa “ai costruttori di pace”, assicurando “l’entusiasmo con il quale – afferma Poulides - siamo decisi ad affrontare, insieme a Lei, le innumerevoli sfide che il mondo contemporaneo ci riserva”.
Una Chiesa vicina all’umanità
“Il Conclave – spiega amcora il decano - ha sapientemente donato al mondo una guida spirituale e morale che ha maturato la propria sensibilità in un’esperienza pastorale vissuta a contatto diretto con le sfide del nostro tempo”, tra queste la povertà, la ricerca di giustizia, il rispetto della dignità umana. Uno sguardo quello di Leone XIV che è sul mondo, sulle sue periferie silenziose, sulle diverse culture nelle quali “si riconosce l’impegno di una Chiesa che desidera farsi sempre più vicina all’umanità intera”. L’augurio è che il pontificato sia, nell’Anno del Giubileo della speranza, segnato da pace, amore e fratellanza.
La spiritualità agostiniana
Ricordando Papa Francesco, la cui memoria “rimane viva nel nostro pensiero e nella nostra preghiera”, il decano si sofferma poi sulla spiritualità agostiniana del Papa e sulle parole del Vescovo d’Ippona che ancora oggi sono “la chiave per aprire le porte della pace”, per superare “le logiche dell’indifferenza e della contrapposizione, per riscoprire la via della compassione come fondamento del vero dialogo tra le nazioni, tra le religioni, tra gli uomini”.
Le ferite aperte
“Viviamo in tempi sempre più complessi – sottolinea l’ambasciatore - dove l’umanità appare fragile, disorientata e alla ricerca di un approdo sicuro”, dal futuro incerto nel quale però le conoscenze si ampliano “grazie alla scienza e alla creatività” ma dove non mancano “le preoccupazioni morali ed etiche della rivoluzione informatica e dell’intelligenza artificiale”. L’augurio finale è quello di intraprendere insieme un cammino di Pace, “di costruzione di ponti per alleviare le sofferenze del mondo, per fronteggiare le sfide della modernità, per ridurre le conseguenze sempre più devastanti dei cambiamenti climatici, per combattere le diseguaglianze tra persone e popoli che si allargano come ferite aperte, per aiutare gli ultimi, gli indifesi, i dimenticati”.
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