"La cavalcata papale, tra tradizione, significato e storia
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Il corteo sfilava lentamente, solenne, sfarzoso. Centinaia di persone vestite con i loro abiti migliori, stoffe preziose, frange e piume colorate, chi a piedi, chi a cavallo. Sembrava non finire mai. Un serpente sinuoso, il cui ordine di precedenza era regolato con precisione millimetrica. Una gerarchia meticolosa, ossessiva, regolata dai diversi ordinamenti pontifici che si sono succeduti nei secoli. Il papa neoletto era stato appena incoronato a San Pietro e ora si dirigeva verso la basilica di San Giovanni in Laterano per la sua intronizzazione. Era il suo primo atto pubblico ufficiale. Questa processione mostrava al popolo assiepato lungo le strade strette o le piazze il volto del nuovo Pontefice ma anche quello dei suoi collaboratori e sodali e pertanto rivestiva un significato importante anche come affermazione della sua autorità. "La cavalcata papale" - questo il suo nome - era una cerimonia dalle origini molto antiche e ricolma di complessi significati allegorici, liturgici, religiosi e politici.
Remote origini
Papa Leone XIV, vescovo di Roma, domenica 25 maggio si insedierà sulla sua "Cathedra Romana". Dalla basilica di San Pietro muoverà verso la sede episcopale, la "Sacrosanta Cattedrale Papale Arcibasilica Romana Maggiore del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista al Laterano", attraversando la città. Il cerimoniale oggi, a più di un secolo e mezzo dalla fine del potere temporale dei Papi, è significativamente assai più semplice e dai caratteri eminentemente spirituali, ma le sue radici storiche rimandano a molti secoli fa. La prima "cavalcata papale" sarebbe stata voluta da Papa Niccolò I il 27 aprile dell’anno 854, altri la farebbero risalire più indietro, a Leone III, nel 795, mentre con grande pompa, in esametri latini, fu descritta quella di Bonifacio VIII nel 1295. Un altro esempio di particolare fasto fu la presa di possesso di Papa Leone X, l’11 aprile 1513. Francesco Guicciardini scrisse a proposito che “Fu la prima azione del nuovo pontificato la incoronazione sua, fatta, secondo l’uso degli antecessori, nella chiesa di San Giovanni Laterano, con tanta pompa, così dalla famiglia e corte sua, come da tutti i prelati e da molti signori, che vi erano concorsi, e dal popolo romano, che ciascuno confessò non aver mai veduto a Roma, dopo le inondazioni dei Barbari, giorno più magnifico e più superbo che questo…”.
Cerimoniali papali
Le fonti descrivono il tragitto da San Pietro al Laterano minuziosamente come, nel Codice di Cencio (Liber Censuum Romanae Ecclesiae) risalente al 1192, la sezione Ordo Romanus de consuetudinibus, che raccoglie i riti e i cerimoniali papali, in uso fino all’inizio del XVI secolo, oppure i Gesta Innocentii III, biografia di Innocenzo III, risalente agli anni del suo pontificato, tra 1198 e 1216. D’altra parte, un colpo d’occhio impressionante è dato già dalle diverse stampe o dall’affresco di una lunetta della Biblioteca Apostolica Vaticana: una lunga processione serpentiforme distribuita, per poterla includere tutta, su diversi registri orizzontali. Sotto ogni gruppo di persone una vignetta spiega di chi si tratta: drappelli di cardinali a cavallo, altri esponenti del clero, nobili, milizie pontificie, forestieri, palafrenieri, camerieri e così via. Alcune figure sparivano nel tempo e altre ne apparivano come ad esempio gli avvocati concistoriali presenti dal Seicento.
Lungo viaggio urbano
Il Papa lasciava il Vaticano - l’uscita, chiamata in latino, exitus - e percorreva Borgo, attraversava Ponte Sant’Angelo e imboccava la via Via Papalis (odierne via dei Banchi Nuovi, via del Governo Vecchio, piazza Pasquino, piazza San Pantaleo, piazza di Aracoeli), giungeva al Campidoglio dove saliva (adscensus) e nel palazzo senatorio incontrava le autorità cittadine che gli rendevano omaggio. La discesa (descensio) immetteva nel Foro Romano le cui rovine si dispiegavano lungo l’antica Via Sacra. Il papa passava sotto gli archi trionfali di Settimio Severo, Tito e Costantino e inoltre sotto un arco effimero in legno, in corrispondenza degli Orti farnesiani. Camminava lungo cumuli di antiche macerie ma anche di volumi rimasti in piedi, come la mole enorme del Colosseo.
Simbologie che legano passato e presente
Questo tragitto si rivestiva di un fortissimo significato simbolico, di continuità tra il passato dell’impero romano, ormai finito, e il presente del papato il cui Vicario sfilava ora attraverso la città in trionfo, come un antico condottiero, come un legittimo successore dei Cesari. Fungeva anche da ammonimento circa la caducità delle cose terrene. La frase Sic transit gloria mundi, “Così passa la gloria del mondo”, che gli aveva rivolto il cardinale protodiacono durante l’incoronazione, bruciando una stoppa, non rimaneva isolata. Tutta l’intera cerimonia, fino all’atto finale dell’intronizzazione, ricordava al nuovo Pontefice la transitorietà delle cose terrene.
Metafora del pellegrinaggio
Superati i Fori, il corteo papale percorreva l’ultimo tratto della Via Papalis e oltre il complesso dei Santi Quattro Coronati; alla fine dello “stradone di San Giovanni” giungeva a destinazione, alla basilica laterana. Questo lungo itinerario è praticamente lo stesso ricalcato dai pellegrini, giubilari e non, che si recavano alle basiliche. Non era un percorso agevole: le strade allora erano tortuose, umide e buie, piuttosto strette. La terra battuta era melmosa dopo le piogge, spesso anche a causa delle libere acque reflue. Il tracciato della Via Papalis o Via Papae fu ampliato e selciato solo nel 1588 sotto Sisto V. Un corteo che si rivestiva di significati spirituali, che diventava pellegrinaggio e in modo allegorico congiungeva la Gerusalemme d’Occidente, San Pietro, alla Gerusalemme d’Oriente, San Giovanni.
Mezzi di trasporto
A partire dal XII secolo, il Papa avanzava a dorso di una mula bianca, accogliendo più significati simbolici. I Vangeli, raccontano che nella Domenica delle Palme, Gesù entrò a Gerusalemme in groppa a un’asina o un puledro; ancora prima, nella Bibbia, Zaccaria prefigurò la venuta del Messia che “umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina”. Infine l’asina bianca, detta “chinea”, era il tributo del re di Napoli allo Stato pontificio, istituito fin dal XIII secolo e abolito nel 1885. Non fu sempre la mula il mezzo di trasporto per compiere il tragitto fino a San Giovanni da San Pietro o dalla residenza papale che tra il 1583 e il 1870 era al Quirinale. Il cavallo fu utilizzato spesso, specialmente nel Rinascimento, quale assimilazione alla nobiltà cavalleresca, per dimostrare anche esteriormente la dignità di Vicario di Cristo. Inoltre il cavallo elevava maggiormente chi lo cavalcava, facendo percepire al popolo che guardava dal basso e lo acclamava la sua piena maestà al contempo spirituale e temporale. Nel XVI secolo prese piede la lettiga e nel secolo successivo la carrozza. Dal 1939, con Pio XII, il mezzo di trasporto divenne l’automobile.
Tempi che cambiano
Ed è proprio Papa Pacelli a riprendere l'antico uso della "presa di possesso" interrotto per più pontificati, da Leone XIII a Pio XI. Dopo la presa di Roma, nel 1870, lo Stato Pontificio era infatti rimasto confinato dentro le mura leonine. La città era stata persa e con essa il potere temporale del Papa, che da allora non fu più re ma pastore della Chiesa universale. I riti legati all’elezione si svolgevano in quegli anni tutti in San Pietro. Anche l’Habemus Papam, l’annuncio del papa eletto, non era pronunciato dalla Loggia delle benedizioni, rivolto alla piazza, e quindi Urbi et Orbi, ma all’interno della stessa basilica. Naturalmente anche la processione papale verso il Laterano fu sospesa. Ma con Papa Pacelli i tempi erano cambiati: la modernità imponeva altri linguaggi e imprimeva una accelerazione anche “tecnologica”. La “presa di possesso” divenne un viaggio in automobile molto più sobrio e semplice.
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