Il Papa: siamo responsabili di fronte alla fame fisica e di dignità dell'uomo
Edoardo Giribaldi - Città del Vaticano
L'Eucarestia, strumento per diventare "missionari della fratellanza" e "segni tangibili di speranza". Ma anche richiamo alla "nostra responsabilità" di fronte alle tante "fami" dell'umanità. Fisica, e spesso anche "di libertà e dignità", di "pace e amore". Fame "di senso".
Gioia e ringraziamento per il Rwanda
Con queste parole Papa Francesco, nel messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, incoraggia il lavoro dei partecipanti al secondo Congresso eucaristico nazionale che si è tenuto in Rwanda dal 4 all'8 dicembre 2024. Nel testo, indirizzato a monsignor Vincent Harolimana, vescovo di Ruhengeri, e delegato della Conférence Episcopale du Rwanda (CEPR) per i Congressi eucaristici, il Papa si unisce alla "gioia" e al "ringraziamento" di tutti i fedeli cristiani del Paese africano.
Costruire una "civiltà dell'amore"
Il tema del convegno, “Fissiamo lo sguardo su Gesù nel sacramento dell'Eucaristia: fonte di speranza, di fraternità e di pace”, offre lo spunto per riflettere sulla Comunione "centro di tutta la vita cristiana" e segno tangibile "dell'amore di Cristo per l'umanità". Viverla, secondo Francesco, "ci incoraggia a fare dono di noi stessi agli altri", lavorando di comune accordo "per costruire una civiltà dell'amore".
Essere "segni tangibili di speranza"
In vista del Giubileo e dei 125 anni dall'evangelizzazione del Rwanda, il Papa invita i fedeli a ripartire da "Cristo, pane di vita", esortandoli a dimostrare solidarietà verso "chiunque si trovi in una situazione di vulnerabilità". Dobbiamo “essere segni tangibili di speranza", incoraggia il Pontefice, riprendendo la bolla d'indizione dell'Anno Santo, .
Farsi "missionari eucaristi della fratellanza
L'Eucarestia, prosegue il Papa, richiama una comune "responsabilità" verso i bisogni fisici e spirituali dell'umanità, stimolando una speranza "nel Dio uno e trino". La sua natura "essenzialmente relazionale" invita le persone a vivere "in comunità" anziché "isolate". Unite, abbattendo le barriere "della razza, della lingua o della tradizione culturale".
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