Il Papa: il cristiano è un apostolo umile non un arrampicatore vanitoso
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Essere apostoli “riguarda ogni cristiano”, significa essere inviati per una missione, come i discepoli che sono stati mandati da Gesù nel mondo, ma vuol dire anche rispondere a una chiamata. Lo spiega Francesco, nella , all’udienza generale in piazza San Pietro, durante la quale si sofferma sul senso dell’apostolato oggi. Il Papa ricorda anzitutto che “Gesù ‘chiamò a sé quelli che voleva’” e “li costituì come gruppo, attribuendo loro il titolo di ‘apostoli’, perché stessero con Lui e per inviarli in missione” e aggiunge che San Paolo nelle sue lettere si presenta come “'chiamato a essere apostolo', cioè inviato" e “scelto per annunciare il Vangelo di Dio” fra le genti. Quell’esperienza dei Dodici e la testimonianza di Paolo oggi "ci invitano a verificare i nostri atteggiamenti - dice Francesco - a verificare le nostre scelte, le nostre decisioni”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Tutto dipende da una chiamata gratuita di Dio; Dio ci sceglie anche per servizi che a volte sembrano sovrastare le nostre capacità o non corrispondere alle nostre aspettative; alla chiamata ricevuta come dono gratuito bisogna rispondere gratuitamente.
Compiti diversi per una chiamata comune alla missione
È una chiamata che riguarda tutti, sacerdoti, consacrati e laici, e dunque comune; una chiamata a tutti in cui il tesoro ricevuto con la propria vocazione cristiana si è costretti a darlo, dice il Pontefice, perché questa "è la dinamicità della vocazione, è la dinamicità della vita". Una chiamata “che abilita a svolgere in modo attivo e creativo il proprio compito apostolico, in seno a una Chiesa in cui ‘c’è diversità di ministero ma unità di missione’, chiarisce il Papa citando il Decreto del Concilio Vaticano II, dove si legge che come “gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l’ufficio di insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità”, così “anche i laici, essendo partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all’interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo”. Si tratta di un compito che ha un suo proprio valore, asserisce Francesco.
Nel quadro dell’unità della missione, la diversità di carismi e di ministeri non deve dar luogo, all’interno del corpo ecclesiale, a categorie privilegiate: qui non c’è una promozione, e quando tu concepisci la vita cristiana come una promozione, che quello che è di sopra comanda gli altri perché è riuscito ad arrampicarsi, questo non è cristianesimo. Questo è paganesimo puro. La vocazione cristiana non è una promozione per andare in su, no! È un’altra cosa.
La vocazione di tutti è servire gli altri
E sebbene "alcuni per volontà di Cristo stesso siano costituiti in un posto più importante, forse, dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri", aggiunge il Papa attingendo alla , "vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo".
Chi ha più dignità, nella Chiesa: il vescovo, il sacerdote? No… tutti siamo cristiani al servizio degli altri. Chi è più importante, nella Chiesa: la suora o la persona comune, battezzata, non battezzata, il bambino, il vescovo …? Tutti sono uguali, siamo uguali e quando una delle parti si crede più importante degli altri e un po’ alza il naso, così, sbaglia. Quella non è la vocazione di Gesù. La vocazione che Gesù dà, a tutti, ma anche a coloro che sembrano essere in posti più alti, è il servizio, servire gli altri, umiliarti.
Francesco rimarca che "la vocazione di Dio è adorazione al Padre, amore alla comunità e servizio" e precisa che questo "è essere apostoli, questa è la testimonianza degli apostoli".
Verificare il proprio modo di essere apostoli nella Chiesa
E allora partendo dal presupposto che tutti siamo uguali occorre “ripensare tanti aspetti delle nostre relazioni, che sono decisive per l’evangelizzazione”, considera il Papa, che invita a riflettere su quanto ciascuno con le proprie parole possa “ledere la dignità delle persone, rovinando così le relazioni”, e ancora sulla capacità di dialogare tra credenti e di ascoltare "per comprendere le ragioni dell’altro".
Ascoltare, umiliarsi, essere al servizio degli altri: questo è servire, questo è essere cristiano, questo è essere apostolo.
Infine Francesco esorta a "fuggire dalla vanità, dalla vanità dei posti" e a verificare il modo in cui si vive la propria vocazione battesimale, e il proprio "modo di essere apostoli in una Chiesa apostolica, che è al servizio degli altri".
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